La nuova epopea sonora degli spaghetti western: quando il cinema si ascolta
- Postato il 28 giugno 2025
- Di Panorama
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Negli spaghetti western la musica non accompagna la storia, la racconta. In questo genere cinematografico nato a metà degli anni Sessanta e diventato un’eccellenza italiana nel mondo, la colonna sonora è parte della narrazione, tanto da poter dire che in molte pellicole il montaggio e il ritmo delle scene si adattano ai brani musicali e non viceversa.
Indimenticabile in questo senso il leggendario duello, ribattezzato «triello», ideato da Sergio Leone alla fine de Il buono, il brutto e il cattivo. Cinque minuti vibranti, senza parole, in cui Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef si scrutano con le mani che scivolano sulla fondina in attesa di intuire chi sparerà per primo. Tre pistoleri, il sole a picco, un camposanto disseminato di croci in legno sullo sfondo, e un solo suono, quello della musica di Ennio Morricone, epica e drammatica che accompagna gli sguardi infuocati dei duellanti. Un capolavoro.
Sono una sorta di scatola magica i western all’italiana, un incontro tra linguaggio cinematografico e musicale unico al mondo, una combinazione inedita tra due arti che rileggono gli archetipi dell’old wild west andando oltre le sceneggiature e i commenti sonori a stelle e strisce.
Il West americano made in Italy è tutto azione, cinismo, culto del denaro, sparatorie e vendetta. Raramente entra in scena lo scontro con i nativi americani: la frontiera di riferimento è quella con il Messico attraversata da banditi spietati e senza scrupoli. Gli interni sono spesso quelli di Cinecittà, le riprese esterne, a seconda del budget, oscillano tra il deserto spagnolo di Tabernas, in Andalusia, il Nord Africa e i dintorni di Roma. Dietro la macchina da presa ci sono Sergio Leone, Sergio Corbucci (Django), Sergio Sollima (La resa dei conti), Duccio Tessari (Una pistola per Ringo) e molti altri ancora, per un totale di quasi 400 film realizzati tra il 1964 e il 1978.
Tutti accompagnati da brani originali, distanti anni luce dalle ballate folk e country che popolavano le colonne sonore americane del genere. A dispetto dello snobismo della critica italiana che per decenni ha stroncato il commento sonoro degli spaghetti western, i compositori di quelle musiche hanno inventato un genere, uno stile unico e inimitabile.
Adorato negli Stati Uniti da Bruce Springsteen, dai Metallica, da registi come Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, diventato di culto in Giappone, in Australia e nel Nord Europa. Di recente, Jeymes Samuel, regista e cantautore inglese, si è immerso negli archivi della Cam Sugar, il più grande catalogo al mondo di colonne sonore di cinema italiano, per realizzare Spaghetti western collection, un doppio vinile (anche in versione cofanetto deluxe) che rende omaggio ai compositori italiani.
Da Ennio Morricone in giù. Un disco che, come racconta Samuel, è una «lettera d’amore» per una generazione di musicisti geniali e spesso sottovalutati. Brani come Lo ammazzò come un cane… ma lui rideva ancora (di Daniele Patucchi) o Hey Amigos you’re dead (di Carlo Savina) sono la quintessenza dello spaghetti western sound. Che attraversa tutti i generi musicali, tenendo insieme le chitarre rock, il soul, la psichedelia, il jazz e le percussioni afro, con l’aggiunta di un tocco peculiare fatto di fischi, grida, campane, schiocchi di frusta, armonica, trombe, sibili di vento, urla di coyote e rumori ambientali del deserto.
Una nuova e inedita identità sonora, surreale, ipnotica, che permette ai film e ai loro protagonisti di comunicare senza proferire parola. Spaghetti western collection è un viaggio nelle pieghe di un universo musicale inimitabile, in atmosfere sospese nel tempo come quelle di Gray Skies di Alessandro Alessandroni (dal film Su le mani cadavere. Sei in arresto!). Compositore e direttore d’orchestra, Alessandroni è stato il fischiatore più famoso della storia del cinema: è suo infatti il leggendario fischio con cui inizia il brano Per un pugno di dollari firmato da Ennio Morricone. Ed è sempre lui che fischia nelle colonne sonore di C’era una volta il West, Lo chiamavano Trinità (con Bud Spencer e Terence Hill) e anche in Quando sarò vecchio, una canzone di Jovanotti del 2011.
Non meno iconiche le spettacolari suonate di pianoforte e i cori maestosi di Concerto per un killer (dal film L’ira di Dio) a cura di Michele Lacerenza, il compositore definito da Morricone «un trombettista sublime», passato alla storia con l’assolo di Per un pugno di dollari.
«Quando appoggerete la puntina del giradischi sul vinile, prendetevi un po’ di tempo per assorbire la magia di queste canzoni esclusive», consiglia Samuel, che di Spaghetti western collection ha dipinto a mano la copertina.
Un disco che racconta un mondo fatto di sabbia, polvere da sparo, forche, cavalli che scalpitano, uomini «che non chiedono mai» e suoni pienamente made in Italy, in cui la musica non ha confini di genere e in cui Peppino Gagliardi, una leggenda pop delle lunghe estati «stessa spiaggia stesso mare» dei Sessanta e Settanta, presta la sue corde vocali alla truce Ballata del pistolero (dal film omonimo): «Dicevi o Signore, il giorno dell’ira e del massacro è venuto come un tuono d’estate…».
Indimenticabile.