Irpef, il governo rimedia al pasticcio su scaglioni e acconti

  • Postato il 23 aprile 2025
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Irpef, il governo rimedia al pasticcio su scaglioni e acconti

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Il nodo degli acconti Irpef 2025 viene risolto dal Governo con la decisione di calcolarli in base ai tre scaglioni del nuovo sistema e non dei quattro del sistema precedente


Gli acconti Irpef dovuti per il 2025 saranno calcolati in base alle tre aliquote che oggi regolano il sistema dell’imposta sui redditi, e non in base alle quattro (23%, 25%, 35%, 43%) previste della vecchia normativa. Scontato, si dirà. E invece no, perché un “difetto di coordinamento” – così l’ha definito il viceministro all’Economia, Maurizio Leo – tra il decreto legislativo del 2023, attuativo della delega fiscale, che prevedeva per il solo 2024 la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3 e la legge di bilancio 2025 che ha reso strutturale l’accorpamento della seconda e terza, obbligava di fatto pensionati e lavoratori dipendenti al versamento di acconti calcolati come se fossero ancora in vigore le 4 aliquote, che sarebbero stati poi restituiti con la dichiarazione del 2026.

Un pasticcio – anche se non manca chi sostiene una “volontarietà” da parte di un governo con le casse vuote e quindi a caccia di risorse – su cui ieri il Consiglio dei ministri ha messo una toppa varando un decreto legge ad hoc che sana “l’anomalia” denunciata dalla Cgil con tanto di simulazioni allegate. Per esempio: un contribuente che in base alla dichiarazione 2025 applicando le 3 aliquote avrebbe avuto diritto a un rimborso di 165 euro, a causa di questo “difetto” avrebbe dovuto invece pagare un acconto di 95 euro.

IRPEF, IL GOVERNO RISOLVE IL NODO DEGLI ACCONTI E DEGLI SCAGLIONI

“Abbiamo approvato il provvedimento in tempo utile per evitare errori nei versamenti e nelle dichiarazioni”, ha affermato il viceministro, esprimendo soddisfazione per la rapidità dell’intervento. I lavoratori dipendenti e i pensionati che non percepiscono redditi aggiuntivi non saranno tenuti a versare alcun acconto Irpef per l’anno prossimo, ha chiarito il ministro, sottolineando: “Evitiamo così qualsiasi aumento del carico fiscale su queste categorie”.

La correzione comporterà per il 2025 un costo stimato di 245,5 milioni di euro. L’onere sarà coperto attraverso una riduzione del Fondo Mef per la sistemazione contabile delle partite sospese e, nel 2026, la somma sarà riversata in un fondo destinato alla compensazione di eventuali scostamenti di bilancio.
L’errata corrige è “una buona notizia per chi vive di salario o di pensione, era questo l’obiettivo della denuncia della Cgil e del Caaf, e siamo soddisfatti di aver difeso i diritti delle persone che rappresentiamo”, hanno affermato il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari e Monica Iviglia presidentessa del Consorzio nazionale Caaf Cgil.

Per Ferrari e Iviglia “c’è però un altro impegno che si era assunto il governo, tuttora disatteso: rimediare alla clamorosa ingiustizia che stanno subendo i redditi tra 8.500 e 9.000 euro annui che, a causa del meccanismo scelto per fiscalizzare il cuneo contributivo, stanno perdendo, a partire da gennaio, circa 100 euro al mese”. “Si tratta di lavoratrici e lavoratori – hanno evidenziato – che già faticano a far quadrare i bilanci familiari e che non possono essere penalizzati così pesantemente. Sollecitiamo nuovamente l’Esecutivo a intervenire subito per risolvere questo problema”.

DEFICIT, NEL 2024 SCENDE RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

Intanto, buone notizie per il governo sul fronte del deficit: nel 2024 l’indebitamento netto della pubblica amministrazione (-75.547 milioni di euro) è stato pari al 3,4% del Pil, in diminuzione di 78,7 miliardi rispetto al 2023 (-154.284 milioni di euro, corrispondente al -7,2% del Pil). Sono i principali dati pubblicati da Istat della Notifica sull’indebitamento netto e sul debito della pubblica amministrazione (Pa), riferiti al periodo 2021-2024, trasmessi alla Commissione Europea in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i disavanzi eccessivi (Pde) annesso al Trattato di Maastricht.

Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato positivo e pari allo 0,4% del Pil, con un miglioramento di 4 punti percentuali rispetto al 2023. La spesa per interessi che, secondo le attuali regole di contabilizzazione, non comprende l’impatto delle operazioni di swap3, è stata pari al 3,9% del Pil, mostrando una crescita di 0,2 punti percentuali rispetto al 2023.
È cresciuto invece il debito pubblico che a fine 2024, misurato al lordo delle passività connesse con gli interventi di sostegno finanziario in favore di Stati Membri della Uem, era pari a circa 2.966.597 milioni di euro (135,3% del Pil). Rispetto al 2023, ha segnalato l’Istat, il rapporto tra il debito della Pa e il Pil è aumentato di 0,7 punti percentuali.

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