Inter, Lautaro: retroscena su Inzaghi, la verità su Calhanoglu e quel dolore infinito

  • Postato il 6 settembre 2025
  • Di Virgilio.it
  • 3 Visualizzazioni

Imposta la sveglia sempre alle stessa ora, alle 8.01, e ha tanti altri strani rituali pre-partita, come metters a bollire l’acqua per il mate prima di fare la doccia o appena in campo entrare con il piede buono, il destro, assieme ad altre superstizioni che non vuol rivelare. In una lunga intervista all’Equipe Lautaro Martinez si confessa e rivela interessanti retroscena sull’addio di Inzaghi e la lite con Calhanoglu.

Chi l’ha battezzato il Toro

Dopo aver spiegato da dove deriva il soprannome “El Toro”(“Me l’ha dato un compagno di squadra nelle giovanili del Racing fin dai primi allenamenti. Avevo molta forza, voglia di correre, colpivo forte, e lui diceva che ero un toro. È un animale che mi rappresenta bene. A Buenos Aires me ne sono persino fatto tatuare uno”) l’argentino ricorda l’incontro di…boxe con Antonio Conte nel 2021…”Ho avuto un piccolo battibecco con lui all’epoca. Alla fine si è risolto. I miei compagni di squadra hanno poi allestito un ring per scherzo, perché era meglio riderci sopra. È stato un bel momento, per rilassarsi”.

Il ricordo che ancora fa male è invece quello delle finali di Champions perse: “È molto, molto doloroso. L’ultima mi è costata molto, ho fatto fatica ad accettarlo, perché eravamo molto fiduciosi e ben preparati. Niente è andato come sperato, e il dolore è stato ancora più grande. Queste sono cicatrici che devono guarire, col tempo. Ci sentivamo impotenti Non siamo riusciti a mettere in pratica ciò che avevamo preparato. Questo è ciò che ci ha fatto arrabbiare di più”.

Il dolore infinito delle Champions perse

“Come ho affrontato il dopo? Male, male, male. Dopo qualche giorno di pausa, sono dovuto rientrare in nazionale e, subito dopo, partire per gli Stati Uniti per il Mondiale per Club. C’è stata una settimana in cui il dolore è stato fortissimo, molto forte, molto difficile da digerire. Sono stato cinque giorni senza parlare dopo la finale. Volevo parlare con la gente, con i miei compagni di squadra, ma non ci sono riuscito. Non è uscito niente. Ero bloccato. Ero un po’ ansioso e triste perché è stato un duro colpo. Avevamo la possibilità di vincere tre titoli, e alla fine ci ritroviamo così, senza niente. È il dolore più profondo che abbia mai provato”.

Lautaro ancora no si dà pace: “È difficile da spiegare. Perché il calcio è così: a volte si vince, a volte si perde. Il Napoli, che ha vinto lo Scudetto, ha giocato solo in campionato. Si è riposato, si è preparato per la partita ogni settimana. Per noi, dall’anno scorso, è stato un accumulo di partite, stanchezza, infortuni e quindi giocatori indisponibili nei momenti importanti. Si è fatto sentire davvero. Ma con ogni stagione si impara”.

Il retroscena sull’addio di Inzaghi

Il bomber esclude che abbia influito il futuro di Simone Inzaghi su questo finale di stagione negativo: “Assolutamente no. Ognuno è libero di fare le scelte che preferisce. Il Mister ci ha comunicato di aver ricevuto un’offerta, che se ne sarebbe andato. Eravamo concentrati sui nostri obiettivi. Ha sempre dimostrato professionalità. Ci siamo sentiti molto a nostro agio con lui. Era la nostra testa pensante”.

Sul botta e risposta a distanza con Çalhanoglu dopo l’eliminazione contro il Fluminense Lautaro chiarisce: “È stato un malinteso. Alcune cose non mi sono piaciute; le mie affermazioni erano generiche (“Chi vuole restare, resti, chi non vuole se ne vada”) e non erano rivolte specificamente a lui. Da capitano, è quello che mi è venuto in mente in quel momento. Ad alcuni potrebbe piacere, ad altri no, ma poi ne abbiamo discusso con la squadra, l’allenatore e la dirigenza. E tutto va bene, tutto è stato chiarito. Sbagliare è umano. Quando si commette un errore, quando l’errore non è stato commesso con cattive intenzioni, ma con l’obiettivo di crescere e migliorare, bisogna perdonare. L’arrivo di un nuovo allenatore, l’inizio di un nuovo ciclo, ci fa bene. È importante cambiare aria, obiettivi e punti di forza”.

Anche la classifica del Pallone d’oro non gli è andata giù: “Mi sottovalutano? A volte sì. Dopotutto, è una questione di gusti. Forse è una questione di immagine, di marketing, che non mi porta dove merito. Ma do sempre il massimo per i miei compagni di squadra, per la mia maglia. Questo è ciò che conta. Cerco di raggiungere i miei obiettivi per essere in pace con me stesso. A 28 anni, sono molto contento della mia carriera. Mi colloco tra i primi cinque attaccanti del mondo, sicuramente. Non voglio fare nomi. Ognuno classifica i giocatori come vuole; ci sono alcuni attaccanti di altissimo livello. Ma quello che ho fatto negli ultimi anni mi permette di essere tra i primi cinque”.

Autore
Virgilio.it

Potrebbero anche piacerti