La Generazione Z scuote il Nepal. Samik Kharel: “C’è la prima donna premier. I giovani hanno rovesciato la vecchia guardia”
- Postato il 15 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Da lunedì 8 settembre e per diversi giorni la capitale del Nepal, Kathmandu, è stata teatro di grandi proteste. Il parlamento è stato dato alle fiamme, la sede del governo è stata assaltata e il primo ministro Kp Sharma Oli si è dimesso, così come altri esponenti del suo esecutivo. Le manifestazioni sono state definite “le proteste dei Gen Z”, cioè dei giovani nati tra il 1995 e il 2010. A scatenarle, la scelta del governo di bloccare 26 piattaforme social tra cui Facebook, YouTube, X e LinkedIn. Ne abbiamo parlato con Samik Kharel, ricercatore e giornalista nepalese, che collabora con diverse testate internazionali come Al Jazeera, Deutsche Presse-Agentur e The Kathmandu Post. Da oltre dieci anni si occupa di temi sociali e nuove tecnologie.
Il Nepal ha una nuova premier, si chiama Sushila Karki, ha 73 anni ed è l’ex leader della Corte Suprema. Era uno dei nomi indicati dai manifestanti. Si può dire che il Paese abbia voltato pagina?
La Generazione Z ha voluto Sushila Karki primo ministro con il mandato di indire le elezioni nei prossimi sei mesi (fissate per il 5 marzo 2026). Anche il parlamento è stato sciolto. Karki è stata la prima donna a ricoprire la carica di presidente della Corte Suprema del Nepal e ora è la prima donna primo ministro del Paese. È considerata una figura integra grazie al suo approccio risoluto contro la corruzione. È un momento storico, anche se ora avrà molto da fare durante il suo mandato: rilanciare il Paese in crisi, condurre una campagna contro la corruzione e lavorare in sintonia con la nuova Generazione Z.
Riavvolgiamo il nastro delle rivolte degli ultimi giorni. Secondo i dati aggiornati oltre 50 persone sono rimaste uccise durante le proteste, 12.500 sono evase. Il Parlamento si è sciolto e l’esercito è sceso in strada. Com’è la situazione ora a Kathmandu a quasi una settimana di distanza dall’inizio delle rivolte?
La situazione ora sembra stabile perché l’esercito ha assunto il compito di mantenere l’ordine pubblico, sta riducendo gradualmente le ore di coprifuoco e l’aeroporto internazionale della città è di nuovo funzionante.
È stato detto che i manifestanti in Nepal non hanno solo fatto cadere il governo, ma hanno anche dissolto lo Stato. È una definizione corretta?
La rivoluzione ha portato alla caduta del governo, da anni ormai afflitto dalla corruzione. Tuttavia le infrastrutture, le proprietà e le aziende private, per un valore di miliardi, sono state bruciate e vandalizzate. La ricostruzione ora imporrà al Nepal un grande impegno economico. E anche se il Paese è in grande difficoltà, quel che è successo viene inteso come un raggio di speranza. C’è la sensazione che qualcosa di nuovo sti per accadere.
È stato detto che il motivo principale delle proteste è stato il blocco dei social media e la volontà del governo di regolarli. Molte delle discussioni sui candidati politici avvengono sulle piattaforme, come Discord, la chat per appassionati di videogiochi. Cosa rappresentano i social per i cittadini nepalesi?
In Nepal si respirava da tempo un clima di frustrazione nei confronti di un sistema ormai obsoleto, caratterizzato da privilegi di cui godevano solo pochi potenti e i loro amici. Il divieto sui social media ha scatenato questa frustrazione, portando la gente a parlare di corruzione, nepotismo e divario tra ricchi e poveri. Inoltre, la proposta di divieto sui social media era più orientata al controllo e alla censura che alla semplice regolamentazione. La Generazione Z in Nepal è quella degli smartphone, delle informazioni a portata di manom dei “nativi digitali”. I social media sono un luogo in cui le persone sfogano principalmente la loro frustrazione nei confronti del sistema e dell’establishment. Sono anche un’ancora di salvezza per la comunicazione, il commercio e il collegamento con l’enorme numero di nepalesi che vivono all’estero. Quando sono stati vietati, la protesta è semplicemente esplosa a un altro livello.
Ci può spiegare meglio qual è il contesto in cui questa rivoluzione è nata e cresciuta?
Il Nepal, uno Stato situato tra India e Cina e senza sbocco sul mare, ha attraversato molte rivoluzioni, l’ultima delle quali è stata quella maoista, che dopo anni di guerra civile, ha preso il potere nel 2006. Nel 2008, la monarchia è stata rovesciata ed è stata istituita una repubblica democratica federale con grandi promesse da parte del leader. Tuttavia, in quasi due decenni, caratterizzati da corruzione e impunità, il Paese è stato governato da pochi politici anziani, che si sono alternati alla guida senza attuare alcuna riforma significativa. Come abbiamo visto negli ultimi anni, anche altri Stati dell’Asia meridionale, come il Bangladesh e lo Sri Lanka, hanno assistito a proteste simili contro i loro governi corrotti. In Nepal il malcontento proveniva anche dalla presenza di una classe elitaria, favorita dai politici in carica, che ostentava il proprio tenore di vita lussuoso davanti agli occhi della popolazione. In un Paese con un reddito pro capite di soli 1400 dollari annui, il divario con l’élite è enorme. È ciò che i manifestanti hanno definito “Nepokids”, ovvero ragazzi cresciuti nel lusso, con molti privilegi e che non conoscono la vita e le difficoltà dei nepalesi comuni. È vero non è la prima volta che il Nepal vive una rivoluzione, ma possiamo dire che è la prima volta che assiste ad una rivoluzione di questa portata, che dimostra come il potere dei giovani sia in grado di rovesciare la vecchia guardia in pochissimo tempo.
Un’altra figura sostenuta dalla Generazione Z è l’ex rapper di 35 anni e attuale sindaco di Kathmandu, Balen Shah. Avrà un ruolo nel governo?
Sebbene fosse il candidato favorito, ha rifiutato l’offerta di diventare premier. Ha appoggiato Sushila Karki, ex presidente della Corte Suprema, che la Generazione Z ha portato alla ribalta come sua protettrice. Molti giovani però chiedono che Balen ricopra l’incarico di primo ministro dopo le elezioni e non entri a far parte di questo governo provvisorio. Vista la situazione, però, tutto può succedere.
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