Italia latitante a Wimbledon, c’era il re di Alcaraz, i nostri temevano di portare jella?
- Postato il 15 luglio 2025
- Politica
- Di Blitz
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In Italia c’è chi vorrebbe imitare Emmanuel Macron: essere più duri nei confronti di Trump, non aver paura delle sue minacce sui dazi e rispondergli a tono con una serie di contromisure che potrebbero far tanto male agli Stati Uniti.
Nessuna genuflessione, quindi, ma schiena dritta e coraggio. È una bella ipotesi, questa, che inorgoglirebbe il nostro Paese.
Peccato che se si seguisse il principio della guerra commerciale non avremmo nessuna possibilità di vincerla. È inutile farsi illusioni e gonfiare il petto.
L’unica strada percorribile è quella indicata da Ursula Von der Leyen e da Giorgia Meloni: una trattativa che possa dare i suoi frutti prima dell’inizio di agosto, giorno indicato dall’ondivago Trump come data definitiva per accettare o iniziare un braccio di ferro pericoloso e senza sbocchi.
Ma è proprio l’atteggiamento del presidente a dare forza ai “macronisti”. Ormai alle sue sfuriate non crede più nessuno. Prima di essere eletto sosteneva che con lui alla Casa Bianca la guerra con l’Ucraina sarebbe finita in quarantotto ore. Poi prese tempo, riconoscendo il valore di Putin che non avrebbe messo ostacoli ad una tregua e poi alla fine del conflitto.
Oggi, il suo obiettivo è cambiato: all’Europa bisogna far pagare “tutti i soldi che ci ha rubato negli ultimi trent’anni: dazi al trenta per cento e nessuno sconto”.
Italia fra Europa e USA
La “pacchia” (sostantivo assai caro alla Meloni) finirà presto, nel giro di due settimane. Con un imperativo che potrebbe davvero mettere in ginocchio tutta l’economia del vecchio continente.
I sostenitori della linea dura non credono più a Trump: le sue giravolte durano lo spazio di un mattino. I si e i no si alternano con la velocità di un fulmine. Adesso pure le Borse fanno spallucce e non hanno quel crollo che tutti si aspettavano.
Il negoziato, la trattativa: non c’è molto da scegliere. I 27 paesi volenterosi seguono l’ipotesi del presidente della commissione europea e non hanno nessun dubbio su come comportarsi.
“Abbiamo tempo, il mese di luglio è lungo”, sostiene ostentando ottimismo il ministro degli esteri della Danimarca, Lars Rasmussen. Tanto più che Trump ha da ieri un’altra gatta da pelare: quella con Putin (il suo vecchio amico) a cui lancia un ultimatum: “Se entro cinquanta giorni, non si arriverà ad un cessate il fuoco, le sanzioni contro la Russia saranno pesantissime, raggiungeranno il cento per cento”.
Non solo, ma Kiev sarà “premiata” con i Patriot e tutto il resto. Il danaro necessario lo pagherà la Nato, quindi l’Europa: insomma noi contribuenti.
Ursula spera nei suoi amici di sempre, in primo piano Giorgia Meloni che ha con Trump un buon feeling. “Già, perchè non lo ha dimostrato finora rimanendo alla finestra”, afferma la sinistra di casa nostra. “Poteva intervenire, alzare il, telefono, parlargli anche con una certa durezza per fargli capire e convincerlo che in questo modo l’Occidente non varrebbe più nulla o quasi”.
Saranno giorni intensi quelli che ci dividono dai dazi alla Trump: l’Unione europea dovrà dimostrare di essere unita da cima a fondo, senza eccezioni. Ne sarà convinto pure il presidente dei francesi che dovrebbe fare un bagno di umiltà e aggregarsi al partito della trattativa.
A casa nostra, siamo maestri dei dualismi e delle divisioni. Certo i dazi sono una grande preoccupazione, ma non bisogna dimenticare i nostri guai. Le elezioni regionali sono alle porte e rappresenteranno una cartina di tornasole per il governo. Se non dovessero andar bene, la premier dovrebbe ingoiare un brutto rospo e temere un ribaltone.
Regionali in vista con liti
Ma a destra sono tranquilli, perchè l’opposizione continua a litigare, pure in Toscana dove i sondaggi non hanno perplessità. Invece, c’è Eugenio Giani che non la pensa come la Schlein e non vorrebbe lasciare ad altri la sua poltrona. “Prima si deve risolvere il problema della coalizione (leggasi campo largo), poi verrà il resto”, gli fa notare Elly.
Ma il responsabile del governo regionale non ci sente e non lo convincono nemmeno le tre ore di colloquio avute con la segretaria del Pd.
Pure nel governo non si respira un’aria tranquilla. La Meloni non ha abbandonato la madre di tutte le riforme, il premierato, però qualcuno insinua i primi dubbi e ritiene che questa legge deve essere rimandata a giorni migliori.
La tensione è grande nel mondo della politica: non ci si accorge nemmeno che a Londra per la prima volta un tennista italiano ha vinto il torneo più prestigioso del mondo, Wimbledon.
Sinner doveva vedersela con un altro giovane come lui, Carlos Alcaraz, un campione con la C maiuscola, In tribuna sedeva il re di Spagna andato a sostenerlo. Per Jannic chi c’era? Tutti assenti: da Mattarella alla Meloni passando per Ignazio La Russa. Silenzio assoluto. Forse avevano paura che il nostro atleta perdesse e loro sarebbero stati considerati degli jettatori. No, per carità: meglio non andare in Inghilterra.
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