Juventus-Inter, cosa ha detto il Derby d’Italia
- Postato il 13 settembre 2025
- Di Panorama
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Non sarà decisivo, come ampiamente previsto alla vigilia, però il derby d’Italia numero 254 della storia ha lasciato qualche indicazione importante per provare a decodificare pregi e difetti delle squadre di Tudor e Chivu. Ha vinto la Juventus in extremis con una perla di Adzic nella serata delle prime volte (primo gol per lui e anche per Kelly) e il verdetto fa malissimo soprattutto a Chivu perché i nerazzurri non perdevano due partite nelle prime tre del campionato addirittura dal 2011, annata che resterà nella storia per l’esonero lampo di Gasperini. Non è detto finisca così anche per il romeno, però la realtà di questo avvio di stagione fotografa difficoltà superiori a quelle preventivate.
La Juventus, invece, vola a punteggio pieno. Anche questa non è una sentenza e però indica anche come i bianconeri siano candidati serissimi per stare in alto a dare fastidio a chi vorrà vincere lo scudetto: Tudor le ha dato un’identità precisa e le ha insegnato anche l’arte della resistenza, servirà aggiungere qualcosa alla fase offensiva per completare il progetto.
Inter indifesa, per Chivu è già l’ora dei processi
Aver perso una partita giocata nemmeno male, comandata a lungo e messa in discesa a un quarto d’ora dalla fine non è una consolazione per Chivu ma un atto d’accusa. La reazione rispetto al nulla messo in campo contro l’Udinese c’è stata, però non basta come consolazione. L’Inter ha tanti problemi, quello principale è che incassa praticamente un gol per ogni situazione pericolosa creata dall’avversario.
I numeri sono da brivido: 6 reti prese in tre partite, nate da errori individuali (Sommer non impeccabile per usare un eufemismo) e di tattica perché la difesa sulle palle inattive, che erano un dei vanti di Inzaghi, è diventata un punto debole. Sembra incredibile, ma è così: questione di concentrazione ma non solo.
La classifica lascia ampi margini di recupero, mancando 35 giornate, a patto di intervenire in fretta sui difetti strutturali di una squadra. Il primo, già analizzato, la difesa. Secondo: la testa, perché è impossibile uscire di partita tutte le volte che l’inerzia sembra sotto controllo. Terzo: alcuni uomini chiave sono molto al di sotto del loro standard, come se le vacanze estive non fossero state sufficienti a riempire nuovamente il serbatoio delle energie svuotato dalla scorsa stagione.
La partenza ad handicap mette Chivu sotto i riflettori ed il quarto grande tema che l’Inter porta a casa dalla trasferta a Torino. Il passaggio da Simone Inzaghi al quasi debuttante romeno non poteva essere semplice, un azzardo evidente che la società si è presa e che ora obbliga Marotta ad alzare un muro difensivo nei confronti del tecnico. E’ stato lui a metterlo sulla panchina interista, dovrà essere lui a puntellarlo in assenza di risultati difendendolo agli occhi dei tifosi, sfiduciati, e legittimandolo in uno spogliatoio che ancora non parla la sua stessa lingua calcistica.
La Juventus gode, ma così non è da scudetto
La Juventus gode, a ragione, per una vittoria arrivata nel modo più dolce che un tifoso si possa immaginare. Al netto dei tre punti, la cosa migliore per i bianconeri è l’adesione totale tra la squadra e l’uomo che la conduce in panchina: Tudor chiede sacrificio e sacrificio ottiene da tutti, indistintamente. Prova a liberare talento e incoscienza e, allo stesso modo, ne riceve indietro il massimo del fatturato.
Un idillio che sta rendendo tanto in questo avvio di stagione, ma che nasconde anche qualche pericolo. Ad esempio, l’immagine dei bianconeri chiusi negli ultimi trenta metri a difesa del vantaggio contro l’Inter ha ricordato qualcosa della Juve di Allegri che godeva certamente di peggiore stampa, ma che alla fine smetteva anche di fare risultato quando non tutto era perfetto.
Gli uomini su cui ruota il meccanismo costruito da Tudor sono Bremer in difesa e Yildiz davanti. Il centrale brasiliano è un muro, anche se il derby d’Italia ha visto aprirsi delle crepe. Il turco è semplicemente il giocatore con maggiore talento in questo momento in Serie A: una tecnica straordinaria unita a un processo di crescita verticale. E’ solo un 2005, andrebbe ricordato sempre quando si parla dei margini di miglioramento di un ragazzo che veste con pieno merito la maglia numero 10 che fu, tra gli altri, di Platini e Del Piero.
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