La Corte Suprema regala a Trump la via al presidenzialismo assoluto. The Donald più forte di Roosevelt e Truman
- Postato il 29 giugno 2025
- Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
“Non ci sono più diritti sicuri nel nuovo regime legale creato dalla Corte”. Il giudizio è di Sonia Sotomayor, una delle tre giudici che si sono opposte alla sentenza votata dalla maggioranza conservatrice della Corte Suprema. Il caso in esame riguardava l’Ordine Esecutivo 14160, firmato da Donald Trump il primo giorno del suo governo, il 20 gennaio, con cui il presidente degli Stati Uniti limitava il diritto di cittadinanza per nascita garantito dal 14º Emendamento, lo ius soli. Se, sino a ora, la cittadinanza USA veniva riconosciuta a chiunque fosse nato sul suolo degli Stati Uniti, la misura introdotta da Trump esclude dal diritto di cittadinanza coloro che nascono sul suolo americano da genitori senza visto regolare o con visti di studio e di lavoro temporanei. La sentenza della Corte non si pronuncia al momento sulla costituzionalità o meno dell’ordine del presidente. Quello che fa è allargare a dismisura i suoi poteri, creando un caos legale senza precedenti. Con questa sentenza, gli Stati Uniti si trasformano in una giungla giudiziaria e civile dove tutto è possibile, dove tutto è permesso. In particolare, a questo presidente.
Iniziamo dal caos legale. La decisione della Corte limita il potere dei giudici federali distrettuali di emettere ingiunzioni su base nazionale, incluso il potere delle corti di bloccare ordini esecutivi del presidente di dubbia costituzionalità. La sentenza, scritta da Amy Coney Barrett (nominata da Trump), si concentra sulla differenza tra “complete relief” e “universal relief”. È legittimo che un giudice dia “completo risarcimento” a un querelante e blocchi, con una sua ingiunzione, un ordine che il querelante ritiene dannoso. Quel “completo risarcimento” non è però “universale risarcimento”, non può cioè riguardare tutto il territorio nazionale. Coney Barrett fa l’esempio di una donna incinta che, preoccupata per il fatto che al nascituro venga negata la cittadinanza, fa causa contro l’ordine esecutivo del presidente. Quella causa, fa notare la maggioranza dei giudici, riguarda solo ed esclusivamente la donna e soltanto a lei deve essere rivolta l’eventuale ingiunzione di un giudice che accoglie il suo ricorso. Scrive: “Estendere l’ingiunzione a tutti gli altri individui in una situazione analoga non renderebbe il suo risarcimento più completo”. Solo una class action, quindi un’azione legale collettiva, potrebbe portare a un’ingiunzione valida su tutto il territorio nazionale – class action che nel caso del diritto di cittadinanza non c’è stata.
Gli effetti della decisione sono evidenti e lasciano esterrefatti. L’ordine esecutivo di Trump sulla cittadinanza potrà ora entrare in vigore nelle giurisdizioni in cui non vi sono cause legali in corso o dove i giudici non hanno emesso ingiunzioni temporanee. Per ipotesi, un bambino nato in California, dove un giudice distrettuale ha bloccato l’ordine di Trump, potrà aver riconosciuta la cittadinanza. Un bambino nato in Texas, Stato conservatore dove i giudici sono meno disposti a bloccare l’ordine del presidente, non vedrà riconosciuto quel diritto e non sarà cittadino americano. Sul territorio nazionale si svilupperanno enormi differenze e sperequazioni, almeno fino a quando la Corte Suprema non porrà fine alla diatriba con una sua sentenza valida per tutto il territorio nazionale. Per il momento, quello che si prospetta è una sorta di “macchia di leopardo” dei diritti, un caos che non ha precedenti nella storia americana e che rischia di trasformare il Paese in un esplosivo campo di battaglia su una questione, quella della cittadinanza, su cui invece dovrebbe regnare equità e chiarezza.
La sentenza della Corte non si limita però alla sola cittadinanza. Riguarda tutti i possibili ordini esecutivi del presidente. Va subito rilevata una cosa. Negli scorsi mesi, in diverse occasioni, l’amministrazione ha disatteso ingiunzioni delle corti che bloccavano ordini del presidente, perché potenzialmente illegali. È successo in particolare in tema di immigrazione, con i funzionari USA che hanno fatto partire aerei carichi di migranti nonostante un giudice avesse ordinato il blocco dei voli; oppure con il rifiuto di far tornare sul suolo americano migranti illegalmente deportati. Si tratta di una violazione delle prerogative del giudiziario che non ha precedenti nella storia americana. Lo storico confronto tra Franklin D. Roosevelt e la Corte Suprema, quello che smantellò parte dei programmi del New Deal, fu durissimo e Roosevelt cercò anche di far passare una misura che allargava il numero dei giudici della Corte. Ma mai, in nessun modo, pensò di non rispettare le ingiunzioni della Corte. Durante la guerra di Corea, Harry S. Truman ordinò al segretario al Commercio di assumere il controllo dell’industria siderurgica. Con una celebre sentenza del 1952, la “Youngstown Sheet & Tube Co. v. Sawyer”, la Corte gli disse che non poteva farlo. E Truman fece marcia indietro. Quando durante il Watergate un giudice – tra l’altro un repubblicano nominato da Dwight Eisenhower – ordinò a Richard Nixon di consegnare i nastri che rivelavano l’illegalità dei suoi atti, il presidente lo fece, nonostante questo avrebbe potuto significare, come poi in effetti successe, la fine della sua carriera politica.
Quanto sta avvenendo in questi mesi è dunque senza precedenti. Trump sta costantemente disattendendo gli ordini delle corti. Non solo. Trump sta governando con il continuo ricorso a poteri emergenziali. Tutto diventa emergenza. È emergenza il commercio internazionale, che impoverisce l’America e che gli dà il potere di imporre dazi (potere che, secondo la Costituzione, spetta al Congresso). Sono emergenza l’ordine pubblico e l’immigrazione, ciò che gli dà la possibilità di usare una legge dei tempi di guerra, l’Alien Enemies Act, per arrestare e deportare. Sinora le corti avevano rappresentato il solo, parziale argine alla deriva autoritaria. Con la sua sentenza, la Corte Suprema limita questo potere e amplia enormemente le prerogative del presidente – di questo presidente – di interpretare come vuole, o di disattendere come vuole, la Costituzione. Trump potrà arrestare, deportare, bloccare i finanziamenti alle università, decidere di cancellare i fondi per la salute delle donne e delle persone trans, in altre parole perseguitare e annullare a suo piacimento le disposizioni costituzionali, a meno che una persona non sia in grado di procurarsi un avvocato, ottenere un’udienza e quindi un’ingiunzione da un giudice comprensivo. E quell’ingiunzione varrà solo ed esclusivamente in quel caso. Nel resto del Paese, Trump potrà continuare a fare quello che vuole.
L'articolo La Corte Suprema regala a Trump la via al presidenzialismo assoluto. The Donald più forte di Roosevelt e Truman proviene da Il Fatto Quotidiano.