Keynote noiosi. Riuscirà Apple a tornare ai fasti del passato?

  • Postato il 14 giugno 2025
  • Di Il Foglio
  • 1 Visualizzazioni
Keynote noiosi. Riuscirà Apple a tornare ai fasti del passato?

Un giorno di circa dieci anni fa, decisi di fare una cosa un po’ matta: riguardarmi tutti i keynote storici di Apple. Non solo quelli più famosi, ma proprio tutti, partendo dalla conferenza del Macworld Expo del 1997, quando Steve Jobs tornò ufficialmente alla guida dell’azienda.

 

 

Nel corso degli eventi successivi, gettò le basi della rinascita dell’azienda: i nuovi Mac, la riorganizzazione dell’offerta, il concetto di “digital hub”… fino all’annuncio dell’iPod. Tutti si ricordano l’iPhone, certo, ma chi ha visto il keynote dell’iPod, quello del 2001? Un evento piccolo, con un pubblico freddino, in cui Jobs parlò di hard disk e mp3, prima di svelare, con la solita teatralità, la novità: un oggetto piccolo con una rotella e dei pulsanti.

 

Un evento simile si è tenuto anche questa settimana, lunedì, quando si è tenuto la WWDC, la conferenza annuale dedicata agli sviluppatori di Apple. Nonostante tutto, però, questa volta, seguendo l’evento in diretta, ho pensato a una cosa che raramente mi capita davanti a uno show Apple: che noia.

 

Non è una questione di formato. Dal 2020, in epoca post-pandemica, i keynote di Apple sono diventati una serie di infomercial ad alta definizione: bellissimi, colorati, curati nei dettagli. La regia impeccabile, il ritmo da spot pubblicitario, la perfezione visiva dell’Apple Park trasformato in set. Fin qui non ci sarebbero problemi: a me le televendite ben fatte piacciono. Il problema è un altro: mancava il prodotto forte, quello capace di spostare l’asse dell’attenzione.

 

L’anno scorso, nello stesso evento, Apple aveva annunciato “Apple Intelligence”, la sua visione dell’intelligenza artificiale. Una suite di strumenti promettenti, in teoria, ma ancora molto vaga. Il cuore dell’annuncio era una Siri rinnovata, più conversazionale, in grado di competere con i chatbot moderni. In pratica, però, quella Siri non è mai arrivata.

 

Nel video più discusso di Apple Intelligence, una donna è a una festa, vede un uomo che le sembra familiare, lo ha conosciuto a un pranzo un mese prima ma non si ricorda il nome. Così lo chiede a Siri, che ha accesso alle sua mail e al suo calendario e dà subito la risposta. Un’utopia, insomma.

 

Peccato che, ad oggi, Siri questa cosa non la sappia fare. Non stupisce che Craig Federighi, uno dei volti principali dell’azienda, abbia aperto l’evento con cautela, citando Siri una sola volta e promettendo novità “in futuro”. Ma intanto, WWDC è sembrato più debole che mai. E questa incertezza pesa: Apple è storicamente un’azienda prudente, che annuncia solo ciò che può consegnare. Se oggi inizia a mostrare sogni che non riesce a realizzare, la magia si rompe.

 

Non sono mancate le buone notizie, come il nuovo Spotlight, che sembra promettente: una funzione di ricerca potenziata, con ambizioni “intelligenti”, che potrebbe aprire la strada alla Siri di nuova generazione. Quando (e se) arriverà.

 

Nel frattempo, e questo non è una questione secondaria, lo spazio lasciato da Apple viene occupato da altri. Lo si è visto chiaramente al Google I/O di poche settimane fa, dove l’azienda di Mountain View ha presentato un arsenale di novità AI. Ma anche Nvidia e OpenAI, con i loro eventi spettacolari, sembrano ormai gli eredi del vecchio spirito dei keynote Apple.

 

E non è solo una questione di tecnologia: è una questione di leadership. Avere un fondatore carismatico fa la differenza. Steve Jobs sapeva guidare e raccontare; Tim Cook è competente e solidissimo, ma non è un narratore, né una rockstar. Craig Federighi si impegna, ma non basta.

 

E così, la nostalgia monta. Nostalgia per un’epoca in cui Apple non seguiva il mercato, lo guidava. In cui ogni evento era un momento di svolta, anche se non sembrava tale. Oggi l’azienda sembra in ritardo, impacciata nel linguaggio dell’intelligenza artificiale, costretta a inseguire. E non è una posizione che le si addice. Il sospetto, ormai, è entrato anche nel giardino perfetto di Cupertino: e se le cose annunciate da Apple non esistessero davvero? È una crepa nel muro. Piccola, ma significativa.

Continua a leggere...

Autore
Il Foglio

Potrebbero anche piacerti