La Frick Collection di New York riapre con una grande mostra dedicata a Johannes Vermeer
- Postato il 3 agosto 2025
- Arte Moderna
- Di Artribune
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Dopo 5 lunghi anni di chiusura per straordinari lavori e oltre 220 milioni di dollari investiti, la Frick Collection riapre al pubblico con un volto sorprendentemente familiare. “Dopo tutto questo lavoro, speriamo che molti visitatori si chiedano: Ma cosa è cambiato?”, ha osservato Ian Wardropper, direttore uscente del museo. “La nostra priorità è sempre stata quella di preservare e rinnovare l’esperienza che rende unica la Frick”.
La mostra di Johannes Vermeer alla Frick Collection di New York
Come può dunque un classico museo newyorkese, custode di capolavori di Fragonard, Goya, El Greco, Rembrandt e Vermeer, attraversare il XXI Secolo senza allontanarsi dallo spirito autentico con cui, quasi un secolo fa, aveva aperto per la prima volta le sue porte? La risposta si trova, forse, nell’intervento di restauro della storica residenza in stile Gilded Age dell’Upper East Side, affidato allo studio Selldorf Architects, già noto per la sistemazione della Neue Galerie. La nuova sede della Frick Collection si è espansa fino a comprendere 2.500 mq di nuove costruzioni: gallerie per mostre temporanee, una caffetteria, spazi per la didattica, laboratori di conservazione e un auditorium da 218 posti. Ma l’aspetto forse più significativo rimane l’accesso (finalmente consentito) al maestoso scalone della villa, un tempo percorso solo dai membri della famiglia Frick, che conduce alle sale del secondo piano. Dieci ambienti, rimasti a lungo inaccessibili, sono stati trasformati in gallerie dedicate a opere raramente esposte o recentemente acquisite: preziosi manufatti, tra cui ceramiche francesi, medaglioni con ritratti, orologi e altri ingegnosi strumenti del tempo. In queste stanze, che nel passato ospitavano la vita privata di Henry Clay Frick, della moglie Adelaide e della figlia Helen, le opere tornano a dialogare con gli spazi originali secondo la visione della famiglia, quasi a ritrovare la dimensione privata con cui la collezione era stata concepita.



La Frick Collecction di New York e Vermeer
Ad inaugurare la programmazione delle nuove gallerie dedicate alle esposizioni temporanee sarà Vermeer’s Love Letters, in programma fino all’8 settembre 2025. Curata da Robert Fucci, docente all’Università di Amsterdam e specialista di pittura olandese del XVII Secolo, la mostra esplora il motivo epistolare nell’opera del grande maestro di Delft, Johannes Vermeer. Una tematica simbolica che attraversa il ristretto corpus di poco più di trenta dipinti oggi attribuiti all’artista, trovando piena espressione nella fase matura della sua attività, tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio dei Settanta del Seicento. Nelle sue rarefatte scene d’interni, costruite con rigoroso equilibrio e attraversate da una luce silente che guida la lettura compositiva, eleganti figure femminili sono colte nell’atto di scrivere, ricevere o leggere una lettera. È in questi momenti che Vermeer sospende la narrazione, collocandola in un cronotopo in continua variazione: qualcosa è appena accaduto, o sta per accadere, ma resta fuori campo. La missiva, in questo contesto, non è un semplice oggetto di scena, ma un artificio compositivo: un filtro attraverso cui il pittore indaga la sfera privata, fino a toccare l’interiorità femminile e, in certo modo, l’autonomia intellettuale delle sue protagoniste.
Le opere in mostra
Ad incarnare le diverse declinazioni di questo tema saranno tre capolavori, esposti per la prima volta in un’unica sala: Padrona e cameriera (1667 ca.), parte della collezione e ultimo acquisto di Henry Clay Frick nel 1919, La lettera d’amore del Rijksmuseum di Amsterdam e Donna che scrive una lettera con la cameriera, proveniente dalla National Gallery of Ireland di Dublino. Con Padrona e cameriera, Vermeer adotta soluzioni formali che segnano una lieve ma significativa deviazione rispetto al registro più consueto della sua pittura. Rappresentate su una scala visibilmente più ampia del consueto, le due figure femminili emergono con una presenza inaspettata da uno sfondo scuro e privo di dettagli, che annulla ogni riferimento spaziale e concentra lo sguardo sull’intensità trattenuta del gesto interrotto. Il racconto si affida a pochi indizi: una lettera, uno sguardo, un gesto incompiuto, su cui si concentra l’intera tensione emotiva della scena, lasciata volutamente irrisolta. In La lettera d’amore, realizzata qualche anno più tardi, Vermeer costruisce la scena con un impianto più articolato, quasi teatrale. L’ingresso visivo dello spettatore avviene attraverso una porta socchiusa, che funge da cornice prospettica e introduce un sottile gioco di piani visivi e narrativi. Più denso rispetto ad altre composizioni, l’ambiente è scandito da elementi domestici che evocano la quotidianità di un ambiente privato: una carta geografica appesa alla parete, un cesto per la biancheria. Al centro della scena, la padrona interrompe l’esecuzione musicale per ricevere una missiva: il liuto, ancora poggiato sulle ginocchia, allude a un’intesa amorosa. Lo scambio di sguardi tra le due donne solleva interrogativi che, ancora una volta, restano sospesi, lasciando aperti i possibili sviluppi del racconto. Donna che scrive una lettera con la cameriera propone un’ulteriore variazione sul tema, più raccolta e introspettiva. Come nelle altre due opere presenti in mostra, il trattamento della luce, la calibrazione dei colori e il rigore compositivo attingono una tale perfezione da creare immagini pure, dagli equilibri perfetti. La padrona è concentrata sulla scrittura, mentre la cameriera, alle sue spalle, volge lo sguardo altrove, verso qualcosa che non ci è dato vedere. Nessun gesto di raccordo unisce le due figure, che abitano una scena in cui l’assenza di contatto diventa essa stessa forma di relazione.
Beatrice Caprioli
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