La luce delle stelle morte: ricordi, perdite e incontri che illuminano l’anima

  • Postato il 20 dicembre 2025
  • Editoriale
  • Di Paese Italia Press
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Il Natale ritorna ogni anno come una soglia interiore. Non è soltanto una ricorrenza religiosa , ma un tempo dell’anima, una fase dell’anno che, per molti e per me, si fa più coinvolgente, più densa. È il tempo in cui le assenze diventano palpabili in una forma di prossimità silenziosa.
Nel corso della vita ho perduto i miei genitori, le nonne Mimma e Adele, zii carissimi. I nonni Andrea e Orazio erano scomparsi prima della mia nascita, eppure li sento vicini. Li ho conosciuti attraverso i racconti di mamma e papà, che li hanno consegnati a me inseriti nella trama delle esistenze familiari. Nella memoria nel percorso delle civiltà sul piano antropologico e metafisico come  insegna Pierfranco Bruni.
Mio padre è stato profondamente amato da chi lo ha conosciuto. La sua forza morale, la sua onestà umana e professionale, la serenità che ha sempre contrassegnato il suo modo di stare al mondo hanno lasciato un segno incancellabile. Era di una serenità capace di generare fiducia. Ancora oggi, nel ricordo che gli altri conservano di lui, un’allure continua ad accompagnarmi.

Alquanto premature e segnanti per la loro tragicità, durante la mia giovinezza furono le scomparse di zio Ciccino, fratello di mamma, uomo attraversato da uno stile esclusivo, estetico e formativo, e di zia Pina, sorella di papà, donna colta e tormentata.

Tra le presenze decisive della mia formazione affettiva e umana vi è zio Peppino Lo Castro. Mondano e mai sposato, viveva con nonna Adele e con i miei genitori in quella grande casa affacciata sullo Stretto di Messina, con il terrazzo aperto sul mare.

Mi voleva molto bene; probabilmente ero la figlia che non aveva mai avuto. Ha voluto bene anche ad Annalisa, mia figlia. Era intransigente ed esigente nei rapporti, ma profondamente affettivo. Il suo sguardo era sempre vigile sulle prospettive dei nostri studi e sul senso dell’impegno professionale, due punti fermi sui quali, in epoche diverse, io e Annalisa abbiamo cercato di consolidare le sue attese, che erano diventate anche i nostri progetti.

Sono mancati poi cugini a cui ero profondamente legata: Basilio, scomparso nel 2018, istrionico, affettuoso, straordinario viaggiatore; Mimma, “di Milano” come la chiamavamo da quando si era trasferita lì dopo il matrimonio, una donna di classe, preparata, morta troppo presto nel 1998, a soli dieci giorni dalla scomparsa di mia madre. Due perdite distanziate che hanno inciso profondamente nel mio percorso.

Da tre anni, un altro dolore infinito mi attraversa come un mare in tempesta: Pucci, il mio compagno di vita. Lo conobbi nel lontano 1989 sul luogo di lavoro. Era il dottor Giuseppe Mauro: un giovane brillante dirigente, ironico, di raffinata suadenza. Diplomatico, dotato di una forte preparazione giuridica, avrebbe raggiunto presto la posizione apicale dell’ente locale metropolitano di Messina. Ricoprendo fino alla pensione il ruolo di vicesegretario generale vicario. Pucci continua ad essere stimato e voluto bene unanimemente per stile e sensibilità essenza del suo passaggio terreno.
La nostra è stata una storia complessa, segnata da un amore profondo, sensuale e totalizzante, interrotto dalla sua morte. Una vita spezzata in circostanze che preferisco non rievocare e affidare al silenzio.

Con Pucci eravamo soliti ascoltare spesso i brani di Christian Cappelluti. Amava la chitarra, la buona musica e cantare. Nella musica di Christian riconosceva una qualità rara, non solo talento, ma visione, ascolto del mondo. Quelle note accompagnavano spesso le nostre serate sul divano blu.

In questi anni dolorosi, altre figure si sono iscritte nel mio cammino in modi diversi, sostenendo le mie sofferenze prima e dopo la morte di Pucci. Maria Pia Farinella, giornalista affermata caporedattrice RAI, corrispondente da luoghi di conflitto, allieva di Enrique Tierno Galván, professore universitario spagnolo e primo sindaco nel 1979 nella Madrid post-Caudillo, voce indipendente in sintonia con Leonardo Sciascia, con cui condivise progetti anche di matrice spagnola da cui proviene la sua formazione culturale. E Pierfranco Bruni, antropologo, figura di spicco della cultura italiana. Due intellettuali, due amici veri.
Entrambi, in modi differenti, mi sono stati accanto. La formula dell’incitamento a scrivere è stata decisiva: “Scrivere è un grande impegno, ma è anche cura”. Maria Pia lo ha sempre sostenuto con fermezza. Non dimenticherò mai quando, una sera a casa mia, mi rimproverò apertamente per averle raccontato di aver rifiutato, per mancanza di concentrazione, l’invito generoso di Pierfranco Bruni a partecipare a un progetto editoriale su Manlio Sgalambro, da lui diretto per la parte scientifica, in occasione del centenario della nascita, promosso dal Ministero della Cultura. Fu lei a indurmi a chiamare il professore Bruni e ad accogliere l’invito. Ne nacque il mio saggio nel volume pubblicato da Marco Solfanelli Editore: Manlio Sgalambro. L’empietà del greco siculo.
Un passaggio fondamentale della mia vita è stata anche la perdita del mio maestro Carmelo Garofalo, figura poliedrica e giornalista dalla penna finissima. Assistente del filosofo Galvano della Volpe durante gli anni gloriosi del Magistero di Messina, poi direttore dell’Istituto di Giornalismo da lui ideato negli anni Sessanta presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Fondatore e direttore de L’Eco del Sud – Messina Sera, giornale indipendente di Sicilia e Calabria, morto il 5 ottobre 2012, ha lasciato una testimonianza umana incomparabile.

È in questa atmosfera interiore che, in una notte di dicembre 2025, seguo la trasmissione sul Mondo di Christian”, in onda su Radio Onda UER, l’emittente dell’Università Europea di Roma. È la trentottesima puntata del ciclo ispirato alla vita e all’arte di Christian Cappelluti, in arte Chris Cappell. La conduce Carlo Climati, giornalista e scrittore, che propone una riflessione intensa e attualissima sul bisogno umano di ascolto, comprensione e vicinanza.
Il filo conduttore della puntata è il brano In Your Eyes, pubblicato nel volume Lasciami correre via (Edizioni Messaggero Padova), proposto in lingua originale con traduzione a fronte. Una canzone d’amore che può essere letta anche come una dedica all’amicizia: una richiesta di essere visti, accolti, riconosciuti nei momenti di fragilità. “Concediamoci una tregua per un po’…”: un invito a fermarsi, a rallentare, a restituire spazio all’incontro.
Christian Cappelluti nasce a Roma il 17 agosto 1975. È un talento precoce, ma soprattutto un’anima sensibile. Musicista, autore, compositore, produttore, inizia giovanissimo a scrivere canzoni e a sperimentare con la registrazione multitraccia. La musica è per lui linguaggio dell’anima.
Accanto all’arte coltiva con rigore lo studio. Dopo il diploma all’Istituto Massimo, si trasferisce negli Stati Uniti e frequenta la Wake Forest University, in North Carolina, una delle università più prestigiose del Paese. Qui consegue la laurea in Management e Accountancy, distinguendosi come uno degli studenti più brillanti della sua generazione, ricevendo numerosi riconoscimenti accademici. Parallelamente approfondisce la composizione musicale e costruisce un percorso che lo porta a collaborare con grandi nomi della musica italiana e internazionale. Mina, con cui collaborò per l’album Pappa di latte, lo ricorderà come un giovane di rara intelligenza, umanità e profondità. Nel 1998, con il nome d’arte Chris Cappell, firma il suo primo importante contratto discografico negli Stati Uniti. Accanto a lui c’è Antonella, la fidanzata, presenza discreta e partecipe.
Il 9 agosto 1998, durante un soggiorno in Scozia con lei, Christian muore improvvisamente a causa di una rarissima e aggressiva malattia del sangue. Ha ventidue anni. Una scomparsa che lascia sgomenti familiari, amici, docenti, musicisti, giornalisti.
Conosco i genitori, Adriana Notari Cappelluti e Franco Cappelluti, da molti anni. Con Adriana mi lega un sentimento profondo, un’amicizia affettiva autentica, maturata nel tempo e attraversata da silenzi, comprensione reciproca e rispetto. Un legame rafforzato anche da un amico comune: il nostro Domenico Maria Ardizzone, per me Mimì, giornalista e caporedattore RAI di Radio Tre Esteri, scomparso nel 2019. Uomo di rigore e finezza umana, a cui ho voluto molto bene.
Il dolore di Adriana e Franco è stato assoluto. Eppure hanno scelto di trasformarlo in impegno. Nasce così la Fondazione Christian Cappelluti, come progetto concreto: borse di studio universitarie, premi accademici alla Wake Forest University, concerti, convegni, scuole e progetti educativi in Italia e all’estero. I Chris Cappell College, in Italia e in India, ne sono l’espressione più tangibile. Trasformano il dolore in dono, mantenendo in vita ciò che il destino, incomprensibilmente, ha spezzato.

È notte. Ascolto la musica di Christian, come facevo con Pucci. Scrivo della mia famiglia, delle perdite, degli incontri. Lego la mia storia a quella di Chris. Scrivo di lui. Ricorre spesso il mio pensiero al suo mondo e ai suoi occhi da cerbiatto. Penso ad Adriana e a Franco, ai loro gesti di amore trasformato in dono verso i giovani. Le note arrivano come la luce delle stelle morte: continuano a viaggiare, a illuminare.
Penso al libro di Massimo Recalcati, Lutto e nostalgia. La luce delle stelle morte, che una carissima amica, mia e di Pucci, mi regalò dopo la sua scomparsa. Giusy Santangelo, anche lei segnata da un grande dolore, quello per la perdita del giovanissimo fidanzato, morto di notte in un incidente stradale, tanti anni fa.

È notte. Ascolto la musica di Christian. Scrivo della mia famiglia. Scrivo di lui. Gli voglio bene. Mi soffermo spesso sulla sua esistenza troppo breve eppure così intensamente compiuta. Quel ragazzo stupendo, dagli occhi di cerbiatto buono.


Alcune esperienze si riconoscono senza bisogno di spiegazioni.

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