La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: The Young Pope, di Paolo Sorrentino

  • Postato il 14 maggio 2025
  • Cinema
  • Di Blitz
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La scorsa settimana, Robert Francis Prevost è stato eletto Papa. Leone XIV è il 267º Pontefice della Chiesa cattolica, il secondo Papa originario del continente americano, dopo il suo predecessore Francesco, e il primo nella storia proveniente dagli Stati Uniti. Le sue origini hanno subito scatenato la fantasia di molte persone, quelle che con la mente sono tornate al 2016, l’anno di uscita della serie The Young Pope firmata da Paolo Sorrentino. Ai limiti della profezia, il regista di Parthenope e La grande bellezza aveva già immaginato un vescovo di Roma statunitense proponendo uno dei personaggi più apprezzati della televisione moderna. Parliamo naturalmente di Lenny Belardo, interpretato da Jude Law, asceso al trono pontificio con il nome di Pio XIII.

Nonostante le critiche ricevute, quelle chiaramente interessate a denunciare la natura “blasfema” dell’opera, la serie ha raccolto ampi consensi tra pubblico e critica, un successo che ne ha consolidato lo status di cult televisivo. Oggi, cogliendo l’occasione di una presunta profezia sorrentiniana, vi consigliamo la visione, o il rewatch, di The Young Pope.

Lo stile divisivo di Paolo Sorrentino

Quando si è presentata su Sky nel 2016, The Young Pope ha fin da subito stimolato un grande interesse da parte del pubblico. Di fatto, però, ha polarizzato il giudizio delle persone. C’è chi si è trovato a proprio agio nel mondo ecclesiastico profondamente provocatorio proposto da Sorrentino, concepito secondo le regole e gli stili propri del suo cinema. Dal lato opposto, c’è poi chi lo ha denigrato, vedendo proprio nella tendenza cinematografica sorrentiniana un valido motivo per allontanarsi il più possibile dalla serie.

Come il suo protagonista, quel Lenny Belardo sfacciato, fotogenico e sui generis, anche la serie ha diviso nettamente il pubblico. Le ragioni di questo significativo fenomeno, spesso indice delle opere più interessanti, sono riconducibili al regista. In Italia, va detto, sono davvero pochi gli autori capaci di infiammare un certo tipo di dibattito riguardo al loro stile, conseguenza di una spiacevole tendenza della maggior parte dei registi a non possederne neanche uno. Che il cinema di Sorrentino sia divisivo è cosa nota e in questa serie, e ancor più nella successiva e più grottesca The New Pope, ogni elemento caratterizzante del suo linguaggio esplode all’ennesima potenza.

Ma quali sono le caratteristiche che rendono un’opera di Sorrentino estremamente riconoscibile al primo sguardo? Riducendo all’osso, alla base c’è sempre quel virtuosismo che più di qualcuno attribuisce alla natura derivativa del suo cinema. Altri, a ragion veduta, valutano “l’eccesso di maniera” come la fusione di più suggestioni creative che adempiono a uno scopo ben preciso: sprigionare un punto di vista il più personale possibile attraverso determinate contaminazioni, soprattutto provenienti dal nostro cinema. C’è poi la costruzione di quei personaggi la cui natura e apparenza vengono esaltate esplicitamente dalla tendenza, ancora una volta divisiva, al grottesco, talvolta perfino confinante con l’esasperazione caricaturale.

Poi i tempi, quelli che nel cinema di Sorrentino, ben distanti dagli standard del mainstream, si fanno dilatati allo scopo di favorire la più adeguata contemplazione così come un coinvolgimento che vuole rifarsi ai paradigmi viscerali dell’arte stessa, quella che merita uno sguardo più approfondito e meno distratto. Impossibile, infine, non citare quella fascinazione/feticcio per tutto ciò che si mostra decadente, un elemento caratterizzante ancora una volta in sintonia linguistica con il passato glorioso di un certo tipo di cinema italiano.

Tra distopia e provocazione

Eletto a sorpresa a 43 anni, secondo le macchinazioni del cardinale Angelo Voiello (Silvio Orlando), Lenny Belardo non è solo il primo Papa a stelle e strisce della storia, ma anche il più giovane. Quello che doveva presentarsi come un Pontefice docile e malleabile rivela al contrario una natura profondamente anarchica, non convenzionale e sorprendentemente conservatrice: è un accanito fumatore, è contrario all’aborto, vuole allontanare gli omosessuali dalla Chiesa, ripristinare le messe in latino e soprattutto rendere la Chiesa ancora una volta misteriosa e inaccessibile.

Belardo, in fin dei conti, è spinto da un profondo integralismo nel quale vi è spazio solo per l’adorazione di Dio, sottraendo alla Chiesa ogni forma di dialogo e di tolleranza verso il mondo esterno. Giocando con i toni della provocazione, naturalmente i più criticati ma in egual misura anche i più interessanti, Sorrentino solleva il velo ben adagiato su alcune delle più profonde contraddizioni della Chiesa cattolica: dallo sfarzo esibito e ostentato, in netto contrasto con l’innalzamento dei principi legati alla povertà, alla visione di una Chiesa percepita dalla prospettiva ben più scoraggiante di una vera e propria setta; dalla rottura del voto di castità, piegato ai naturali istinti sessuali, alle spire del più profano dei valori, quello economico, che si infiltra, guida e governa ogni qualsivoglia strategia anche all’interno del Vaticano.

Provocando, Sorrentino realizza un’opera che rimanda alle peculiarità della distopia e per certi versi anche a quelle della satira, nelle quali, talvolta sfociando anche nei territori della fantapolitica, il personaggio di Belardo si fa rappresentazione di un Papa ultra-negativo ma affascinante, distopico ma diabolicamente ammaliante.

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Autore
Blitz

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