La bandiera cucita da nonna, i bus partiti all’alba, i cartelli di cui non si parla: vi racconto il corteo per Gaza. Quella marea umana risponde alla domanda: “Tu dov’eri mentre uccidevano i bambini?”

  • Postato il 5 ottobre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Caro direttore, in corteo ho visto una signora con una bandiera palestinese cucita a mano con pezzi della tovaglia: “L’ha fatta mia mamma”. I bambini di una scuola elementare cantare: “Siamo il grido altissimo e feroce di tutti quei bambini che più non hanno voce”. Un ebreo con la kefiah. Una ragazza trasformare una lingua morta in una viva: “Cogito, ergo Sumud”, aveva scritto sul cartello. Sumud, la parola intraducibile per dire del resistere con perseveranza dei palestinesi, del ricostruire le case che i bulldozer dei coloni israeliani tirano giù. Ho visto cartelli scritti sul retro della scatola dei cornflakes, striscioni di ogni città con i suoi abitanti al seguito: Salerno per Gaza, La Sabina per la Palestina: “Mamma, ma Lecco non è lontanissima?”. “Sì”. Famiglie in pullman per ore, in marcia per ore, bambini in braccio, nonne scortate dai nipoti per stare dove bisognava stare: al fianco di chi non tollera che non si faccia niente per fermare il genocidio. Pigiati stretti, con chi come te non accetta di fare come se niente fosse mentre le bombe e la fame uccidono e chi sgancia quelle bombe spaccia lo sterminio per legittima difesa, sostiene che la distruzione di ogni ospedale e casa sia una necessità, che sparare ai civili in fila per il pane serva a garantire l’ordine, che bloccare le navi cariche di aiuti umanitari serva a far rispettare la legge. Che balle! Che scandalo! Come osano? Perché nessuno li ferma? Come non infuriarsi? Dove altro stare se non qui?

Non ho visto né la testa né la coda del fiume in piena che ha rotto gli argini del silenzio e della complicità. Seguivo il moto di gambe e zaini e cartoni trscinata dalla marea pacifica e risoluta e pensavo ai giornalisti che in questi due anni hanno fatto da scorta mediatica al genocidio. Pensavo che mentre noi eravamo lì a sventolare bandiere arrivate da Trento e da Bari loro erano in redazione o in salotto a descrivere il clima d’odio di un corteo al quale non aveva preso parte, a spacciare per odio il suo contrario: la compassione. A muovere il corteo era l’indignazione collettiva per lo sterminio di migliaia di innocenti, la rivolta contro l’oppressione e i suoi complici, la rabbia nei confronti di un governo che non fa niente per fermare il genocidio. Era palpabile, e bisognava proprio non esserci per raccontare la giornata cercando tra un milione di teste il vandalo, il teppista, il fiancheggiatore del terrorista, l’infiltrato incappucciato allontanato dai manifestanti, a eleggerlo rappresentante e portavoce di questo fiume umano di persone presenti per una ragione semplice: non si capacitano di come non si riesca a fermare Israele. L’ho detto e uno ha commentato: “I giornalisti dicano quello che vogliono, noi invece vogliamo quello che diciamo: basta genocidio“.

Vorrei rassicurarvi, colleghi che non c’eravate. La forza che gonfia questa moltitudine infinita e variegata e la tiene insieme non è l’odio, non è il pregiudizio nei confronti di Giorgia Meloni, non è l’antisemitismo che agitate a sproposito per giustificare lo sterminio e la pulizia etnica in Palestina. È questo preciso sgomento: “Come può compiersi un genocidio sotto gli occhi del mondo?“. La forza che muove i cortei che da giorni riempiono le piazze non è quella che lancia una molotov ma quella che muove le mani che scrivono sul cartone “I popoli salvano i popoli” e “Il popolo italiano resta umano” e “Nicaragua con vos” e “Un Weekend lungo quanto un genocidio” e “I bambini contano ma fino a un certo punto” e “Che straminchia ho studiato a fare giurisprudenza se il diritto internazionale vale fino a un certo punto?”. L’energia che alimenta le manifestazioni per la Palestina è quella che muove la mano che cuce la bandiera di un altro per farne la propria, portarla in piazza, dire “Non in mio nome”, perché quando i figli, i sopravvissuti, ci chiederanno “Ma tu dov’eri? Anche tu lasciavi correre mentre ammazzavano i bambini come mosche?” bisognerà poter dire loro che No, io ho cercato di fermarli, io ho digiunato, pregato, smesso di pregare, perso il sonno, perso gli amici che lasciavano correre, fatto amicizia con chi era preoccupato come me, smesso di comprare il giornale che compravo prima perché sembrava non gli importasse niente dei civili morti e trovava sempre una giustificazione e io allora ho studiato, ho capito, ho boicottato, io ho cercato di bloccare tutto, io, papà e un milione di altre persone che quel giorno “La vedi questa foto? Abbiamo preso il pullman all’alba per andare a Roma. La vedi la bandiera? L’ha cucita nonna, con l’asciugamano, la tovaglia e il panno verde del tavolo da gioco“.

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Il Fatto Quotidiano

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