Israele colpisce al cuore Hamas: eliminato il banchiere dei terroristi, ma l’ombra di un nuovo 7 ottobre resta
- Postato il 5 settembre 2025
- Di Panorama
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Nel corso di un’operazione congiunta tra le Forze di Difesa Israeliane (IDF) e i servizi di sicurezza interni (ISA), è stato ucciso Nur al-Din Dabbaghsh, figura chiave del Dipartimento Fondi dell’ala militare di Hamas. Secondo fonti militari, Dabbaghsh era coinvolto nella raccolta e nel trasferimento di decine di milioni di dollari, denaro impiegato per rafforzare le capacità belliche del movimento islamista e garantirne la sopravvivenza nella Striscia di Gaza. Le autorità israeliane hanno spiegato che tali fondi non solo hanno alimentato il prolungamento delle ostilità, ma hanno anche consentito a Hamas di ricostruire infrastrutture militari e sostenere le proprie attività terroristiche. La sua eliminazione viene quindi considerata un colpo significativo al sistema finanziario sotterraneo dell’organizzazione. Parallelamente, nel nord della Striscia, le truppe israeliane stanno conducendo operazioni mirate alla distruzione delle infrastrutture terroristiche, sia in superficie sia nella rete di tunnel sotterranei. Nel corso delle ultime attività, le IDF hanno neutralizzato postazioni di lancio di missili anticarro, scoperto depositi di armi e ucciso diversi militanti presenti nell’area.Contemporaneamente, le operazioni si sono estese a Jabaliya e alla periferia di Gaza City. In queste zone, le unità israeliane hanno smantellato centri logistici di Hamas, neutralizzato ordigni esplosivi e bonificato aree ad alto rischio. Il dibattito interno in Israele resta acceso anche sulle condizioni di detenzione dei miliziani catturati. Idan Baruch, fratello di Uriel Baruch – rapito e assassinato da Hamas – ha reagito a una petizione presentata alla Corte Suprema, con cui si chiedeva un miglioramento delle condizioni carcerarie dei prigionieri jihadisti. Le famiglie degli ostaggi ancora detenuti a Gaza hanno sollecitato la magistratura a respingere tali richieste. In tal senso Baruch ha dichiarato: «Non dovremmo nemmeno discutere del cibo o dell’altezza del materasso; dovremmo discutere delle esecuzioni. Questo è il minimo per uno Stato degno di questo nome. Persino i grandi Stati Uniti eseguono esecuzioni». Ha inoltre sottolineato come il rapimento di civili israeliani sia stato favorito dal precedente accordo Shalit: «Dobbiamo capire che il motivo per cui hanno rapito è perché quell’intesa ha avuto un tale successo da stimolarne l’appetito». Il riferimento ai rapporti internazionali è stato altrettanto netto: «Non dobbiamo illuderci sui terroristi in giacca e cravatta che siedono nei palazzi del Qatar. Sono gli stessi che armano e finanziano Hamas». Secondo Baruch, il rischio di un nuovo attacco su larga scala non è da escludere: «Il prossimo 7 ottobre è già in preparazione da qualche parte. Se il terrorismo non viene punito con fermezza, continuerà a colpire».
Sul fronte operativo, resta aperta anche la questione delle cosiddette flottiglie dirette a Gaza per tentare di forzare il blocco navale israeliano. Una fonte del Ministero degli Esteri israeliano, interpellata da Panorama.it, ha chiarito: «La flottiglia sarà fermata sulla base delle leggi internazionali che regolano la sovranità marittima di uno Stato in guerra». Alla domanda su quanti siano ancora i combattenti attivi di Hamas, la stessa fonte ha spiegato: «È estremamente difficile stabilirlo. Ogni maschio dai 14 anni in su può essere arruolato. Le stime parlano di circa 10.000 effettivi, ma l’organizzazione dispone ancora di enormi risorse economiche, provenienti anche dalla vendita dei viveri saccheggiati. Con questi fondi può reclutare nuove leve e continuare a rappresentare una minaccia per Israele». Lo scenario non è meno complesso in Cisgiordania. Durante una riunione convocata dal premier Benjamin Netanyahu, i funzionari dello Shin Bet hanno avvertito che l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) sta attraversando una fase di grave fragilità economica e istituzionale. Secondo quanto riferito da Channel 12, l’aumento della disoccupazione, i ritardi nei salari delle forze di sicurezza e il progressivo indebolimento delle istituzioni rischiano di trasformarsi in una miccia per nuove rivolte popolari.
Gli apparati di sicurezza israeliani hanno evidenziato che, pur tra molte contraddizioni, l’Anp ha finora garantito una certa stabilità nei territori e che il suo collasso potrebbe avere conseguenze destabilizzanti. Per questo motivo, è stata avanzata l’ipotesi di sbloccare parte dei fondi fiscali trattenuti da mesi da Israele. La decisione di congelare i trasferimenti, pari a circa 900 milioni di shekel – l’equivalente di 230 milioni di euro – era stata voluta dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, esponente della destra radicale. A complicare ulteriormente il quadro, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato nuove sanzioni nei confronti di tre organizzazioni palestinesi per i diritti umani, accusate di sostenere il lavoro della Corte penale internazionale (Cpi). Nel mirino sono finite Al-Haq, con sede a Ramallah, l’Al-Mezan Center e il Palestinian Center for Human Rights, attivo nella Striscia di Gaza. Queste realtà raccolgono testimonianze e documentano presunti crimini di guerra, materiali poi utilizzati nei procedimenti legali contro Stati Uniti e Israele presso la Cpi. La combinazione di questi fattori – l’offensiva militare contro Hamas a Gaza, la questione degli ostaggi, le pressioni internazionali, le sanzioni americane e l’instabilità dell’Anp – contribuisce a delineare un quadro di grande incertezza per Israele e per l’intera regione. Se da un lato l’eliminazione di figure centrali come Dabbaghsh mina la capacità finanziaria di Hamas, dall’altro la persistenza del movimento e la fragilità del contesto palestinese mantengono alta la probabilità di nuovi scenari di conflitto.