Italia nel pallone, dallo sport alla politica vi dico perché siamo in crisi
- Postato il 9 giugno 2025
- Politica
- Di Blitz
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L’Italia è nel pallone? Non parliamo di calcio: in quello sport il disastro è chiaro dopo la batosta subìta contro la Norvegia.
L’interrogativo riguarda la politica, cioè a dire la maggioranza e la minoranza che hanno un solo obbiettivo: quello di parlare male l’uno degli altri. I problemi vengono dopo.
Se l’economia vacilla, se milioni di famiglie fanno i salti mortali per arrivare alla fine del mese (e non sempre ci riescono), se per fare una Tac si debbono aspettare speso sei, sette mesi, addirittura un anno, beh, dai non è una disgrazia.
Certo, non per loro, gli abitanti dei Palazzi, che non si possono lamentare guardando quel che guadagnano. Quindi, si va alla guerra per dimostrare chi è più forte, chi riesce ad assestare il colpo del KO. Nel mentre, la gente che soffre e si barcamena tra mille difficoltà può attendere.
L’ultimo esempio lo sta offrendo il voto del referendum: una battaglia quasi inutile perchè non certo con un no o con un si al jobs act si riesce ad uscire dal guado. Però, l’importante è farsi vedere, portare trecentomila persone in piazza perchè non si possa dire che quella, oggi, rappresenta la minoranza.
I leader della sinistra esultano, non stanno più nei panni per la felicità. Loro hanno già vinto, comunque vada il voto.
A destra si è più cauti, più attendisti: ai suoi esponenti interessa la realtà, non le chiacchiere o le manifestazioni di piazza che magari costano al contribuente altre tasse.
Tutti i titoli per il pallone in Italia

Questa è oggi l’Italia, lunedì nove maggio, di primo mattino. I titoli a caratteri cubitali sono tutti per il calcio. La nazionale è allo sbando, ha preso tre sberle nell’ultima partita ed ora la partecipazione al mondiale vacilla per la terza volta. Le previsioni sono più per il no che per il si, nemmeno fosse un secondo referendum.
Che cosa si fa in casi del genere? Si corre subito ai ripari sacrificando la vittima di turno. Vale a dire il commissario tecnico, al secolo Luciano Spalletti. Il quale, per carità, ha le sue colpe. Soffre della stessa malattia degli uomini politici che mostrano un paese tutto rose e fiori. Ripete che un match non vuol dire che si è nel mezzo della bufera.
Lo esonerano immediatamente, così le critiche si placheranno. “Io non mi sarei mai dimesso”, dice commuovendosi l’allenatore degli azzurri. Non basta per evitare il licenziamento, anche se per la partita di questa sera sarà ancora lui sulla panchina della nazionale.
Troppi stranieri in squadra
Il calcio è malato, segue l’iter della politica? Su questo non ci sono dubbi. Ma lo è più perchè mancano le persone che lo sappiano dirigere. Spalletti è fuori, d’accordo, ma il presidente della Federazione perchè non si dimette? Per quale ragione occupa ancora una poltrona che non merita? Come sempre sono i pesci più piccoli a finire in padella. I grandi se la squagliano o fanno orecchie da mercante.
Sono anni che la crisi del nostro calcio mostra le sue ferite. Le promesse sono sempre meno, i giovani che potrebbero arrivare in alto, hanno poche possibilità. Perché? Basta leggere le formazioni delle nostre squadre di serie A e B. Più della metà della “rosa” è straniera. Non solo tra le grandi, anche fra quelle compagini che lottano per non retrocedere.
Allora, come si f a costruire il futuro se non si dà ai ragazzi la possibilità di mettere in vetrina le loro qualità tecniche? Durante la campagna acquisti dell’estate si guarda sempre molto spesso in casa di altri prendendo magari certe bufale in Germania invece che in Inghilterra; in Svezia o addirittura nel continente nero fidandosi delle parole di qualche talent scout in cerca di fortuna personale.
È chiaro che se la situazione non cambierà radicalmente immaginarsi un futuro migliore è quasi impossibile. Sarebbe sufficiente tornare al passato quando in formazione ci potevano essere due, al massimo tre stranieri europei o non. Soltanto così potranno riemergere i nuovi Rivera, i nuovi Totti, i nuovi Mazzola. Facile una operazione del genere, però non la si affronta e le conseguenze sono quelle che possiamo toccare oggi con mano.
Quindi, via Spalletti. Si va alla ricerca di un altro coach che sappia riportare l’Italia in alto, mentre sarebbe più semplice cambiare le carte in tavola e ricominciare da capo. Non è salvando Gravina che si risolvono i problemi.
Così come non si risolvono i problemi della scuola mobizzando la preside di un istituto romano, la Montessori. L’insegnante, Anna Maria De Luca, ha la sola colpa di essere dalla parte del ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara il quale rivuole dare alla scuola in genere i valori di un tempo. Niente telefonini in classe, più disciplina, maggior rigore nei voti.
No, questo vuol,dire essere dei biechi reazionari che soprattutto il sindacato non può sopportare. Maurizio Landini ne è informato oppure pensa solo a come trovare un posto di prestigio una volta lasciata, obtorto collo, la Cgil?
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