La Consulta salva la legge Nordio: l’abrogazione dell’abuso d’ufficio non è incostituzionale

  • Postato il 8 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio non è incostituzionale. Lo ha stabilito la Consulta decidendo – all’esito della discussione svolta mercoledì – sulle questioni sollevate sulla legittimità della norma più importante della legge Nordio. Nei mesi scorsi, la Cassazione e 13 giudici di merito avevano ipotizzato che la cancellazione dell’articolo 323 del codice penale fosse in contrasto con la Convenzione Onu di Merida contro la corruzione ratificata dall’Italia nel 2009, e quindi violasse l’articolo 117 della Costituzione sull’obbligo del nostro Paese di rispettare i vincoli internazionali. La Corte, si legge in una nota dell’ufficio stampa, “ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale”. La motivazione della sentenza sarà pubblicata nelle prossime settimane: a firmarla sarà il relatore Francesco Viganò, professore di Diritto penale all’Università di Milano, nominato nel 2018 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’articolo 19 della Convenzione di Merida, rubricato proprio “abuso d’ufficio”, prevede che “ciascuno Stato Parte esamina l’adozione delle misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale, quando l’atto è stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell’esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per sè o per un’altra persona o entità”. Una formulazione che ricalca, più o meno, quella esistente nel nostro codice penale fino all’entrata in vigore della legge Nordio. Secondo i giudici che si sono rivolti alla Consulta, da questa norma e dal complesso del trattato è ricavabile un cosiddetto obbligo di stand still, cioè di “non tornare indietro“, per uno Stato che già preveda il reato nel proprio ordinamento: l’abrogazione decisa dal governo, quindi, violerebbe un impegno assunto dall’Italia in sede internazionale. Una tesi che però la Corte costituzionale ha respinto.

Le questioni di costituzionalità erano state sollevate in tutta Italia, da Bolzano a Catania. La prima era arrivata a settembre dal Tribunale di Firenze nell’ambito del processo sulla faida dei Colaiacovo (la dinastia a capo della Colacem spa, una delle più importanti imprese italiane produttrici di cemento), in cui è imputata, tra gli altri, l’ex procuratrice aggiunta di Perugia Antonella Duchini, accusata di aver violato la legge per favorire un imprenditore indagato.

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Il Fatto Quotidiano

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