K-pop in Italia, la rivoluzione è adesso: BLACKPINK e Stray Kids scrivono la nuova era
- Postato il 7 agosto 2025
- Di Panorama
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Milano non è mai stata così luminosa. Le luci rosa dell’Ippodromo SNAI La Maura disegnano un orizzonte che sa di rivoluzione: il K-pop ha finalmente scelto l’Italia come una delle sue case, e questa volta non è una tappa casuale. È un segnale potente, un “we’re not going anywhere” che fa tremare le fondamenta di un mercato musicale che per anni ha ignorato la voce di una fanbase enorme, determinata, instancabile.
Le BLACKPINK salgono sul palco e l’aria si accende. Ogni nota è un inno a un amore che i Blink italiani hanno coltivato per anni, tra notti insonni a guardare live streaming coreani, album importati a peso d’oro, e viaggi di centinaia di chilometri per inseguire un sogno che sembrava sempre un po’ più vicino a Berlino, a Londra, a Parigi… ma mai a casa nostra. Fino a oggi. L’Ippodromo SNAI La Maura ci aveva già provato l’anno scorso. Un test agli iDays con gli Stray Kids superato egregiamente con un sold out e una resilienza unica visti i disagi climatici. Oggi, dopo le BLACKPINK, possiamo dire con certezza che il La Maura è diventato il cuore pulsante del K-pop italiano, un punto di arrivo e, soprattutto, un nuovo punto di partenza.
E se le BLACKPINK sono il sigillo regale su questa storia, c’è un’altra trama che merita di essere raccontata: quella degli Stray Kids.

Un anno fa Milano li aveva accolti come pionieri, la prova vivente che anche l’Italia poteva essere un palco per il K-pop di altissimo livello. Quest’anno il passo si è fatto ancora più audace: Roma, lo Stadio Olimpico, un salto che non è solo geografico ma simbolico. Il K-pop abbraccia tutto il Paese, da nord a sud, dimostrando che possiamo farcela. Non solo a ospitare eventi di portata mondiale, ma a riempire gli stadi, a rispondere con una passione che non teme paragoni. È un “Step Out” reale, concreto, quello che i fan italiani hanno compiuto, e l’industria lo ha finalmente riconosciuto.
Non dimentichiamoci degli ATEEZ, che hanno aperto il 2025 con una tappa sold-out, tracciando una strada che oggi sembra non volersi più chiudere. “Say My Name”, cantavano, e l’Italia ha risposto a gran voce, tanto da meritarsi più nomi, più date, più opportunità di vivere la magia del K-pop dal vivo.

Anche Jay B dei GOT7 ha lasciato il segno a Milano, con un secret show che ha trasformato il Fabrique in un rifugio di luci verdi e voci intrecciate. Un momento più intimo rispetto ai grandi stadi, ma ugualmente potente, che ha confermato quanto il K‑pop riesca a creare legami profondi e duraturi anche lontano dai riflettori più abbaglianti. Un altro tassello di un’Italia che ormai non è più solo spettatrice, ma parte viva di questa mappa globale.

Quello che sta accadendo oggi è più di una serie di concerti. È un cambiamento di passo, una rivoluzione culturale che unisce generazioni, che abbatte confini linguistici, che trasforma la musica in un ponte capace di collegare Seoul a Milano, Busan a Roma, Jeju alla Sardegna (si, le due isole sono gemellate. ndr) senza scali intermedi. Il K-pop non è solo intrattenimento, è identità, è comunità, è la forza di sentirsi parte di qualcosa di immenso e globale, senza smettere mai di essere se stessi.
Le BLACKPINK all’Ippodromo SNAI La Maura non sono solo quattro regine sul palco. Sono la promessa che il K-pop in Italia ha un futuro. Un futuro in cui le luci dei lightstick illumineranno non una sola città, ma tante. In cui i fan non dovranno più chiedersi se un gruppo “arriverà mai qui”, ma solo quando e dove. Un futuro in cui, tra un “Ddu-Du Ddu-Du” urlato a squarciagola e un “God’s Menu” che infiamma le piazze, l’Italia diventa un punto fermo della mappa mondiale del K-pop.
E questa volta, lo possiamo dire senza paura: ce la stiamo facendo. E bene.