Iran, lo scrittore Tolouei: “Diffido delle ingerenze. Se qualcuno interviene da fuori, la gente ne paga il prezzo”

  • Postato il 24 giugno 2025
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“Lo dice la storia: ogni volta che qualcuno da fuori è intervenuto, alla fine la gente comune ne ha pagato il prezzo”. L’attacco sferrato da Israele all’Iran, e la conseguente escalation, è avvenuto mentre Mohammad Tolouei, una delle voci più interessanti della letteratura iraniana, era lontano da Teheran. “In questo momento non sono in Iran: posso solo immaginare cosa stia succedendo davvero”, racconta a ilfattoquotidiano.it, che lo raggiunge al telefono in Spagna. “Cerco comunque di immaginare in modo positivo, piuttosto che arrendermi al realismo più duro”.

Eppure in Europa e America ci sono persone che hanno gioito alla notizia dell’intervento israeliano che, ha dichiarato Netanyahu, è volto a liberare gli iraniani…
Credo che Israele non abbia alcuna autorità morale per farsi portavoce della libertà. La vera preoccupazione, per la gente, è che questa guerra continui all’infinito e non porti nessun risultato concreto, se non alla distruzione delle infrastrutture e alla morte degli innocenti. La sensazione è che ci stiamo logorando sempre di più, e il futuro — che già sembrava difficile da raggiungere — adesso sembra del tutto fuori portata per noi.

Ma gli iraniani non hanno chiesto il supporto dell’Occidente per un cambio di regime? E la società civile non cercava aiuto da anni?
C’è una sensazione diffusa, qui, che nei momenti di vero cambiamento la gente venga lasciata sola. Io ho lottato anni per il cambiamento, ma ho sviluppato una certa diffidenza verso le ingerenze straniere. Oggi molti pensano che il cambiamento debba arrivare dall’interno, ma manca ancora il linguaggio per raccontarlo. Abbiamo bisogno di un linguaggio inclusivo, che parta da dentro e che riesca a far sentire la gente coinvolta. Altrimenti, una società complessa e antica come l’Iran preferirà restare ferma, piuttosto che lanciarsi in un futuro incerto.

Ma a Teheran, come descritto nel suo libro ‘L’Enciclopedia dei Sogni’ (Bompiani, traduzione di Giacomo Longhi Alberti), emerge una classe media molto forte. I protagonisti sono una coppia che cerca escamotage per superare le restrizioni del governo. Dov’è finita questa classe media, quella che ha dimostrato negli anni contro il governo?
Oggi è costretta a restare chiusa in casa, perché uscire può essere rischioso. Il governo ha alzato il livello di repressione e considera ogni forma di protesta come un supporto ai piani dei nemici stranieri. Lo si vede chiaramente: le voci più estremiste sono quelle che parlano più forte in Iran. Il governo ha un’idea di “come vivere” che non rispecchia la realtà.

Come dovrebbe essere l’Iran del futuro allora?
Vedo l’Iran come un motore per tutto il Medio Oriente, pieno di giovani che vivono a modo loro, in una terra immensa che può mostrare tutta la sua bellezza solo quando deciderà di aprirsi al mondo. È un Paese con una storia enorme, che è rimasto chiuso per troppo tempo.

In questa sua visione, non c’è un contrasto fra Teheran e la campagna, la città e il resto del paese?
Dopo la rivoluzione del 1979 questo contrasto si è affievolito pian piano, anche perché sempre più persone hanno lasciato le zone rurali per trasferirsi in città. Oggi sembra quasi che questa vecchia distinzione non abbia più senso. Anzi, si sta verificando il contrario: tanti giovani stanno tornando nei villaggi dei loro nonni, portando con sé uno stile di vita moderno. E non è raro che in certi villaggi — soprattutto al nord e al sud del Paese — si viva meglio e in modo più moderno che nella caotica Teheran.

Ecco, quando tornerà a Teheran? Il suo era un tour di presentazione dell’ultimo libro.
Casa… non so quando potrò tornarci.

La foto è di Mozhdeh Nourmohammadi

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