La battaglia di Dunkerque per non diventare la nuova Taranto: Arcelor-Mittal annuncia licenziamenti, operai in piazza
- Postato il 2 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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È stato il primo maggio di Dunkerque. Su appello dei sindacati, i lavoratori del settore siderurgico sono scesi ieri nelle strade della città del nord – simbolo di una delle più importanti battaglie della Seconda Guerra Mondiale, quando le truppe alleate, circondate dai nazisti sulla spiaggia, riuscirono comunque a evacuare 380.000 soldati – per protestare contro il massiccio taglio di posti lavoro annunciato in settimana dal gigante dell’acciaio ArcelorMittal: 1.400 posti in tutta Europa, di cui esattamente 636 solo in Francia. I tagli riguardano i sette stabilimenti ArcelorMittal di Florange, Basse-Indre, Mardyck, Mouzon, Desvres, Montataire e appunto Dunkerque, tra tutti il sito più colpito: qui sono minacciati 295 posti (su 3.200). A sostegno dei dipendenti dell’azienda che rischiano di perdere il lavoro, hanno raggiunto la marcia di ieri diverse figure della sinistra, tra cui Olivier Faure, il segretario generale del partito socialista, e l’ecologista Marine Tondelier. Nelle ultime ore, la pressione è cresciuta sul governo francese, accusato dai sindacati di non essersi mobilitato subito per evitare i licenziamenti. Stamattina, il deputato ecologista Benjamin Lucas, che appena lo scorso marzo aveva creato una commissione d’inchiesta parlamentare “per fare luce sulle mancanze delle autorità pubbliche di fronte al crescente numero di piani di ristrutturazione delle aziende”, ha annunciato la convocazione “entro due o tre settimane al massimo” della direzione di ArcelorMittal, “che dovrà rispondere sotto giuramento alle domande su questa decisione di licenziamento di massa, che non ha alcuna giustificazione economica”.
Dunkerque dunque dopo Taranto? Nella città del nord, la battaglia sindacale è appena iniziata. Ma la mobilitazione di ieri, che ha riunito 1.500 lavoratori, secondo il sindacato CGT, in prima linea, è già considerata “storica”. Ma un’“altra Ilva” in Francia c’era già stata. Qui gli eventi delle ultime ore rinviano al trauma del 2012 di Florange, in Mosella, regione simbolo della deindustrializzazione della Francia: all’epoca sempre ArcelorMittal decise di fermare i due altiforni che producevano acciaio grezzo, scatenando uno dei più lunghi conflitti sociali in Francia degli ultimi decenni per salvare centinaia di posti di lavoro. In piena campagna presidenziale, il candidato socialista François Hollande, che vinse le elezioni, si recò sul posto, al fianco degli operai, garantendo la sopravvivenza degli altiforni. Il suo governo poi firmò un accordo con il colosso dell’acciaio che si impegnò a non effettuare licenziamenti e a investire per rilanciare il sito. Nel 2018 i due altiforni furono definitivamente chiusi. Ora lo stabilimento di Florange potrebbe perdere 194 posti di lavoro.
Per giustificare la sua decisione, il gruppo siderurgico, numero uno in Europa e numero due nel mondo, ha puntato il dito contro la “crisi dell’acciaio in Europa”, su cui pesa la concorrenza dell’acciaio cinese. ArcelorMittal ha indicato un “calo del 20% della domanda in cinque anni e il forte aumento delle importazioni, che ora rappresentano il 30% del mercato”. L’azienda spiega di “prendere in considerazione misure di riorganizzazione per adattare la sua attività al nuovo contesto di mercato”. Da parte loro, i sindacati accusano ArcelorMittal di aver investito sempre meno nei suoi siti francesi, malgrado l’ottima salute finanziaria del gruppo, che nel 2024 ha realizzato un fatturato di 62,4 miliardi di dollari (55 miliardi di euro), con un utile netto di 1,34 miliardi. In settimana, il gruppo ha anche annunciato un utile netto di 805 milioni di dollari per il primo trimestre 2025. Nel 2023, ArcelorMittal aveva annunciato un vasto programma di decarbonizzazione del sito di Dunkerque (che genera il 3% circa delle emissioni di CO2 della Francia), con un investimento di 1,8 miliardi di euro entro il 2023 e un sostegno dello Stato pari a 850 milioni. Ma poi, alla fine del 2024, il programma è stato sospeso perché giudicato dall’azienda “economicamente non redditizio”.
Per gli abitanti di Dunkerque, lo stabilimento ArcelorMittal rappresenta il “polmone” dell’economia locale. “Se ArcelorMittal cade, è tutta la regione che sarà minacciata. Si creerà un effetto domino per l’economia e i nostri servizi”, ha detto ieri Gaëtan Lecocq, segretario CGT ArcelorMittal Dunkerque. In un comunicato comune, socialisti e ecologisti hanno chiesto un “intervento immediato” del governo, proponendo di mettere ArcelorMittal “sotto la tutela dello Stato”. Boris Vallaud, presidente del gruppo Ps in Assemblea, presenterà un progetto di legge che obblighi l’azienda “a continuare la sua attività e a mantenere l’occupazione, anche in perdita, per un determinato periodo”, al fine di “trovare un acquirente”, “investitori’ o per “attuare una nazionalizzazione parziale”. Il partito della sinistra radicale La France Insoumise, così come la CGT, ha chiesto senza mezzi termini al governo di “nazionalizzare” ArcelorMittal: “Hanno approfittato del nostro Paese con la complicità di chi ha continuato a elargire denaro pubblico a questa azienda. Non permetteremo che queste fabbriche vengano vendute o chiuse”, ha detto Jean-Luc Mélenchon, il leader LFI. Agire in fretta, dunque, come ha fatto il governo britannico ad aprile prendendo il controllo di British Steel. Ma il ministro dell’Industria, Marc Ferracci, ha già risposto picche: la nazionalizzazione “non è la risposta giusta” alla crisi, ha detto. Intanto, il capo della CGT di Dunkerque, Gaëtan Lecocq, ha lanciato un appello a continuare la mobilitazione, invitando tutto il settore della siderurgia in Francia a raggiungere Parigi il 13 maggio: “Questa non è una battaglia, ma una guerra. E sappiamo che durerà mesi e mesi”.
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