Israele, nuova offensiva su Gaza e raid in Yemen dopo l’attacco all’aeroporto Ben Gurion
- Postato il 6 maggio 2025
- Di Panorama
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Nella tarda serata di ieri, Israele e Stati Uniti hanno lanciato una serie di raid aerei contro obiettivi Houthi nello Yemen. Secondo fonti locali, sono stati sganciati almeno 48 ordigni nella zona del porto di Hodeida. Poco prima degli attacchi, i media yemeniti avevano riferito di attacchi condotti dagli Stati Uniti nei pressi della capitale yemenita Sanaa. L’attacco è arrivato in risposta al missile a lungo raggio lanciato domenica dallo Yemen in direzione del centro di Israele, colpendo un’area aperta vicino alla pista dell’aeroporto Ben Gurion. L’esplosione ha provocato il ferimento di sei civili e ha causato ritardi temporanei nei voli, spingendo diverse compagnie aeree a cancellare le tratte da e per Israele.
Stando a quanto riferito dalle Forze di difesa israeliane (IDF), circa 30 caccia dell’Aeronautica militare (IAF) hanno preso parte all’operazione, supportati da aerei spia e rifornitori. Gli attacchi hanno preso di mira infrastrutture lungo la costa yemenita, tra cui il porto di Hodeida e una fabbrica di cemento nei pressi della città di Bajil, a circa 2.000 chilometri da Israele. In totale sarebbero stati utilizzate 50 ordigni. «Abbiamo distrutto il porto di Hodeida e impianti per la produzione di cemento usati per fabbricare armi. È stato un attacco potente e non sarà l’ultimo. I giochi sono finiti», ha dichiarato un funzionario israeliano. Gli Houthi hanno risposto con dure minacce: «Tel Aviv pagherà il prezzo. Avete aperto le porte dell’inferno su voi stessi».
L’IDF ha affermato che il porto di Hodeida è usato dagli Houthi per il trasferimento di armi iraniane e materiali militari. Quanto alla fabbrica di Bajil, l’esercito israeliano l’ha definita «un’importante risorsa economica per il regime terroristico degli Houthi», utilizzata per la costruzione di tunnel e infrastrutture militari. Gli attacchi, sostiene l’IDF, «rappresentano un duro colpo per l’economia del regime e per il suo rafforzamento militare». In risposta ai raid, Nasruddin Amer, capo dell’ufficio stampa degli Houthi, ha dichiarato che i bombardamenti non indeboliranno le attività del gruppo. «Gli aggressivi raid sionisti-americani contro le strutture civili non influenzeranno le nostre operazioni militari contro l’entità nemica sionista», ha scritto in un post sui social media, promettendo una risposta.
Nel frattempo, Israele ha approvato un nuovo piano militare, nome in codice Operazione Gideon Chariots, per espandere l’intervento nella Striscia di Gaza. Il piano, presentato dal capo di Stato maggiore delle IDF, generale Eyal Zamir, prevede che le forze israeliane assumano il controllo di porzioni del territorio, spostino la popolazione civile verso sud e colpiscano le infrastrutture di Hamas, impedendo al gruppo jihadista di impossessarsi degli aiuti umanitari. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che «la popolazione di Gaza sarà trasferita per essere protetta». L’operazione, che inizierà gradualmente in una zona non precisata, potrebbe durare mesi, secondo l’emittente pubblica Kan. Parallelamente, il Gabinetto di sicurezza ha autorizzato la ripresa delle consegne di aiuti umanitari nella Striscia, modificando il meccanismo di distribuzione per evitare che Hamas ne tragga vantaggio. In una dichiarazione diffusa lunedì, Hamas ha respinto con fermezza il nuovo meccanismo di distribuzione degli aiuti, definendolo uno strumento «di estorsione politica» e accusando Israele di subordinare gli aiuti a condizioni inaccettabili. Secondo il movimento islamista, il piano viola il diritto internazionale e gli obblighi previsti dalla Convenzione di Ginevra, rappresentando una prosecuzione «della politica della fame e della distrazione volta a guadagnare tempo per commettere crimini di genocidio». Secondo l’esperta di comunicazione Elisa Garfagna « L’accusa di genocidio da parte di Hamas è una mossa retorica che si ripete da 20 mesi e che è volta a delegittimare Israele e a suscitare la condanna internazionale. L’uso strumentale del termine “genocidio” inoltre rischia di sminuire la gravità di questo crimine contro l’umanità come ad esempio la Shoah. In maniera del tutto speculare, l’accusa di “politica della fame” serve a dipingere Israele come responsabile della crisi umanitaria, omettendo il ruolo fraudolento di Hamas nella gestione degli aiuti e nel conflitto. Ormai è chiaro che la guerra via terra è affiancata da una guerra di parole difficile da smontare, anche a causa della viralità che tale propaganda assume sui canali sociali».
Infine, ieri si è appreso che venerdì scorso si è verificato un confronto ad alta tensione tra caccia turchi e israeliani nei cieli sopra la Siria. Secondo fonti locali, i jet turchi avrebbero emesso segnali di disturbo elettronico, compromettendo temporaneamente i sistemi di bordo degli aerei israeliani. L’incidente rappresenta un’ulteriore escalation in un contesto già delicato, alimentato dai continui raid israeliani in territorio siriano e dal ruolo sempre più attivo della Turchia nella regione.