La formula magica dell'inchiostro romano

  • Postato il 18 novembre 2025
  • Di Focus.it
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Un piccolo calamaio romano ritrovato a Conimbriga, nel cuore del Portogallo, sta rivoluzionando quello che pensavamo di sapere sulla scrittura antica. L'oggetto, un cilindro di bronzo di circa 2.000 anni fa, ha conservato al suo interno tracce di un inchiostro sorprendentemente sofisticato, rivelando una combinazione di ingredienti ben più complessa di quanto ci si aspettasse in un centro provinciale ai margini dell'Impero Romano.. Tesoro archeologico. La scoperta arriva da una delle città romane meglio preservate del Portogallo. Durante gli scavi nell'area delle fortificazioni tardoromane, un gruppo di archeologi ha rinvenuto un piccolo calamaio scivolato probabilmente dalla borsa di qualcuno impegnato in lavori pubblici: forse un ingegnere, un geometra, uno scriba militare o un funzionario amministrativo. Nulla lasciava presagire che quell'oggetto, catalogato come calamaio "Biebrich" e datato agli inizi del I secolo d.C., contenesse un tesoro archeologico quasi invisibile.. Il calamaio. Gli specialisti hanno presto capito che la presenza di residui interni era un evento eccezionale e hanno pubblicato i loro risultati su Archaeological and Anthropological Sciences. Gli inchiostri antichi, spesso idrosolubili, raramente sopravvivono per secoli. In questo caso, invece, uno strato compatto di pigmento era rimasto sigillato all'interno del contenitore in bronzo – una lega di rame, stagno e una quantità insolitamente alta di piombo, che ne facilitava la fusione e la precisione nella lavorazione, del peso complessivo di 94 grammi.. Formula inedita. Per analizzarlo, un gruppo interdisciplinare ha impiegato pirolisi-GC/MS, NMR, XRF (metodologie per analizzare le molecole e le loro strutture) e cromatografia ad alta risoluzione (una tecnica che separa le diverse sostanze presenti in una miscela, così da poterle identificare e analizzare una per una). Il risultato? Un profilo chimico sorprendentemente ricco, che rivela l'uso di un inchiostro "misto": una ricetta avanzata che univa fuliggine di legno resinoso, nero d'ossa, componenti ferro-gallici, cera d'api e leganti di origine animale.. Inchiostro duraturo. La base era costituita da un carbonio finissimo, ottenuto bruciando conifere ad alta temperatura. Il nero d'ossa, riconoscibile dalle tracce di fosfato di calcio, conferiva profondità al colore. Ancora più inattesa la presenza di composti ferro-gallici, solitamente associati a epoche più tarde. A completare la miscela grassi animali e cera, che rendevano l'inchiostro più viscoso e capace di aderire meglio a papiro e pergamena. Insieme, questi elementi formavano un inchiostro resistente, brillante e quasi verniciato una volta asciutto: una formulazione pensata per durare, ideale per documenti destinati a viaggiare o ad affrontare condizioni difficili. Gli studiosi ipotizzano persino l'impiego di un solvente volatile, simile alla trementina, che evaporava dopo l'applicazione lasciando una scrittura compatta e impermeabile.. da dove arrivava? La ricetta individuata corrisponde a quella degli inchiostri misti descritti nelle fonti antiche, ma quasi mai comprovati da ritrovamenti materiali. Questa è una delle rarissime conferme dirette. La presenza di un oggetto così tecnologicamente avanzato in Lusitania (una provincia dell'Impero Romano che corrisponde grosso modo all'attuale Portogallo centrale e meridionale, più una parte dell'Estremadura spagnola) apre interrogativi sulla circolazione di conoscenze, materiali e strumenti nell'Impero. I calamai di tipo Biebrich sono più comuni nell'Italia settentrionale e lungo la frontiera renana, dove erano utilizzati in ambienti militari e ingegneristici. La loro comparsa a Conimbriga suggerisce che non solo persone, ma anche idee e tecniche viaggiassero con rapidità sorprendente. La scoperta aggiunge un tassello fondamentale alla già ricca storia della città, nota per il suo alto livello di alfabetizzazione e per il ritrovamento di tavolette di cera, stili e strumenti di contabilità.. La chimica dei Romani. Ora sappiamo che nella provincia più occidentale dell'Impero l'amministrazione locale aveva accesso a risorse e competenze ben più avanzate di quanto si pensasse. Soprattutto, questo calamaio mostra come la scrittura romana fosse una tecnologia complessa quanto un'arte: un sapere che univa metallurgia, chimica dei pigmenti e conoscenza empirica dei leganti organici. Il residuo conservato al suo interno non è solo un pigmento antico: è una traccia diretta del funzionamento quotidiano dell'Impero, un frammento materiale del sistema amministrativo che teneva unito un mondo vastissimo, lettera dopo lettera..
Autore
Focus.it

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