“La Fifa sta aiutando Qatar e Arabia Saudita a qualificarsi ai Mondiali”: le accuse a Infantino della stampa tedesca
- Postato il 14 ottobre 2025
- Calcio
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Amici di famiglia”. Così Die Zeit definisce il rapporto della Fifa con Qatar e Arabia Saudita. Ma c’è di più. Nell’ambito delle qualificazioni al Mondiale 2026, il settimanale tedesco accusa l’organizzazione di favoritismi nei confronti dei due Paesi. E come noto, tra di loro c’è una relazione privilegiata. Il Qatar ha già avuto l’onore — tra le polemiche — di ospitare la Coppa del Mondo del 2022, la più discussa della storia moderna. L’Arabia Saudita, dal canto suo, sarà la protagonista del 2034, assegnata per acclamazione, senza alcun avversario in corsa. Nel frattempo, i legami economici tra Fifa e mondo arabo si sono fatti sempre più fitti. Aramco, colosso petrolifero saudita, è diventato sponsor ufficiale dell’organizzazione fino al 2027. E la compagnia di investimenti SURJ Sports Investment — controllata dal fondo sovrano saudita PIF — ha acquisito una quota del 10% di Dazn, la stessa piattaforma che, guarda caso, ha comprato i diritti del Mondiale per Club per la cifra monstre di un miliardo di dollari, quando nessun altro sembrava interessato.
Eppure, sul campo, né il Qatar né l’Arabia Saudita sono ancora riusciti a guadagnarsi il biglietto per il Mondiale 2026. Entrambe le nazionali si sono fermate solo al terzo e quarto posto nei rispettivi gironi di qualificazione. Ma la strada non è ancora chiusa: è in corso un’ulteriore fase composta da due gironi da tre squadre ciascuno in cui le prime classificate voleranno direttamente al Mondiale, mentre le seconde accederanno ai playoff. Ed è qui che la storia si fa interessante. O sospetta. Perché proprio Qatar e Arabia Saudita sono state scelte come sedi ospitanti di questi mini-gironi decisivi. La scelta, presa in estate dalla AFC, è arrivata senza una spiegazione chiara. Le loro rivali (Indonesia, Iraq, Oman ed Emirati Arabi Uniti) avevano manifestato il desiderio di ospitare i match, o almeno chiesto che questi si giocassero in sedi neutre. Le loro richieste però sono state ignorate.
Il Ct dell’Oman, Carlos Queiroz, ha riassunto il malcontento con una frase semplice e tagliente: “Hanno messo i sauditi in Arabia Saudita e i qatarioti in Qatar”. Un dettaglio che, in un contesto già opaco, pesa come un macigno. Come se non bastasse, entrambe le squadre del Golfo hanno ricevuto un ulteriore vantaggio logistico. Il calendario è stato disegnato in modo tale che Qatar e Arabia Saudita abbiano sei giorni di riposo tra la prima e la seconda partita (che si giocherà questa sera) del mini-girone, mentre i loro avversari ne avranno soltanto tre. “È strano che gli arbitri non si sentano a disagio”, ha commentato ancora Queiroz, lasciando intendere che il problema non riguarda solo i tempi di recupero, ma un intero sistema che sembra piegarsi di fronte ai poteri economici e politici del momento.
Si tratta di un episodio che non sorprende chi conosce le dinamiche della Fifa di Gianni Infantino. Dopo gli scandali dell’era Blatter, molti tifosi avevano sperato che l’organizzazione potesse finalmente imboccare la strada della trasparenza. Ma a guardare oggi la gestione di Infantino, quell’illusione sembra ormai dissolta. L’attuale presidente ha ampliato la Coppa del Mondo a 48 squadre, ha dato vita a un Mondiale per Club accolto con freddezza e coltiva, con disinvoltura, rapporti strettissimi con il presidente americano Donald Trump. E nemmeno il campo sembra rimanere immune a queste logiche di potere e di interesse. Basta volgere lo sguardo verso l’Asia per rendersene conto. Le qualificazioni ai Mondiali della Confederazione calcistica asiatica stanno offrendo uno spettacolo che ha poco di sportivo e molto di politico. La sensazione è quella di assistere a un copione già scritto.
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