Julio: una mano posata sul cuore della Spagna
- Postato il 14 novembre 2025
- Cultura
- Di Agi.it
- 2 Visualizzazioni
Julio: una mano posata sul cuore della Spagna
AGI - Creato dal governo spagnolo nel 1991 per promuove e diffondere lingua e cultura ispanica nel mondo, l’Istituto Cervantes copre 5 continenti con 88 centri dislocati nelle principali città di 45 Paesi. Dal 2022 quello di Roma è diretto da Ignacio Peyró, scrittore e giornalista madrileno di El Pais appena giunto nelle librerie italiane con ‘Carisma’ (Ponte alle Grazie), una biografia di Julio Iglesias che oltre alla vita del celeberrimo cantante di ‘Se mi lasci non vale’ ripercorre la storia recente della sua nazione. Un’operazione editoriale talmente originale da spingere l’AGI a chiederne informazioni proprio al suo autore.
Perché ha scelto proprio Julio Iglesias per parlare degli ultimi 60 anni del suo Paese?
All’inizio, in realtà, non sapevo che il progetto avrebbe preso questa forma. Sono partito dall’idea di raccontare l’avventura umana di un personaggio eccezionale, per poi rendermi conto che la storia recente della Spagna poteva essere ripercorsa attraverso la sua. La vicenda di Iglesias accompagna quella della nazione: era già celebre negli ultimi anni del franchismo, come esponente della cultura popolare del tempo, ma poi ha cantato il 15 giugno 1977 nella notte elettorale in cui è rinata la democrazia spagnola, ed infine, quando la minaccia terroristica dell’ETA scuoteva il Paese, ne è stato vittima in prima persona con il rapimento di suo padre.
Da uomo di destra, ha avuto un felice rapporto con tutti i politici socialisti, rappresentando il volto della Spagna che si apriva al mondo insieme a personaggi come il re Juan Carlos, Adolfo Suàrez, Felipe Gonzales ed il campione di golf Severiano Ballestreros. Quaranta anni fa Julio ha cantato alla Casa Bianca imponendosi come primo ispanofono di successo anche tra i non latinos, tanto da conquistare addirittura il difficilissimo pubblico anglofono. Con i suoi oltre 300 milioni di dischi venduti nel mondo, quando si compravano davvero, è stato un pioniere nella diffusione di una cultura ed una lingua che ora negli USA parlano 60 milioni di persone. Dopo di lui, quella che era un minoranza ha acquistato visibilità e dignità. Il suo percorso ha aperto la strada a moltissimi altri artisti, da Jennifer Lopez a Bad Bunny.
Cosa pensa Iglesias del suo libro?
Non si tratta di una biografia autorizzata, ma quando ho iniziato a scrivere ne è stato informato ed il suo manager mi ha contattato, riferendomi che era contento. Oltre a tracciare un suo ritratto da un punto di vista anche culturale, aspetto non usuale per il personaggio, il libro sta avendo ottimi riscontri: uscito in marzo, in Spagna è ormai quasi giunto alla quinta edizione, otre ad essere stato distribuito in tutta l’America Latina e tradotto in portoghese, francese e italiano.
Dichiaratamente di destra fin dagli esordi, non solo Iglesias ha saputo mantenere il successo anche nelle Spagna post franchista, ma l’ha accresciuto fino a diventare una gloria nazionale: come è stato possibile?
Credo abbiano concorso due fattori. In primis, va detto che la cultura popolare del tardo franchismo ha avuto tale influenza in tutto il Paese da sopravvivere all’arrivo della democrazia. Inoltre, alla fine degli anni ’70, Iglesias ha intuito di dover compiere un passo decisivo trasferendosi a Miami, proprio quando in Spagna la musica si modernizzava e nasceva la cosiddetta ‘movida’. Se fosse rimasto, la nuova onda l’avrebbe reso vecchio, ma lui aveva già raggiunto un pubblico mondiale e stava rappresentando la Spagna nel mondo aprendo anche un ponte verso l’America Latina.
Con il suo essere divo, quanto ha contribuito il personaggio Iglesias alla nascita del cosiddetto giornalismo di gossip?
Moltissimo. L’attenzione riservata a lui e alla sua prima moglie Isabel ha sostanzialmente determinato in Spagna la nascita di un genere di giornalismo, che negli anni avrebbe riscosso enorme successo: la cosiddetta stampa del cuore. Anche in questo senso è stato un pioniere. Il suo impatto sull’immaginario popolare rappresenta una profonda impronta lasciata sulla nostra cultura.
Mano sul cuore in scena, 3000 conquiste femminili dichiarate: come sarebbe giudicato oggi Julio da un’opinione pubblica dall’etica completamente mutata?
Credo che quel tipo di personaggio non sarebbe accettato. La suo fama di latin lover nacque nei primi anni ’80 dopo la separazione da Isabel, quando lo staff che lo seguiva decise che un’immagine da donnaiolo avrebbe potuto contribuire ad affascinare il pubblico mondiale. A differenza di altri, Iglesias non è però mai caduto vittima della cosiddetta ‘cancel culture’, essendo davvero stato un sex symbol. Le donne lo adoravano: più che un predatore, Iglesias poteva quasi dirsi un predato.
Negli ultimi anni la lingua di Cervantes è divenuta l’esperanto della musica mondiale: deve più lo spagnolo a Iglesias, o Iglesias allo spagnolo?
Difficile a dirsi. Penso che Julio sia stato provvidenziale per la diffusione del nostro idioma nel mondo, ma che sia altresì giunto sulla scena internazionale proprio quando lo spagnolo cominciava a diventare importante. Direi si possa parlare di rapporto alla pari.
Cosa resta del mito di Julio Iglesias nella Spagna del 2025?
Da noi, il mese di luglio è chiamato Julio. Ed ogni volta che arriva ci si scambia messaggi e meme divertenti con Iglesias come protagonista: ’ecco Julio’, ‘Julio è caldo’, ‘Julio se ne va’. Tuttora, l’affetto che suscita resta enorme.
Continua a leggere...