Inter, cosa lascia il Mondiale per Club (e come è andato)

  • Postato il 30 giugno 2025
  • Di Panorama
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La sconfitta con il Fluminense ha chiuso il Mondiale per Club dell’Inter. Nerazzurri fuori agli ottavi di finale di un torneo giocato in apnea e con pochissime certezze, un’esperienza che lascia in eredità un discreto bottino per il bilancio (33 milioni di euro), ma anche una lunga lista di domande. Materiale utile per Marotta e Ausilio che dovranno costruire la prossima stagione su quello che resta del finale di un’annata in cui l’Inter ha accarezzato tutto senza stringere nulla.

Il voto finale è la sufficienza. Non oltre. E nemmeno meno, anche se la prestazione nella sfida con il Fluminense, squadra in altre condizioni largamente inferiore a quella di Chivu, è stata la peggiore in assoluto e ha sporcato un po’ il quadro della permanenza dei nerazzurri negli Stati Uniti. Colpa della fatica, fisica e mentale, oltre che delle condizioni meteo che hanno certamente complicato non poco la vita a un gruppo esausto, giunto alla 63° partita stagionale.

Lautaro Martinez, chi non vuole restare se ne vada

La sintesi nelle parole (da capitano) di Lautaro Martinez: “Il messaggio deve essere chiaro: chi vuole restare deve restare, chi non vuole restare deve andare via. Voglio lottare per obiettivi importanti, questa è una maglia importante e questo deve essere il messaggio. Per rimanere in alto e portare trofei dobbiamo avere voglia, questo è il messaggio”.

E ancora, per rincarare la dose: “Io non voglio perdere. Ora voglio dire una cosa: qua bisogna voler restare. Capito? Perché qua si lotta per obiettivi. Il messaggio è chiaro: chi vuole restare resti, chi vuole andare via vada via. Noi qua facciamo di tutto e ho visto tante cose che non mi sono piaciute. Io sono il capitano e voglio continuare a restare in alto. Il messaggio è chiaro. Chi non vuole restare arrivederci”. Destinatari? Calhanoglu e non solo.

Inter, le cose positive del Mondiale per Club

Partiamo dalle cose che hanno funzionato e che lasciano sensazioni positive in vista della ripresa dei lavori. Prima di tutto il tentativo di reagire alla depressione con cui l’Inter si è presentata al Mondiale per Club, causata dalla scioccante finale della Champions League e, più in generale, dagli scossoni anche emotivi vissuti dalla squadra nell’ultimo mese di impegni. Anche contro il Fluminense, in un contesto generale negativo, Lautaro Martinez e compagni hanno provato a ribellarsi alla sconfitta. Era già accaduto contro l’Urawa Red Diamonds, ribaltata nel finale, mentre il match con il River Plate fa storia a parte.

Con gli argentini c’è stata l’Inter migliore e non è un caso che sia avvenuto nell’unico impegno giocato a temperature primaverili, oltre che con lo stimolo di evitare l’eliminazione già nel gruppo e contro un avversario di grande fascino e carattere. Secondo elemento positivo: i segnali di vita dati dai ragazzi di Chivu: Pio Esposito che si è guadagnato il futuro, Sucic con gli assist e la brillantezza mancata agli altri, il redivivo Valentin Carboni. Solo Luis Henrique è mancato.

Ultima eredità con cui tornare dagli Stati Uniti, il lavoro che Chivu ha potuto cominciare a fare con una squadra che avrà pochissimo tempo a disposizione per preparare il debutto in campionato. Qualche novità si è vista, non tutte hanno funzionato, ma nel complesso si è intuita la traccia che il tecnico romeno vorrà provare a lasciare dopo il quadriennio di Simone Inzaghi.

Inter, cosa non è andato al Mondiale per Club

L’altra faccia della medaglia, quella oscura, è certamente più corposa. La consolazione è che Marotta e Ausilio hanno due mesi di tempo per intervenire, sempre considerando il contesto di una stanchezza fisica e psicologica evidente. L’analisi dell’avventura al Mondiale per Club e del finale di stagione dovrà essere lucida e spietata per evitare che la squadra scivoli verso la fine di un ciclo che, in realtà, può avere ancora molto da esprimere.

Alcuni giocatori sembrano spremuti e non solo per i tanti impegni dell’anno. E’ necessario avviare il rinnovamento anche con un paio di colpi di alto livello, non solo con giovani che servono per abbassare l’età media tra campo e panchina: Mkhitaryan, Darmian, Dimarco e Thuram sono arrivati al limite e di questi solo gli ultimi due hanno un futuro che li attende. Il nodo Calhanoglu andrà sciolto in fretta perché se il turco vuole andare via deve essere sostituito degnamente, troppo importante il suo ruolo.

La nuova filosofia di Oaktree è comprensibile e apprezzabile, ma dovrà tenere conto della necessità di inserire linfa e qualità in un gruppo che – almeno per il livello del calcio italiano – continuerà ad avere delle qualità. Le altre stanno investendo tanto, fermarsi vuol dire essere perduti.

Capitolo Chivu: il nuovo allenatore ha provato a mettere alcune idee fresche in un telaio che da quattro anni è abituato a recitare lo stesso copione. Avrà bisogno di essere aiutato perché ha dimostrato di avere la possibilità di fare strada, ma al tempo stesso deve crescere molto in fretta. Il salto da Inzaghi a lui è un balzo nell’incognito.

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Panorama

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