Intercettati sì, ma l’ideologia non c’entra. Botta e risposta con Beppe Caccia

  • Postato il 20 giugno 2025
  • Di Il Foglio
  • 1 Visualizzazioni
Intercettati sì, ma l’ideologia non c’entra. Botta e risposta con Beppe Caccia

Al direttore - Sono una delle persone spiate attraverso il potente software militare di spionaggio informatico, denominato Graphite e prodotto dalla Paragon Solutions. Sono uno dei fondatori di Mediterranea Saving Humans, l’associazione italiana che dall’ottobre 2018 è in navigazione nel Mediterraneo centrale con la sua nave Mare Jonio per monitorare, testimoniare e denunciare le innumerevoli, sistematiche violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani nelle acque del Mare Nostrum e, quando necessario, soccorrere vite umane in pericolo. Sono stato avvertito dell’inoculazione dello spyware nel mio telefono lo scorso 31 gennaio da un messaggio inviatomi da Meta/Whatsapp, ma solo due settimane fa ho appreso dalla relazione del Copasir, pubblicata agli Atti parlamentari, che io, Luca Casarini e il cittadino sudanese David Yambio, portavoce dell’associazione Refugees in Libya, eravamo “legalmente” spiati dalle agenzie di intelligence del nostro paese su mandato dei quattro diversi governi che si sono succeduti dal 2019 fino a oggi. L’impiego di Graphite nei nostri confronti è poi stato richiesto direttamente dall’attuale sottosegretario, autorità delegata per i servizi d’informazione, dott. Alfredo Mantovano. Caro direttore, alcune domande sorgono spontanee. Provo a vedere se possono interessare lei e i lettori del suo giornale, una delle poche testate nazionali che segua con serietà e attenzione gli sviluppi della situazione in Libia e le gravissime violazioni dei diritti umani che in quel paese, così strategico per il nostro, si verificano quotidianamente, in particolare contro le persone migranti. In che paese viviamo dove persone impegnate in attività umanitarie di soccorso e di solidarietà sono trattate come criminali, spiate dai servizi segreti come “minaccia per la sicurezza nazionale”? Dove invece a criminali ricercati dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità – parlo del libico Almasri – viene garantita immunità, e sono rilasciati e riaccompagnati con un volo di stato per continuare impuniti le loro attività? Siamo disposti a scambiare le nostre garanzie e libertà, che sono poi le libertà di tutti, con l’uso di qualsiasi mezzo per colpire chi delle attuali, inumane e irrazionali politiche migratorie è avversario a viso aperto? Siamo sicuri che il nostro caso non stia segnalando un cattivo stato di salute, dal punto di vista delle libertà e dei diritti, della nostra democrazia costituzionale? Riteniamo tutti normale che la sorveglianza tecnologica di massa abbia raggiunto questi livelli di penetrazione e pervasività? Interessa ai sinceri liberali che scrivono e leggono il suo giornale, a prescindere da come possiamo diversamente pensarla su altri argomenti, questo pericolosissimo scivolamento verso pratiche sistemiche, che sembrano essere più consone a un regime autoritario che allo stato di diritto? La saluto cordialmente.
Beppe Caccia


Gentile Caccia, il suo è un ragionamento interessante. Ma ci sono alcune lacune, a mio modo di vedere. Il bersaglio delle intercettazioni a suo carico, come è evidente leggendo il rapporto del Copasir trasmesso al Parlamento il 5 giugno, riguarda “attività potenzialmente legate all’immigrazione irregolare”, non il suo ruolo come attivista. L’autorizzazione per le intercettazioni è stata data dal procuratore generale, figura terza e indipendente. Il Copasir ha ispezionato il cosiddetto “log” di Graphite, gli archivi Dis e le carte in procura e lo ha fatto “constatando l’assenza di qualunque utilizzo non conforme”. Il caso Paragon solleva molti dubbi e offre lo spunto per porsi molte domande. Ed è vero che il contratto Paragon vieta di colpire giornalisti/attivisti “in quanto tali” (nota a margine: fino a giugno, nei registri di audit di Graphite non esiste alcuna voce riferita a Francesco Cancellato, il Copasir ha persino interrogato il database inserendo il numero di telefono del giornalista e non ha trovato tracce di attività, e Citizen Lab, in audizione il 16 aprile 2025, non aveva ancora confermato l’infezione e, quando il 13 maggio l’ha definita “target confermato”, non ha prodotto l’analisi forense conclusiva). Ma il Copasir, come avrà visto, ha ricordato che lei non è stato intercettato per ragioni ideologiche ma per ipotesi di reato, che ci auguriamo naturalmente non siano in nessun modo confermate nell’ambito delle indagini. Rispetto al caso Almasri lei ha ragione, come molti, a indignarsi. Ma se mi sta chiedendo se l’utilizzo del segreto di stato sia o no un atto pericoloso per una democrazia, le risponderei tranquillamente che è esattamente il contrario. E che il dramma del caso Almasri è stato essersi rifiutati di usare il segreto di stato subito, trasformando un tema che riguarda anche la nostra sicurezza nazionale in una commedia all’italiana. In bocca al lupo di cuore.
 

Continua a leggere...

Autore
Il Foglio

Potrebbero anche piacerti