Investimenti esteri. Bruxelles allenta la presa su Cina, chip e IA?

  • Postato il 11 maggio 2025
  • Esteri
  • Di Formiche
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L’Unione europea rischia di vanificare la propria strategia di “autonomia strategica” economica. Nel testo di compromesso sul riesame delle regole per lo screening degli investimenti esteri diretti, emerso il 14 aprile e rivelato da Politico, vengono smussate infatti gran parte delle tutele previste dalla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, trasformando vincoli obbligatori in mere “raccomandazioni” per gli Stati membri. Il piano originario, presentato a gennaio 2024 come pilastro della nuova strategia di sicurezza economica, mirava a imporre controlli stringenti su settori critici quali semiconduttori, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche, energia avanzata, spazio, droni e farmaci essenziali.

Nel dettaglio, la proposta iniziale individuava core components e software per la produzione di chip, litografia, microprocessori e memorie come beni sensibili il cui acquisto da parte di soggetti extracomunitari sarebbe stato automaticamente sottoposto a un meccanismo di valutazione obbligatoria. Il testo attuale, invece, raccomanda semplicemente che “i governi tengano in considerazione” tali ambiti quando valutano rischi per sicurezza o ordine pubblico, senza fissare alcun obbligo di intervento. Questa deroga colpisce anche i cosiddetti greenfield investment – le installazioni ex novo, come fabbriche e laboratori sul territorio Ue – che gli Stati vogliono liberi da screening obbligatori, malgrado l’Europarlamento chieda esattamente il contrario.

Altri punti di frizione emergono sul ruolo della Commissione: il Parlamento europeo insiste affinché Bruxelles abbia facoltà di decidere in via definitiva qualora vi sia disaccordo tra Paesi membri sulla pericolosità di un investimento; i governi nazionali resistono, temendo un’eccessiva erosione della sovranità decisionale. Anche i settori aggiuntivi restano oggetto di forte dibattito: gli eurodeputati vorrebbero includere nell’elenco obbligatorio l’aerospazio, i trasporti ferroviari e l’industria automobilistica, mentre alcuni Stati preferiscono limitarlo alle tecnologie più “avanzate”, riducendo il perimetro del regolamento. Questa spaccatura rischia di prolungare i negoziati in Consiglio, con Bruxelles che sperava di portare a compimento il dossier “nelle prossime settimane” sotto la presidenza polacca.

La decisione arriverà probabilmente solo dopo un confronto serrato tra Commissione, Parlamento e governi nazionali, ciascuno con le proprie priorità geopolitiche ed economiche. Di fatto, il compromesso in nuce sembra già riflettere l’emergere di un nuovo timore: non solo cinesi, ma anche investitori statunitensi (si pensi al fondo CD&R che ha acquisito una controllata di Sanofi, o al tentativo fallito di Flowserve su Segault) sono ora visti come potenziali vettori di vulnerabilità. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, col suo messaggio di “America First”, ha accentuato il senso di incertezza nelle relazioni transatlantiche. Non ci si può permettere “di discutere per mesi e mesi”, ha ammonito pochi giorni fa Damien Levie, responsabile del dipartimento screening investimenti esteri della Commissione, evidenziando la rapidità con cui lo scenario globale può mutare.

Autore
Formiche

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