l caldo annienta la maturità (e il sistema scuola)

  • Postato il 28 giugno 2025
  • Di Panorama
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A Milano si sfiorano i 38 °C, le notti non scendono sotto i 25, l’afa incolla l’aria ai vestiti, la città trattiene il calore come una pentola chiusa, e non è un caso se negli ultimi giorni i giornali hanno acceso i riflettori sull’isola di calore urbana che non trova refrigerio e sul fatto che solo il 17% del territorio cittadino è coperto da alberi, meno della media europea del 28%.

Nonostante si registrino iniziative di piantumazione e progetti di verde, la percezione per chi attraversa la città è chiara: gli alberi calano, per calamità o per tagli, e spesso si sostituiscono con piante più giovani, meno ombreggianti, incapaci di equilibrare gli estremi termici che la città subisce ogni estate, e ogni estate di più.

E proprio mentre Milano si riscalda per carenza di verde e per i soffioni dei condizionatori di ogni appartamento, di ogni ufficio, di ogni struttura anche pubblica, nelle sue scuole si svolge l’ultimo atto dell’esame di maturità sotto il sole che colpisce l’asfalto e penetra nelle aule di edifici costruiti decenni fa e mai dotati di impianti di condizionamento. Così in queste aule affollate per ore e ore, le finestre spalancate spostano solo poca aria calda e nei corridoi i ventilatori gracchiano inutile aria tiepida. Il rituale dell’ultima interrogazione appare così ancora più logoro.

Per questioni climatiche, per stanchezza, per disattenzione, sia come sia, a dominare pare essere la fretta: la voglia di chiudere e di concludere l’orale per salutare il sistema scolastico che ormai va stretto, ma anche la fretta dei docenti e delle commissioni, figlia di un’ansia burocratica e organizzativa che si intreccia alla paura dei ricorsi, delle verbalizzazioni sbagliate, delle formule da ripetere come automatismi.

È una paura che annienta la spontaneità e rende l’orale un passaggio obbligato invece che un confronto culturale – perché abdicare?! perché non scriverlo così come dovrebbe essere?! – e accanto a tutto questo cresce la stanchezza, visibile sul volto dei maturandi e nei gesti dei professori, sempre meno tolleranti verso gli altri, tra loro, verso le condizioni ai limiti in cui lavorano, verso i genitori, i fiori, lo champagne e così via.

Con ragione, a torto, non è questo il cuore della questione che si sta trattando. In questa cornice urbana arroventata e opprimente, la figura adulta – quella del docente, del dirigente, del genitore – dovrebbe aiutare a prendere fiato e a respirare, invece appare sempre più lontana, divisa tra la volontà di accompagnare e l’incapacità di farlo, e i ragazzi escono così dalle scuole sudati, ansiosi, certo sollevati, ma portandosi dietro la sensazione di aver attraversato un rito incompiuto, frettoloso, superficiale, e di non essere stati ascoltati davvero, di aver terminato non tanto un percorso, ma una corsa verso un traguardo che nessuno poi guarda davvero, fatto di compromessi e numeri che, pubblicati, saranno spiegati poco, frettolosamente, invitando a non pensarci più. Incredibile ma vero.

Milano brucia, Milano muore di caldo, Milano galleggia sui suoi oltre 500 mila alberi che dovrebbero difenderla ma si rivelano piano piano stanchi, insufficienti, deboli, e intanto la maturità boccheggia nella calura come un’altra occasione persa per ripensare la scuola, la città, la consapevolezza di ciò che serve davvero per abitare un futuro che già brucia oggi.

Autore
Panorama

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