Isola, dopo 20 anni squarci di luce sull’omicidio Manfredi
- Postato il 4 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Isola, dopo 20 anni squarci di luce sull’omicidio Manfredi
Dalle carte dell’operazione Blizzard contro i clan di Isola luce sull’omicidio Manfredi e il movente economico
ISOLA CAPO RIZZUTO – Si aprono squarci di luce, dopo 20 anni, sull’omicidio di Mario Manfredi, il detenuto in semilibertà ucciso nel dicembre 2005 mentre rientrava nel carcere di Crotone. Da alcuni elementi dell’inchiesta che nelle settimane scorse ha portato alla maxi retata Blizzard-Folgore contro le cosche di Isola Capo Rizzuto, emerge un movente economico sotteso all’eliminazione del leader della famiglia mafiosa soprannominata “Porziano”, alleata ai Nicoscia e contrapposta agli Arena. Un omicidio che avvenne in uno dei periodi di maggiore veemenza della guerra di mafia che impazzava a Isola nella prima metà degli anni Duemila.
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AGO DELLA BILANCIA
Il patrimonio di Manfredi sarebbe stato affidato all’imprenditore Anselmo Cavarretta, ritenuto dagli inquirenti contiguo alla cosca Arena ma uscito quasi sempre indenne dalle inchieste in cui è stato coinvolto. Cavarretta però è di nuovo indagato, nella nuova inchiesta contro le cosche isolitane, perché sarebbe «tutt’altro che comprimario» ma «autentico protagonista» nelle dinamiche della criminalità organizzata locale. Addirittura al punto da «condizionare la scelta degli Arena rispetto all’eliminazione di Manfredi», è detto nella mega informativa dei carabinieri consegnata al pool che fino a tempo fa era guidato dal procuratore Vincenzo Capomolla e composto anche dai pm Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e Davide Ognibene. Insomma, una sorta di “ago della bilancia” per il peso specifico delle attività economiche gestite per conto dei clan.
L’INTERCETTAZIONE
I sospetti degli inquirenti nascono anche da un’intercettazione. L’indagato chiave della nuova inchiesta, come già riferito dal Quotidiano, è Luigi Masciari, considerato il volto emergente delle cosche di Isola per la sua vocazione imprenditoriale. È il marito di Marilena Manfredi, figlia di Mario, che, durante una conversazione telefonica, sostiene che Cavarretta avrebbe “fatto ammazzare” suo padre. Nel puzzle di intercettazioni captate dagli inquirenti ci sono brani di tenore analogo. Anche un figlio di Manfredi, Luigi, dice che ci sarebbe il “sangue suo” (di Cavarretta, ndr) sopra papà. Mentre il cognato di Masciari, Francesco Colacchio, parla di “traggiri” orditi da Cavarretta ai danni dei “Porziano”. Masciari, dal canto suo, avrebbe fatto riferimento, nel corso dei colloqui, al ruolo di intermediario svolto dal suocero nel periodo della faida.
LA CONTESA
Dai dialoghi intercettati, però, emerge anche che la contesa attuale tra i Manfredi e Cavarretta ha a che fare con terreni di proprietà dell’Arssa sui quali erano stati edificati capannoni, privi di qualsiasi autorizzazione edilizia, funzionali ad attività imprenditoriali mai avviate. Beni oggetto di compravendita tra privati fino all’acquisizione dell’ente dopo procedure ambigue dietro cui si intravederebbe l’ombra di Cavarretta. Da qui il rancore che, nonostante la pax mafiosa stipulata dopo gli anni di piombo, non è ancora sopito. Cavarretta verrebbe, infatti, considerato depositario degli investimenti della criminalità organizzata locale, tra cui quelli dei Manfredi che ne rivendicano l’utilizzo e la restituzione.
IL BERSAGLIO
Cavarretta subì l’incendio doloso delle sedi di una delle sue società poco tempo prima dell’omicidio Manfredi. Da un’intercettazione, captata nel corso dell’inchiesta Wood Line, emerge che una donna molto vicina a Cavarretta, parlava col padre della scalata dei Manfredi che, grazie all’alleanza con i Nicoscia, avevano “alzato la testa”. «Tu pensi che muoiano di morte naturale?», il messaggio sibillino. Pochi giorni Manfredi rimase vittima dell’agguato mortale. Dalle indagini svolte in quegli anni era emerso che Cavarretta era bersaglio dei Nicoscia-Manfredi, insieme a tutti coloro che lo coadiuvavano nelle attività imprenditoriali. Pertanto si procurò un’auto blindata.
IL CONFRONTO
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Manfredi cercava un confronto con Cavarretta per chiedergli una distribuzione equa dei profitti, nella gestione degli interessi economici delle cosche. Ma l’imprenditore appariva «asservito al potere degli Arena», scrivono gli inquirenti, e avrebbe voluto «escludere dalla ripartizione degli introiti proprio la componente dei Manfredi».
L’ACCORDO
Le intercettazioni delineerebbero, inoltre, un accordo tra Cavarretta e Manfredi che prevedeva l’elargizione di 250mila euro in contanti a quest’ultimo e quattro assunzioni nell’ambito dell’ambizioso progetto imprenditoriale del Polo del legno. Un consorzio che avrebbe dovuto impiegare 236 addetti. Ma ci sarebbe stata anche la richiesta, da parte dei Manfredi, di riottenere terreni, denaro e capannoni già nella disponibilità del loro capostipite.
LA POLITICA
Dai colloqui captati emergono anche gli appoggi politici di cui si potrebbe avvalere Cavarretta. «Ha agganci buoni a Roma. Quello di Lamezia gli ha fatto fare quello che ha fatto». Lo stesso Masciari, nonostante l’astio e le acredini, ammette che è un “cervellone”. Ma, a proposito dei presunti appoggi politici, si chiede retoricamente «come ha fatto ad arrivare là?».
I ‘NTINNI
Ed è proprio Masciari, in un brano successivo, ad osservare che il suocero, indicato come dominus, insieme a Cavarretta, della fabbrica del legno e dell’arrivo delle pale eoliche a Isola, è stato ucciso per il denaro. Ossia per aver preteso quanto concordato con le diverse componenti della criminalità isolitana. Manfredi chiamava “’ntinni” (antenne, ndr) gli aerogeneratori. «Le ha fatte arrivare il suocero le pale eoliche. Se lo sono pulito perché non gli volevano dare i soldi». Ed era uno, sempre in base ai racconti di Masciari, in grado di veicolare assunzioni presso l’ex Opera Sila. Sarebbe stato uno dei principali promotori della tregua, negli anni di piombo, proprio al fine di privilegiare gli affari e la gestione di nuovi business. Per questa sua vocazione imprenditoriale, Masciari lodava il suocero. Non così lungimiranti, sempre secondo Masciari, sarebbero stati i suoi figli, che si ritrovano in carcere. Tra loro Pasquale Manfredi detto “Scarface”, il bazookista dei Nicoscia che sconta l’ergastolo nel carcere di Livorno.
I TERRENI
Da anni le cosche di Isola, attraverso forme di intimidazione ai proprietari che avevano la titolarità dei terreni Arssa e la predisposizione di falsa documentazione, hanno occupato e utilizzato illecitamente i terreni del demanio. Di recente un’inchiesta ha fatto luce su un sistema imposto dal clan “Macario” nella località Marinella. Anche la famiglia Manfredi si sarebbe appropriata di terreni demaniali attraverso prevaricazioni e violenze. Alcune di queste proprietà sarebbero state oggetto di un contenzioso tra Cavarretta, che ne conserva la disponibilità, e i figli di Mario Manfredi, Luigi e Pasquale, che ne rivendicano la “proprietà”. La causa del contendere ruota attorno ad un vasto appezzamento su cui sono stati edificati capannoni non censiti nel catasto. Le opere edilizie avrebbero dovuto servire per impiantare attività imprenditoriali mai, in realtà, realizzate. Come la fabbrica del legno, anni fa finita sotto la lente di un’inchiesta poi archiviata.
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