Lavarsi i denti, mandare un messaggio dal telefonino, prendere per mano qualcuno: movimenti consueti, ma impossibili se non avessimo mani che sono un vero capolavoro di ingegneria, forti ma anche precise grazie ai movimenti coordinati di 34 muscoli e 27 ossa. Perdere la mobilità della mano, a causa di un ictus o di lesioni al midollo spinale, significa essere meno indipendenti e per recuperarla una strada può essere la stimolazione elettrica del sistema neuromuscolare, che ripristina il comando motorio che dal nervo deve arrivare al muscolo.
Per controllare i movimenti più fini, in teoria, si dovrebbero impiantare tanti elettrodi quanti sono i muscoli della mano, un'operazione molto complessa. D'altra parte, usando un solo elettrodo nel midollo spinale si possono stimolare più muscoli contemporaneamente, ma si perde la destrezza e la precisione del singolo dito.
Come superare questo ostacolo? La soluzione potrebbe arrivare da un'innovativa neurotecnologia sviluppata in Italia. Il progetto Regrasp, guidato da Elena Losanno e Silvestro Micera della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, punta alla stimolazione mirata dei nervi. Il sistema usa uno stimolatore collegato a pochi elettrodi impiantati nei nervi periferici del braccio del paziente. A questi si aggiungono dei sensori wireless esterni che, comunicando con un controller portatile (simile a uno smartwatch), "capiscono" l'intenzione di movimento del paziente e attivano lo stimolatore al momento giusto. In questo modo, con un numero minimo di elettrodi si può ripristinare una buona destrezza, riuscendo a muovere le dita singolarmente per abbottonare una camicia, usare un cellulare, sollevare una tazzina.
Come funziona la mano bionica(L'articolo prosegue sotto l'infografica). Cervello In diretta
Ma per "riparare" il movimento è fondamentale anche capire in dettaglio come il cervello lo comanda. È proprio questo l'obiettivo di altre ricerche all'avanguardia. Queste si conducono, per esempio, nel laboratorio guidato da Patrizia Fattori, neuroscienziata dell'Università di Bologna e coordinatrice del sotto-progetto (Spoke 4) dedicato alle interazioni fra il cervello e il corpo.
Il suo team utilizza una tecnica di neuroimaging portatile e non invasiva (fNIRS), che sfrutta la spettroscopia infrarossa per misurare le variazioni di ossigenazione del sangue cerebrale e quindi esaminare l'attività del cervello in tempo reale. «Stiamo osservando come cambia l'attività della corteccia cerebrale in contesti reali e virtuali, mentre ci si muove o si interagisce con gli altri», racconta Fattori. «Abbiamo individuato una specifica via di comunicazione fra neuroni», spiega. «Si trova in un'area della corteccia che integra le informazioni sensoriali e motorie. Quando questa via si deteriora, nascono difficoltà a percepire il movimento, raggiungere oggetti o orientarsi nello spazio: problemi tipici di malattie come il Parkinson. Usare questo metodo di neuroimaging per valutare la compromissione di questa via potrebbe consentire diagnosi più tempestive e interventi più mirati»..