La Cina risponde al protezionismo di Trump: tra energia e materie prime, finanziamenti da record nella Nuova via della seta.

  • Postato il 25 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’ondata protezionistica innescata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra aver spinto la Cina a premere sull’acceleratore del suo progetto infrastrutturale Nuova via della seta. Dato per stagnante e sempre meno chiaro nei suoi obiettivi principali, nel primo semestre del 2025 quest’ultimo ha ricevuto una spinta senza precedenti. Come riportato da un rapporto redatto dall’università australiana Griffith University e dal Green Finance and Development Center con sede a Pechino, infatti, nei primi sei mesi dell’anno la Cina ha messo sul tavolo nell’ambito dell’iniziativa 124 miliardi di dollari, più dei 122 miliardi impiegati nel corso dell’intero 2024. Un vero e proprio boom.

La Nuova via della seta è un piano di respiro mondiale – attualmente coinvolge 150 paesi – lanciato nel 2013 da Xi Jinping con l’obiettivo di favorire gli scambi commerciali attraverso una capillare rete di ferrovie, porti, autostrade, basi navali. Nel corso del tempo ha ampliato molto il suo raggio d’azione e la Cina in più di un’occasione è stata accusata di sfruttare i finanziamenti e gli investimenti elargiti per intrappolare i paesi coinvolti in una spirale di debiti e dipendenza. A causa anche della diffidenza di molti governi e di controversie di varia natura, il progetto sembrava appannato; una sensazione che Pechino sta però provando a spazzare via iniettando grandi quantità di denaro sotto l’etichetta Nuova via della seta.

Entrando nel dettaglio della ricerca, negli ultimi mesi al centro dell’attivismo cinese vi sono state l’Africa – a cui sono stati destinati ben 39 miliardi di dollari sui 124 complessivi – e l’Asia Centrale, con il Kazakistan che da solo ha attratto 23 miliardi di dollari, primo paese al mondo. Quest’ultimo ha sempre giocato un ruolo di primissimo piano agli occhi di Xi Jinping, basti pensare che l’annuncio del lancio dell’iniziativa avvenne proprio dalla capitale kazaca, Astana. A inseguire il gigante centro asiatico sul podio dei paesi che hanno attratto il maggior flusso di denaro sono la Thailandia – con 7,4 miliardi di dollari – e l’Egitto – 4,8 miliardi. I progetti complessivamente finanziati nella prima parte del 2025 sono stati oltre 170 e, grazie agli investimenti del semestre, il totale impiegato dalla Cina dal 2013 nell’ambito della Nuova via della seta ha raggiunto la cifra astronomica di 1.300 miliardi di dollari.

Nel corso degli anni Pechino ha ampliato il piano a numerosi settori, oltre a quello infrastrutturale. Al punto che lo studio della Griffith University e del Green Finance and Development Center certifica come gli investimenti nel settore petrolifero e del gas naturale abbiano raggiunto il livello record di 44 miliardi di dollari nel semestre, con 20 miliardi relativi a lavori realizzati in impianti sul solo territorio della Nigeria. L’eolico, il solare e in generale le altre energie rinnovabili hanno attratto 10 miliardi di dollari mentre 25 miliardi sono invece da ascrivere al settore minerario. La traduzione strategica di questi numeri a prima vista risulta semplice: Xi Jinping vuole coprirsi le spalle dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico e di materie prime critiche, nel caso in cui la guerra commerciale si inasprisca ulteriormente.

Anche altre mosse del leader cinese dimostrano la volontà di porsi come fautore del libero scambio. A inizio luglio è arrivato ad esempio l’annuncio dell’avvio delle procedure per esentare totalmente dai dazi doganali le merci provenienti da 53 paesi africani importate dalla Cina (il 54esimo, eSwatini, non ha rapporti diplomatici con Pechino a causa del suo supporto all’indipendenza di Taiwan). È da 16 anni consecutivi che la Repubblica Popolare si posiziona come il principale partner commerciale dell’Africa, con gli scambi bilaterali che nel 2024 hanno raggiunto la cifra record di 295 miliardi di dollari.

Mentre si parla di un incontro tra Xi Jinping e Trump che potrebbe tenersi in autunno a margine del vertice dell’Asia-Pacific Economic Cooperation, in programma tra fine ottobre e inizio novembre in Corea del Sud, le mosse sulla scacchiera internazionale del presidente cinese fanno capire quanto pericoloso venga ritenuto l’inquilino della Casa Bianca per la stabilità dei commerci globali. Tutto questo ovviamente non basta a spazzare via i timori legati all’indebitamento nei confronti della Cina di paesi con economie molto fragili – come, ad esempio, il Laos (circa il 50% del debito del Paese è legato a finanziamenti cinesi) o il Kirghizistan (40%) – ma sta facendo sì che iniziative come la Nuova via della seta trovino nuova linfa.

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