“La Cina a un passo dalla parità scientifica con gli Usa”. Cosa è cambiato e come: tutti i dati
- Postato il 2 novembre 2025
- Scienza
- Di Il Fatto Quotidiano
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La Cina sta rapidamente accorciando le distanze dagli Stati Uniti nella corsa alla leadership mondiale della ricerca scientifica. Lo rivela uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) a firma di Renli Wu, Christopher Esposito e James Evans dell’Università di Chicago, che ha analizzato oltre sei milioni di pubblicazioni scientifiche internazionali prodotte tra il 2010 e il 2023. La ricerca propone un nuovo metodo per misurare il potere scientifico globale, spostando l’attenzione dal semplice conteggio di articoli e citazioni al ruolo effettivo di guida nelle collaborazioni internazionali.
Un nuovo metodo per misurare il potere scientifico globale
L’obiettivo è capire come i Paesi si distribuiscano i ruoli di coordinamento e direzione dei progetti di ricerca. “Sebbene le metriche tradizionali – spiegano gli autori – come il numero di pubblicazioni e gli indici di citazione, forniscano un’istantanea quantitativa della crescente produzione scientifica della Cina, non misurano direttamente la capacità di un paese di organizzare il lavoro e le risorse scientifiche globali per raggiungere i propri obiettivi di ricerca. E invece vi sono prove che la Cina stia avendo un grande successo in questa dimensione. La Cina ha ora conferito più dottorati di ricerca degli Stati Uniti ogni anno dal 2006 e il 10% dei dottorati di ricerca conferiti dalle istituzioni statunitensi negli ultimi anni è stato conferito a cittadini cinesi. A seguito di notevoli sforzi per far progredire le proprie università nazionali e attrarre scienziati di spicco che lavorano all’estero, la Cina potrebbe ora essere non solo un produttore di scienza di alta qualità, ma anche un organizzatore emergente della rete di collaborazione globale. In questa prospettiva, cerchiamo di aprire una strada per studiare la crescente leadership della Cina nella scienza internazionale, concentrandoci sul cambiamento della posizione di potere dei suoi scienziati nelle loro collaborazioni oltre i confini internazionali”.
Parità tecnologica entro il 2030
I risultati dello studio mostrano un chiaro cambio di equilibrio nei ruoli di leadership della ricerca scientifica: nelle collaborazioni tra Stati Uniti e Cina, la quota di team leader affiliati a istituzioni cinesi è passata dal 30% nel 2010 al 45% nel 2023. Un dato che segnala la crescente capacità di Pechino di assumere ruoli di comando nei progetti scientifici globali. Secondo le proiezioni, gli scienziati cinesi potrebbero raggiungere la parità di leadership con quelli statunitensi già nei prossimi anni, non solo nel complesso del sistema della ricerca, ma anche in undici aree tecnologiche strategiche.
In particolare gli autori prevedono che la Cina raggiungerà la parità con gli Stati Uniti in 8 delle 11 aree tecnologiche critiche (intelligenza artificiale, prevenzione dei disastri, gestione e sicurezza dei dati, semiconduttori, comunicazioni avanzate, energia, scienza dei materiali e calcolo ad alte prestazioni) prima del 2030. In biotecnologia, la parità non è prevista prima del 2030-2036, mentre nell’informazione quantistica non prima del 2028.
Lo studio analizza inoltre gli effetti di un possibile “decoupling” scientifico tra i due Paesi. Una riduzione delle collaborazioni con gli Stati Uniti potrebbe rallentare l’avanzata di Pechino nel campo della leadership delle collaborazioni internazionali, ma difficilmente invertirne la traiettoria, grazie alla rete di partnership accademiche costruite nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road. Gli autori sottolineano inoltre come la Cina stia consolidando la propria influenza globale anche attraverso massicci investimenti nella formazione di giovani ricercatori nei Paesi partner, rafforzando così le basi della propria leadership scientifica nel lungo periodo.
“La Cina ha stanziato – continuano gli autori – circa 33,3 miliardi di RMB (4,59 miliardi di dollari USA) tra il 2012 e il 2025 per sostenere l’istruzione degli studenti internazionali in Cina. Questa cifra è solo il 40% inferiore a quella che la Cina ha speso per i propri cittadini che studiano all’estero”. Tutti dati che confermano l’andamento in crescita della scienza cinese.
Il capitale umano globale
Vi sono però alcuni punti da sottolineare: oltre alla parzialità dell’indicatore prescelto dallo studio, vi è da dire che i passi della Cina sono profondamente interconnessi a quelli degli altri paesi in particolare degli Stati Uniti. Al di là del parametro della leadership nelle collaborazioni internazionali, gli effetti di un eventuale isolamento cinese sul complesso dei suoi risultati scientifici sarebbe molto serio (così come viceversa lo sarebbe per gli Stati Uniti). Questi ultimi per contro hanno diverse occasioni ancora per mantenere il proprio predominio nella gara scientifica. In particolare – segnalano gli autori – “per i decisori politici degli Stati Uniti, gli investimenti della Cina in imprese scientifiche nei paesi della Belt and Road Initiative possono ispirare un diverso percorso d’azione: gli Stati Uniti potrebbero a loro volta intensificare i propri investimenti nello sviluppo del capitale umano globale. Ampliando il proprio impegno scientifico nei paesi in via di sviluppo, attraverso l’istruzione, la formazione e la collaborazione, gli Stati Uniti possono formare una forza lavoro globale con le competenze richieste dall’economia statunitense, facilitare lo scambio culturale e rafforzare il proprio ruolo di polo leader nel lavoro di conoscenza, sia in ambito scientifico che in altri settori ad alta intensità di conoscenza”.
Più in generale – al di là del singolo vincitore – si dovrebbe guardare diversamente a questa competizione – e magari indirizzarla – verso maggiori benefici globali. La cooperazione scientifica tra Stati Uniti e Cina ha offerto a entrambi i Paesi e al resto del mondo vantaggi straordinari. I risultati includono uno studio decennale che ha contribuito a prevenire milioni di malformazioni congenite; un lavoro cooperativo sulla sorveglianza dell’influenza , fondamentale per il miglioramento del vaccino antinfluenzale; e un lavoro sull’HIV /AIDS , che ha contribuito a impedire che la Cina diventasse un focolaio di HIV/AIDS. In quest’ottica “gli sforzi per impedire il progresso scientifico del paese avversario – concludono gli autori – sono rischiosi e difficilmente avranno successo senza incidere in modo sostanziale sul progresso generale data la sofisticatezza e l’interdipendenza delle iniziative scientifiche di entrambi i paesi. D’altra parte, una competizione che si concretizzi in una più profonda integrazione della scienza di ciascun paese nelle reti scientifiche globali, attraverso investimenti nello sviluppo del capitale umano, genererebbe esternalità positive per il mondo, ampliando le opportunità educative globali e accelerando il progresso scientifico”.
Gianmarco Pondrano Altavilla
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