La Cina installa in un mese più fotovoltaico di quanto fa l’Europa in un anno. Cosa c’è dietro il record

  • Postato il 1 luglio 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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C’è un abisso tra la corsa alle rinnovabili della Cina e l’andamento del resto del mondo, Europa compresa. Nel solo mese di maggio 2025, infatti, Pechino ha installato 93 gigawatt di solare (103,5 GW in totale da fonti rinnovabili a zero emissioni, con un incremento del 25% rispetto a maggio 2024). Sul solare è stato battuto il precedente record di 71 gigawatt, registrato a dicembre 2024 e quadruplicato il dato di maggio 2024. La potenza installata in appena 31 giorni è stata maggiore rispetto a quella aggiunta da qualsiasi altro Paese in tutto il 2024, secondo i dati dell’Amministrazione Nazionale per l’Energia riportati da Bloomberg. E superiore persino a quella registrata in più da tutti i Paesi membri dell’Unione europea, che insieme sono arrivati nell’arco di un anno a 65,5 gigawatt in più. Sul boom hanno certamente pesato le politiche attuate negli ultimi anni da Pechino, ma dal 1 giugno la Cina ha abbandonato la Feed-in-Tariff adottata nell’ambito della legge sulle rinnovabili del 2008 e che ha consentito di fornire ai produttori di eolico e solare un prezzo garantito superiore a quello di mercato. Il nuovo sistema, dunque, si baserà sulle transazioni di mercato e mette la Cina di fronte a una sfida. Oltre a quella che riguarda l’elefante della stanza, ossia il carbone. Cosa accadrà? È certamente possibile un rallentamento (rispetto agli ultimi record) per i produttori che, da più di un anno, stanno già facendo i conti con la diminuzione dei prezzi, dovuta a sovracapacità produttiva e riduzione dei sussidi, ma d’altro canto è dal 2021 che le tradizionali tariffe sono state gradualmente eliminate a livello nazionale per la maggior parte dei progetti. Dal 1 maggio, inoltre, è entrata in vigore un’altra misura che rende più complesso il collegamento dei pannelli solari sui tetti alla rete elettrica.

Il boom della Cina – Ergo: oggi la Cina è certamente a un bivio importante, ma è arrivata a questo punto con numeri inimmaginabili fino a pochi anni fa. E il confronto con l’Europa resta impietoso. Per non parlare dell’Italia, dove si fanno un passo avanti e due indietro (nei primi cinque mesi del 2025 la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 2.650 MW, il 14% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Il carbone resta una parte vitale del mix energetico della Cina, che nel 2024 ha avviato la costruzione di 94,5 gigawatt di progetti, il 93% del totale globale, ma già dal 2020 le installazioni annuali di eolico e fotovoltaico hanno costantemente superato i 100 gigawatt e nel 2022 il Dragone aveva prodotto più energia pulita di qualsiasi altro Paese (2,6 milioni di GWh, quasi il triplo rispetto agli oltre 980mila degli Usa), vendendo il 50% degli impianti eolici e il 45% di quelli solari. Nel 2024, Pechino ha installato 277 gigawatt di nuovo solare e 80 gigawatt di eolico, arrivando a una capacità complessiva, solo considerando queste due fonti di energia rinnovabile, di oltre 1.400 GW (superando l’obiettivo che si era data al 2030) e nel primo trimestre del 2025, la generazione da vento e sole ha toccato i 74,33 gigawatt, portando la capacità cumulativa a 1.482 circa. Il Paese si avvia a raggiungere il 60% di tutta la capacità rinnovabile installata al mondo entro fine decennio. Sono questi i dati che hanno consentito alla potenza tuttora responsabile di circa il 70% delle emissioni globali di carbone, di avere un ruolo di primo piano anche nella lotta alle emissioni di gas serra e ai cambiamenti climatici.

Il calo delle emissioni e il nuovo corso di Pechino – Recentemente alla Cop di Baku, in Azerbaigian (grazie alle occasioni perse da Usa e Ue) e anche ai negoziati ‘tecnici’ di Bonn, in Germania, preparatori rispetto alla Cop 30 del Brasile. A Bonn, per inciso, la delegazione degli Stati Uniti era composta da sette membri, quella della Cina da quaranta. Il primo responsabile mondiale dei gas serra (se consideriamo la produzione attuale, non storica, né pro capite) è riuscito ad acquisire più credibilità non solo con le parole (stima di raggiungere il picco di emissioni di carbonio entro il 2030 e la neutralità entro il 2060), ma con i dati. Come indica il rapporto annuale World Energy Investment dell’Agenzia internazionale dell’energia, la Cina è oggi il più grande investitore energetico al mondo, spendendo il doppio dell’Unione Europea e quasi quanto l’Ue e gli Stati Uniti messi insieme. Nell’ultimo decennio, la quota della Cina nella spesa globale per l’energia pulita è passata da un quarto a quasi un terzo, sostenuta da investimenti strategici in un’ampia gamma di tecnologie. L’aumento delle fonti rinnovabili, infatti, ha consentito alla Cina di far calare le emissioni di carbonio nel primo trimestre del 2025, a dispetto della domanda energetica in rialzo del 2,5%. La capacità complessiva da eolico, solare e nucleare ha permesso al Dragone un taglio annuo dell’1,6% alle emissioni di Co2 nei primi tre mesi e dell’1% nei 12 mesi fino a marzo, secondo Lauri Myllyvirta, analista del dell’Asia Society Policy Institute per Carbon Brief. Le emissioni in Cina erano già calate in passato, ma solo per la frenata della domanda, come durante la crisi Covid. Questa è tutta un’altra storia.

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