Insonnia, l’epidemia nascosta che colpisce milioni di italiani: logora mente e corpo, ma oggi guarire è possibile

  • Postato il 10 luglio 2025
  • Di Panorama
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Non è solo un fastidio. Non è solo stress, e nemmeno uno dei tanti imprevisti della vita, da accettare passivamente, tanto non c’è soluzione oppure «è colpa dell’età» e, comunque, «ne soffrono tutti». L’insonnia è una malattia con importanti ricadute sulla salute pubblica: se esordisce precocemente può impattare negativamente su decenni di vita a venire, sul lavoro, sul fisico e sul cervello. Può essere causa di gravi incidenti, mentre se arriva in età avanzata aggrava le demenze, espone gli anziani a cadute e compromette la qualità dell’esistenza.

Chi dorme meno di cinque ore a notte, secondo uno studio del Pennsylvania State University College of Medicine, ha un rischio cinque volte maggiore di sviluppare ipertensione e tre volte maggiore di ammalarsi di diabete, rispetto a chi dorme regolarmente. Insomma, è una malattia sociale eppure ancora oggi viene sottovalutata proprio dai dottori, con il risultato che chi si reca dal proprio medico di base riferendo difficoltà ad addormentarsi o risvegli frequenti, si sentirà rispondere (nella maggioranza dei casi) di prendere un integratore: melatonina, valeriana o in caso di problemi maggiori “addirittura” i due prodotti combinati. Acqua fresca, avrebbero detto i nostri nonni.

Nella battaglia contro l’insonnia, purtroppo, nemmeno Big Pharma ha voluto o potuto fare la sua parte: per decenni non è stato scoperto praticamente nulla di nuovo o di specifico – i farmaci che vengono tuttora maggiormente usati sono quelli per la depressione e l’ansia – o di risolutivo, niente che potesse essere d’aiuto a un numero davvero spropositato di persone. Eppure si calcola che soffra di “notti in bianco” circa un terzo della popolazione mondiale.

La malattia non viene quasi mai ben controllata: in Italia, i dati ci dicono che l’80 per cento dei pazienti ne soffre ancora a un anno dalla diagnosi e il 60 per cento continua a non dormire anche dopo 5 anni. Ormai si tratta di una patologia cronica. Adesso, forse, la storia sta cambiando: negli ultimi anni la ricerca è riuscita nell’impresa di creare nuove molecole che possono darci una mano a prendere sonno; anche in Italia sono arrivati i farmaci di classe Dora (antagonisti del recettore dell’orexina), che dalla fine di marzo possono essere prescritti pure dai medici di medicina generale.

«Rappresentano un totale cambio di paradigma nella cura dell’insonnia» spiega a Panorama il professor Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di medicina del sonno dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. «Se infatti finora abbiamo usato molecole che andavano a stimolare i centri del sonno, cercando di indurlo, ecco che i nuovi farmaci, al contrario, spengono i centri della veglia».

Questa modalità di azione risponde a un problema preciso, riportato dalla stragrande maggioranza di pazienti: chi soffre di insonnia non riesce mai a spegnere la mente e, anche se la sera è molto stanco, non è capace di mettere a tacere i pensieri e continua a rimuginare. «Ed è proprio qui che i farmaci Dora rappresentano una risposta mirata» continua Ferini Strambi. «Il loro meccanismo consiste nel bloccare i recettori dell’orexina, il neuromediatore che “tiene sveglio” il cervello. Funzionano quindi in un modo completamente diverso sia dalle benzodiazepine che dalle Z-drugs che abbiamo usato finora. Dopo decenni nei quali non c’è stato nulla di nuovo nel trattamento dell’insonnia, questi medicinali rappresentano una vera rivoluzione farmacologica e culturale. Hanno rimesso al centro l’importanza del sonno, non solo come funzione biologica, ma come pilastro della salute».

In Italia, al momento l’unico farmaco di questa classe introdotto in commercio è il daridorexant, e il fatto che sia adesso prescrivibile pure dal medico di base (seppure in fascia C, quindi a carico del paziente) è di importanza strategica. «Ancora oggi, infatti, molti pazienti non sono in grado di riconoscere la gravità dell’insonnia» afferma Claudio Mencacci, direttore emerito del dipartimento di Neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano. «Pensano che sia normale, un fattore legato magari all’età o allo stress e quindi non si rivolgono ai centri di medicina del sonno. Il messaggio che occorre far passare invece è che l’insonnia non è normale, non va accettata e non è un problema solo notturno: è un disturbo delle 24 ore. Le compromissioni diurne sono importanti, e l’impatto sulla salute fisica e mentale è altissimo».

La letteratura più recente lo conferma: un lavoro pubblicato nel 2023 su Nature ha indicato che il primo fattore protettivo contro la depressione è proprio il sonno. E lo stesso vale per il decadimento cognitivo e il rischio di demenza. L’insonnia è stata inoltre collegata a condizioni come l’ipertensione, l’obesità, la dislipidemia e perfino una maggiore vulnerabilità a certe forme tumorali.

Il problema non riguarda solo gli anziani e chi si avvia rapidamente verso la mezza età: complici gli smartphone e i social media, che permettono ai ragazzi di essere sempre connessi con il mondo e con gli amici, ecco che le notti in bianco colpiscono ormai anche i più giovani. Con alcune aggravanti. «Dormire poco in fasi delicate e critiche come l’adolescenza provoca danni diretti alla maturazione del sistema nervoso» conclude Mencacci. «E siccome le alterazioni dei ritmi sonno-veglia nei ragazzi sono diventate la norma e non più l’eccezione, non occorre essere Cassandre dei nostri tempi per comprendere quante e quali ripercussioni sulla società e sulla salute pubblica avremo nelle generazioni future».

Anche perché, nei più giovani, i problemi legati a un sonno non ristoratore possono essere facilmente scambiate per patologie di altro tipo, con diagnosi che poi andranno a pesare sul futuro. «I bambini che dormono poco e male vanno incontro a ritardo nello sviluppo, per esempio nell’acquisizione del linguaggio» spiega la dottoressa Elisa Morrone, psicoterapeuta ed esperta dei disturbi del sonno di Humanitas Medical Care. «Fanno fatica a mantenere la concentrazione, a rispettare le regole, diventano più impulsivi, e questa caratteristica si manifesta e si mantiene anche nell’adolescenza. Può capitare che questi disturbi vengano anche confusi con l’Adhd, il disturbo da deficit d’attenzione».

Deve quindi finire il tempo della sottovalutazione sia da parte dei pazienti sia – soprattutto- da parte dei medici. Anche perché le preoccupazioni legate all’utilizzo dei vecchi farmaci – benzodiazepine, anti depressivi e Z-drugs – come il problema della dipendenza, l’intontimento durante il giorno, gli effetti di rimbalzo, sembrano non esserci con l’utilizzo dei Dora.

«Possiamo usarli dai tre mesi fino a un anno e anche oltre, e non rendono il paziente dipendente dal loro uso», assicura Mencacci. «E anche il profilo di sicurezza è incoraggiante. Gli effetti collaterali, che si riducono a una leggera rinofaringite o a un po’ di nausea iniziale, hanno una frequenza molto bassa, intorno al 2 per cento. E per gli anziani è fondamentale il fatto che non aumentino le vertigini e le cadute, come invece succede con i farmaci precedenti».

La rivoluzione della chimica per il sonno è alle porte. E ad accompagnare questo cambio di paradigma sono arrivate le truppe di sostegno, che si declinano in una serie di app, gadget e attività correlate che possono essere d’aiuto alle terapie (e al rilassamento generale). Si va dalla mindfulness, che aiuta a liberare la mente dai pensieri ossessivi e a rilassare la corporatura, alle sedute di yoga pensate apposta per conciliare il sonno, a tutta una serie di app che permettono di ascoltare durante la notte suoni ciclici e rilassanti come la pioggia, le onde del mare, i suoni del bosco: fino ad auricolari morbidi da indossare tutta la notte, con il sottofondo del “rumore bianco”, neutro e ripetitivo che dovrebbe aiutarci a non pensare ad altro che non sia il sacro e agognato sonno. Palliativi, marketing? Probabilmente sì, ma al punto in cui siamo ben venga tutto ciò che può aiutare noi, popolo di insonni, a spegnere il cervello e – finalmente – a chiudere gli occhi e dormire. Fino alla mattina dopo.

Autore
Panorama

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