Insediamento di papa Leone XIV, l’omelia – “Troppo odio, pregiudizi, paura del diverso: è tempo di unità e fraternità. Costruire un mondo nuovo in cui regni la pace”
- Postato il 18 maggio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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“In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità”. È l’appello che Leone XIV ha rivolto nell’omelia della messa di inizio del suo pontificato presieduta, in piazza San Pietro, davanti a 156 delegazioni provenienti da tutto il mondo. In prima fila il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con la figlia Laura, la premier Giorgia Meloni e i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Poi, la presidente del Perù, Dina Ercilia Boluarte Zegarra, Paese dove Robert Francis Prevost è stato a lungo vescovo missionario. A rappresentare la Casa Bianca c’era, invece, il vicepresidente degli Stati Uniti d’America, James David Vance, con la moglie Usha, e il segretario di Stato Usa, Marco Antonio Rubio. Presente, come al funerale di Papa Francesco, anche il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyy, con la moglie Olena.
“Sono stato scelto – ha affermato Prevost – senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia”. Leone XIV ha ricordato che “in questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano ‘come pecore senza pastore’. Proprio nel giorno di Pasqua, però, abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e ‘lo custodisce come un pastore il suo gregge’. In questo spirito di fede, – ha aggiunto Prevost – il Collegio dei cardinali si è riunito per il conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia”.
Durante la celebrazione eucaristica, Leone XIV ha ricevuto il pallio dal cardinale diacono Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, in rappresentanza dell’Europa. Poi, il cardinale presbitero Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, in rappresentanza dell’Africa, ha pronunciato un’orazione. Infine, il cardinale vescovo Luis Antonio Gokim Tagle, pro prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, in rappresentanza dell’Asia, ha consegnato al Papa l’anello del pescatore. A fare l’obbedienza a Leone XIV sono stati tre porporati a nome di tutto il Collegio cardinalizio: Frank Leo, arcivescovo di Toronto, per l’America del Nord; Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre, per l’America del Sud; e John Ribat, arcivescovo di Port Moresby, per l’Oceania. Inoltre, hanno rivolto l’obbedienza al Papa anche alcuni rappresentanti del popolo di Dio: il vescovo di Callao, in Perù, monsignor Luis Alberto Barrera Pacheco; il presbitero Guillermo Inca Pereda; il diacono Teodoro Mandato; i religiosi: suor Oonah O’Shea, presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali, e il gesuita padre Arturo Sosa, presidente dell’Unione dei superiori generali; una coppia di sposi, Rafael Santa Maria e Ana María Olguín; e i giovani Josemaria Diaz e Sheyla Cruz.
Il Papa ha sottolineato che “amore e unità” “sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù”. Leone XIV ha spiegato che “a Pietro, dunque, è affidato il compito di ‘amare di più’ e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù”. “E se la pietra è Cristo, – ha aggiunto Prevost – Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate; al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti ‘pietre vive’, chiamati col nostro battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma sant’Agostino: ‘La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo’. Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
Leone XIV, poi, ha rivolto parole che ricordano quelle pronunciate da san Giovanni Paolo II nella messa di inizio del suo pontificato, il 22 ottobre 1978: “Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace. Questo – ha proseguito Prevost – è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo. Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore!”.
Infine, il Papa ha ricordato che “la carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio ‘prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?’. Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità. Insieme, – ha concluso Prevost – come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi”.
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