Israele, pena di morte e guerra ai droni: ecco la nuova strategia contro il terrorismo
- Postato il 11 novembre 2025
- Di Panorama
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La Knesset ha approvato in prima lettura, lunedì sera, un disegno di legge che introduce la pena di morte per i terroristi responsabili di omicidi. La proposta, presentata dal partito Otzma Yehudit e sostenuta dal ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, ha ottenuto 39 voti favorevoli e 16 contrari. Il testo tornerà ora alle commissioni parlamentari per ulteriori approfondimenti e dovrà affrontare una seconda e una terza lettura prima di diventare legge. Nelle note esplicative, i promotori sostengono che le pene detentive non rappresentano un deterrente sufficiente contro il terrorismo e che soltanto la pena capitale può scoraggiare chi intende colpire civili israeliani per odio verso lo Stato ebraico o per motivazioni razziali. La proposta stabilisce inoltre che nei tribunali militari della Cisgiordania la condanna a morte potrà essere pronunciata a maggioranza dei giudici e che, una volta emessa, non potrà essere né sospesa né commutata.
Ben-Gvir ha definito la legge «la più importante nella storia di Israele», affermando che ogni terrorista dovrà sapere che «questa norma lo farà esitare mille volte prima di colpire ancora». Durante la discussione parlamentare il clima si è acceso, tanto che il deputato arabo Ahmad Tibi è stato espulso dall’aula dopo un duro scontro con il ministro, che ha accusato anche Ayman Odeh e Mansour Abbas di difendere i carnefici di Israele. Secondo Ben-Gvir, chi si oppone a questa legge «lavora contro lo Stato ebraico» e non merita di rappresentare i cittadini israeliani.
Dall’altra parte, l’opposizione ha bocciato con fermezza l’iniziativa. Il leader di Yesh Atid, Yair Lapid, ha annunciato che il suo partito non voterà a favore di una proposta «demagogica e inutile», mentre il deputato Gilad Kariv ha messo in guardia dal rischio che la reintroduzione della pena di morte possa generare un’escalation di violenza e nuovi attentati. Anche nel campo della sicurezza nazionale le posizioni sono state contrastanti: il generale in pensione Gal Hirsch, coordinatore per gli ostaggi nell’ufficio del Primo Ministro, in passato si era dichiarato contrario temendo che la misura potesse compromettere i negoziati con Hamas per la liberazione dei prigionieri ancora vivi a Gaza. Dopo la restituzione di alcuni ostaggi, però, Hirsch ha modificato la sua posizione sostenendo che le circostanze operative sono cambiate e che ora la legge può essere presa in considerazione.
Ieri le forze armate israeliane hanno sottolineato una nuova e preoccupante minaccia: il crescente traffico di armi attraverso droni provenienti dal Sinai. Secondo un’inchiesta dell’emittente Channel 12, nell’ultimo mese i soldati dell’IDF hanno individuato almeno tre tentativi di introdurre illegalmente armamenti a Gaza utilizzando velivoli senza pilota. L’obiettivo, secondo i servizi di sicurezza, sarebbe quello di permettere a Hamas di riorganizzarsi dopo la guerra e di rifornire non solo la Striscia, ma anche le cellule terroristiche attive in Cisgiordania.
Un alto ufficiale israeliano ha rivelato che dall’inizio dell’anno circa duemila droni hanno attraversato il confine dall’Egitto, e che solo una piccola parte, circa il dieci per cento, è stata intercettata. Si tratta di un fenomeno in crescita che preoccupa profondamente le autorità, poiché i velivoli vengono utilizzati per trasportare granate, detonatori o altri ordigni, spesso difficili da individuare con i radar tradizionali. Per far fronte a questa nuova minaccia, le Forze di Difesa Israeliane hanno avviato un piano che combina azioni militari dirette contro i droni con l’uso di contromisure elettroniche, nuove tecnologie di rilevamento e una cooperazione costante con la polizia e l’intelligence.
La settimana scorsa il ministro della Difesa Yoav Gallant ha ordinato che l’intera area di confine tra Israele ed Egitto fosse dichiarata «zona militare chiusa», vietando l’accesso ai civili e imponendo nuove regole d’ingaggio. «Chiunque penetri nell’area interdetta sarà considerato una minaccia e potrà essere colpito», ha dichiarato Israel Katz, spiegando che la decisione mira a impedire qualsiasi tentativo di contrabbando di armi. L’esercito, in una nota, ha confermato di aver rafforzato la sorveglianza e di essere impegnato a migliorare le contromisure tecnologiche, sottolineando che se il problema non verrà risolto in tempi rapidi «potrebbe diventare una delle sfide più gravi per la sicurezza nazionale». Nel frattempo è stato raggiunto un accordo con il direttore dell’ISA per classificare il traffico di armi via drone come una vera e propria «minaccia terroristica» e non come un semplice crimine penale, così da consentire un intervento più ampio e mirato da parte dei servizi di sicurezza. Questa cooperazione tra esercito, polizia e intelligence rappresenta un tentativo di affrontare il fenomeno con tutti gli strumenti disponibili, includendo sia la prevenzione che l’azione diretta. Il parallelismo tra la volontà politica di introdurre la pena di morte e la necessità militare di contrastare il contrabbando via droni delinea la doppia strategia perseguita dal governo israeliano: aumentare la deterrenza interna colpendo duramente chi minaccia lo Stato e, allo stesso tempo, blindare i confini contro le infiltrazioni armate.