Israele divide il Consiglio europeo, non escluse sanzioni, compatto invece sull’Ucraina
- Postato il 27 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Israele divide il Consiglio europeo, non escluse sanzioni, compatto invece sull’Ucraina
Si apre il Consiglio europeo di Bruxelles con all’ordine del giorno le due crisi internazionali riguardanti Israele e l’Ucraina: l’Europa si spacca sul Medio Oriente ma è compatta su Kiev
Un’Europa spaccata su Israele. È quanto emerge dalla riunione del Consiglio europeo di ieri a Bruxelles. Ad aprire il dibattito è stato il premier spagnolo Pedro Sànchez, da sempre capofila degli Stati europei più critici della brutalità che ha caratterizzato l’intervento militare israeliano nella Striscia di Gaza. Per il capo di governo spagnolo quanto accade ai palestinesi a Gaza sarebbe un «genocidio», di fronte al quale l’Europa non può permettersi il lusso di nascondersi dietro qualche doppio standard. «Non ha senso che l’Ue abbia approvato 18 pacchetti di sanzioni contro Mosca per l’aggressione all’Ucraina, e poi non sia in grado nemmeno di sospendere un accordo con Israele, nonostante le ripetute violazioni dei diritti umani», ha scandito Sànchez.
Il leader di Madrid non è stato il solo, dal momento che il consenso dietro un’azione europea più decisa nei confronti di Tel Aviv sta montando, nonostante la contrarietà di Germania ed Italia. «A meno che l’Ue non faccia qualcosa di concreto oggi o nel giro di due settimane, allora ogni Stato membro, compresa la Slovenia e alcuni Paesi che la pensano come noi, dovrà fare i prossimi passi da solo. Siamo pronti a farlo non solo per dimostrare solidarietà, ma per fare pressione reale sul governo israeliano», ha affermato il premier sloveno Robert Golob, aggiungendo che: «Avremmo dovuto fare di più in passato ma non è mai troppo tardi».
IL CONSIGLIO EUROPEO TRA LE GUERRE DI ISRAELE E IL CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA
L’ultimatum, con tanto di scadenza temporale, rappresenta una questione seria perché in assenza di un consenso unanime il rischio è che ancora una volta la posizione europea si dissolva, lasciando ogni singolo Stato membro a perseguire una propria personale politica bilaterale. «Ho già ricevuto informazioni dall’Alta rappresentante Kallas che c’è una violazione dell’articolo 2 sui diritti umani a Gaza. Purtroppo, alcuni Stati membri, importanti Stati membri, hanno deciso di dare priorità ai propri interessi e non ai diritti umani del popolo palestinese», ha insistito il premier sloveno, in riferimento a una clausola degli accordi europei che subordina l’approvazione degli accordi commerciali con Stati terzi – come Israele – al rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo.
Prendendo atto delle pressioni in seno al Consiglio, il suo Presidente – il portoghese Antonio Costa – ha dato l’incarico all’Alta rappresentante per la politica estera dell’Unione Kaja Kallas di proporre agli Stati membri una serie di possibili contromisure, da discutere in sede comunitaria. Per il momento comunque il Consiglio ha trovato un consenso solo sulla richiesta di un immediato cessate il fuoco nella Striscia, che includa la liberazione degli ostaggi ancora detenuti da Hamas e lo sblocco immediato degli aiuti umanitari trattenuti alla frontiera da Israele. Dove Israele divide, l’Ucraina unisce. L’intervento del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky al summit europeo è stato l’occasione per una ritrovata unità. Il leader di Kiev ha sottolineato l’importanza del continuato appoggio europeo al suo Paese, mettendo l’accento sulla ricostruzione dopo tre anni di guerra senza quartiere.
LA RICOSTRUZIONE IN UCRAINA E IL POSSIBILE INGRESSO NELL’UNIONE EUROPEA
«Ricostruire e investire durante la guerra forse è più importante che farlo dopo, perché invia il messaggio che si crede che l’Ucraina prevarrà», ha detto Zelensky sottolineando l’importanza dell’incontro sulla ricostruzione che si terrà a Roma il prossimo 10-11 luglio «sotto la leadership di una grande amica dell’Ucraina, Giorgia Meloni».
L’incontro coi leader europei è stato occasione anche per discutere di un altro tema al centro dei rapporti euro-ucraini, vale a dire l’adesione ucraina all’Unione europea, su cui il Consiglio ha trovato un vasto consenso. Con una sola macchia, la rumorosa contrarietà dell’Ungheria (e, in maniera minore, della Slovacchia). Una posizione che ha contribuito a isolare il premier magiaro Vitkor Orban, da tempo accusato di eccessiva vicinanza al regime di Vladimir Putin. Proprio per sottrarsi a questa condizione di isolamento internazionale, Orban ha rilanciato la propria posizione in patria indicendo – proprio a ridosso della riunione del Consiglio europeo – un referendum consultivo sull’adesione di Kiev all’Unione europea, incassando un plebiscitario 95% di No da parte degli elettori ungheresi, sebbene con un affluenza molto bassa (attorno al 17% degli aventi diritto).
Ma tale pronunciamento non sembra aver scalfito la determinazione degli altri leader europei. «Insisterò con forza sulla questione dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea. Non siamo soddisfatti dei ritardi e del fatto che alcuni Paesi stiano rallentando il processo», ha denunciato il Primo ministro irlandese Michael Martin con una stoccata all’ostruzionismo di Budapest. «Penso sia produttivo fissare obiettivi politici ambiziosi, per esempio, vedere l’Ucraina come membro dell’Unione europea il primo gennaio del 2030», ha affermato invece con ottimismo il Presidente della Lituania, Gitanas Nauseda, «è un obiettivo difficile, ma allo stesso tempo è motivante e spero che saremo in grado di accelerare i nostri sforzi e di evitare qualsiasi tipo di incomprensione, perché in questo momento è controproducente».
IL CONSIGLIO EUROPEO DOPO IL SUMMIT NATO CON AL CENTRO SEMPRE ISRAELE E UCRAINA
Il successo del summit europeo ha seguito la mezza riuscita del summit della Nato dell’Aia, dove Zelensky ha avuto modo di incontrare il Presidente americano Donald Trump. Nonostante per la prima volta la dichiarazione conclusiva del vertice non abbia incluso la condanna della Russia come Stato aggressore, Kiev è comunque riuscita ad incassare un discreto sostegno, in particolare da parte del dubbioso Trump. Il tycoon ha dichiarato che prenderà in considerazione la possibilità di fornire agli ucraini una maggiore quantità di missili Patriot, di cui l’Ucraina ha bisogno per difendersi dagli attacchi russi, aggiungendo che il Presidente russo Vladimir Putin «deve davvero porre fine a quella guerra». Trump ha dichiarato in una conferenza stampa che i Patriot sono «molto difficili da ottenere», ma che «vedremo se possiamo renderne disponibili alcuni».
Il leader americano ha anche lasciato aperta la possibilità di fornire maggiori aiuti militari a Kiev. Una cifra che secondo il Segretario generale della Nato Mark Rutte potrebbe oscillare tra i 35 e i 40 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto a quanto inizialmente preventivato. Così, sgarbi nella dichiarazione a parte, Zelensky non ha avuto da ridire quando ha affermato che l’incontro con Trump «non avrebbe potuto essere più piacevole».
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