La Camera Usa approva il maxi pacchetto fiscale che impoverisce i poveri e arricchisce i ricchi. “Crudeltà eccezionale”
- Postato il 22 maggio 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Giovedì mattina, dopo una seduta notturna di dibattito e votazioni, la Camera dei rappresentanti ha approvato per un solo voto, con 215 sì e 214 contrari, il maxi pacchetto fiscale da quasi 4mila miliardi che concretizza l’agenda elettorale di Donald Trump al prezzo di un esorbitante salita dell’indebitamento federale. Oltre 1000 pagine che rendono permanenti e rafforzano tagli di tasse varati durante la sua prima presidenza, aumentano i fondi per difesa, deportazione dei migranti e controllo delle frontiere e ridimensionano i programmi di welfare. Il tycoon due giorni fa è andato di persona al Congresso per convincere la frangia più conservatrice dei Repubblicani, che ha ottenuto un’accelerazione della fine dei crediti d’imposta per l’energia pulita approvati dall’amministrazione Biden e un anticipo della data di inizio dei nuovi requisiti lavorativi per i beneficiari del programma di assistenza sanitaria Medicaid. Il disegno di legge passerà ora al Senato, dove sono attese modifiche significative. (
Secondo stime preliminari del Congressional Budget Office aggiornate al 20 maggio (vedi grafico sotto), quello che Trump chiama “Big, beautiful bill” e su cui punta per risollevare i consensi affossati dalle prime conseguenze della guerra dei dazi è un provvedimento estremamente regressivo, che danneggia le famiglie più povere a vantaggio delle fasce più benestanti. In caso di varo definitivo, il decile più basso della distribuzione del reddito vedrà ridursi le risorse a disposizione del 2% nel 2027, quota che salirà al 4% dal 2029, a causa della riduzione di trasferimenti in natura come lo stesso Medicaid e i buoni alimentari. Sul fronte opposto, il 10% delle famiglie con redditi più alti incasserà un guadagno medio del 4% nel 2027 e del 3% nel 2029, grazie alla proroga e all’irrobustimento dei tagli fiscali introdotti dal Tax cuts and jobs act del 2017. Contribuisce il fatto che un gruppo di Repubblicani eletti in Stati ricchi, tradizionalmente Democratici, abbia condizionato il proprio appoggio al testo a un innalzamento da 10mila a 40mila dollari del tetto alla deducibilità delle tasse statali e locali da quelle federali. Una ulteriore concessione ai contribuenti più abbienti con cui il Grand Old Party spera di ottenere ritorni elettorali al voto di Midterm.
Dal punto di vista dell’impatto sulle disuguaglianze il nuovo progetto di legge fa impallidire la riforma del 2017, che già favoriva in modo sproporzionato i redditi più alti ma almeno prevedeva qualche beneficio temporaneo anche per la classe media. “Causerà immense, quasi inconcepibili difficoltà al 40% più povero degli americani. La sua crudeltà è eccezionale anche per i recenti standard della destra”, ha commentato l’economista premio Nobel Paul Krugman nella sua newsletter su Substack. “Inoltre, il modo in cui questa crudeltà verrà attuata è degno di nota perché si basa su affermazioni che sappiamo non essere vere e su politiche che sappiamo non funzioneranno”. Come il fatto che i quasi 70 milioni di beneficiati di Medicaid siano in maggioranza “divanisti” che abusano del welfare. I Democratici parlando di “tuffa fiscale” in stile Robin Hood alla rovescia – rubare ai poveri per dare ai ricchi – che “danneggerà soprattutto le famiglie che lavorano, mentre garantirà enormi vantaggi ai miliardari come Elon Musk”, come da accusa del leader democratico alla Camera Hakeem Jeffries.
Ma il pacchetto, in cui compaiono anche gli annunciati aumenti delle tasse per le università private invise alla Casa Bianca e per cittadini e aziende di Paesi che applicano a entità statunitensi imposte “inique”, potrebbe avere conseguenze pesanti non solo per la working class e le famiglie svantaggiate. L’esplosione del deficit federale che ne deriverà ha fatto salire l’attenzione sull’enorme debito pubblico americano, di cui l’agenzia Moody’s venerdì scorso ha abbassato il rating. I rendimenti richiesti dagli investitori per comprare titoli di Stato Usa, solitamente considerati un rifugio sicuro, sono già aumentati. Il rischio è quello di una grave perdita di fiducia dei mercati, che determinerebbe una riduzione dei flussi di capitale straniero nel Paese. Grazie ai quali gli Usa finanziano il loro deficit commerciale. A quel punto, per continuare ad attirare investimenti sarebbe necessario un ulteriore indebolimento del dollaro e un continuo incremento dei tassi di interesse, spiega ancora Krugman, con immediate ripercussioni sul mercato immobiliare che rischierebbe un crollo. Con conseguente probabile recessione accompagnata da una nuova fiammata dell’inflazione.
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