Israele attacca Damasco: “I raid più duri in Siria sono iniziati”. Colpita la sede dell’esercito
- Postato il 16 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz aveva avvertito: se le forze del regime non si fossero ritirate da Sweida, una città drusa nel sud, sarebbero arrivate le bombe. E così è stato: è stato colpito il ministero della Difesa siriano, il quartier generale dell’esercito e il perimetro del ‘Palazzo del Popolo’, come viene chiamato il palazzo presidenziale, riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Un’azione che lo stesso Katz ha comunicato via social, pubblicando un video della televisione siriana che mostra un conduttore sorpreso da un attacco israeliano sullo sfondo nel centro di Damasco, mentre la tv di Stato ha riferito di raid vicino al quartier generale del ministero della Difesa. “I colpi più pesanti sono partiti”, ha scritto, mentre Benjamin Netanyahu ha poi esortato i drusi israeliani a non attraversare il confine con la Siria ed ha descritto la situazione a Sweida, una città a maggioranza drusa nel sud della Siria, come “molto grave”. Israele sta operando “contro le bande del regime” in Siria e “sta lavorando per salvare i nostri fratelli drusi”, ha dichiarato Netanyahu in una nota ai media. “Cittadini d’Israele, non attraversate il confine. Potreste essere uccisi, potreste essere rapiti e state danneggiando gli sforzi delle Idf”, ha aggiunto. Il quotidiano Haaretz ha riferito di decine di israeliani drusi che stanno attraversando il confine con la Siria attraverso la città settentrionale di Majdal Shams. Si stanno coordinando con il vicino villaggio siriano di Hader, che sta inviando veicoli per recuperarli.
Lo scenario e l’escalation – Le tensioni sono esplose nei giorni scorsi, con l’uccisione di almeno un centinaio di persone, in larga parte miliziani drusi e loro rivali beduini sunniti, sostenuti dalle forze governative. Una recrudescenza a sfondo confessionale che avviene mesi dopo la presa del potere da parte dell’ex miliziano qaedista Ahmad Sharaa (Jolani), autoproclamatosi presidente di un paese ormai non più alleato di Iran e Russia ma sempre più vicino a Stati Uniti e Israele. Le violenze giungono dopo i massacri di 1.500 civili alawiti compiuti a marzo da miliziani filo-governativi, e gli attacchi, sempre da parte di armati vicini a Sharaa, contro i drusi di Damasco. Al confine con la Giordania e non lontano dalle Alture siriane del Golan, occupate da Israele, Sweida è storicamente la roccaforte dei drusi siriani, con forti legami con i correligionari in Libano e in Israele. Il governo israeliano, che nei mesi e settimane scorsi, ha più volte affermato di voler “proteggere” i drusi siriani, ha ordinato nelle ultime ore di bombardare le colonne di tank siriani diretti verso Sweida.
L’escalation era da tempo nell’aria. Il casus è scattato nel fine settimana, col rapimento da parte dei beduini della zona di un commerciante druso, provocando l’attesa reazione dei drusi, che hanno sequestrato alcuni beduini; le cui famiglie, a loro volta, sono scese in strada armate. Gli scontri, dilagati alla periferia di Sweida, sono presto degenerati. E hanno dato vita a un vero e proprio attacco coordinato tra beduini e forze governative per prendere il controllo di Sweida. Video amatoriali e professionali mostrano un ingente dispiegamento di armi e mezzi militari da entrambe le parti. Il ministero degli interni ha affermato di intervenire “per proteggere la sicurezza dei civili”. E il ministero della difesa ha diffuso un ultimatum “senza condizioni” alle forze druse siriane: “Consegnate le armi, così eviteremo una battaglia casa per casa nella città di Sweida“.
A rendere la situazione ancora più incandescente è stato l’intervento di Israele, che ha bombardato il sud della Siria per impedire ai governativi di conquistare un villaggio druso. Il ministro della Difesa Israel Katz ha parlato di “un chiaro avvertimento al regime”, mentre il prolungato sorvolo aereo di jet ed elicotteri dello Stato ebraico ha spinto diversi sostenitori di Jolani ad accusare i miliziani drusi di essere dei “mercenari dei sionisti”.
Dal canto loro, le autorità druse di Sweida hanno respinto gli appelli alla protezione straniera ma hanno denunciato la trappola tesa dal governo, usando i beduini, storici rivali nell’uso dei terreni agricoli, per imporre la sua autorità manu militari su una zona che chiede da tempo di mantenere la sua autonomia amministrativa e di sicurezza.
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