La peste è cambiata con noi. Grazie a un gene

  • Postato il 4 giugno 2025
  • Di Focus.it
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La peste nera è stata la pandemia più letale della storia umana, capace di uccidere da un quinto a un quarto della popolazione europea al suo esordio nel 14esimo secolo e di ripresentarsi, a ondate successive, fino al 1840. In che modo il batterio della peste si è evoluto nel tempo? Come ha fatto a modificare la sua virulenza, così da regolare il tempo di vita degli organismi che infettava - e quindi il tempo a disposizione per diffondersi?. Una ricerca pubblicata su Science attribuisce lo "spirito di adattamento" del patogeno all'evoluzione di un gene in particolare, il cui numero di copie ha determinato da un lato la letalità della peste, dall'altro la durata della sopravvivenza dei suoi ospiti. Le conclusioni dello studio rispondono ad alcune domande fondamentali su come i patogeni a potenziale pandemico si rapportano alle popolazioni umane. Come fanno virus e batteri ad evolvere diversi livelli di virulenza così da persistere a lungo negli organismi infettati? Che cosa regola la capacità di modulare il loro grado di letalità?. Tre pandemie. Gli scienziati della McMaster University in Ontario, Canada e dell'Istituto Pasteur in Francia hanno esaminato centinaia di campioni di DNA di Yersinia pestis prelevati da vittime antiche e moderne della peste. Gli storici individuano tre principali pandemie di peste: la Peste di Giustiniano, iniziata a metà del 500 d.C. e proseguita per circa tre secoli, tra Europa e Medio Oriente; la peste nera, dilagata dalla metà del 14esimo secolo e in seguito responsabile di diverse epidemie in Europa, fino all'inizio del 19esimo secolo; e una terza, partita dalla Cina nel 1855 e ancora in corso, sebbene controllata quasi ovunque nei suoi effetti letali, grazie agli antibiotici.. Un gene cruciale. Gli scienziati hanno ricercato nei campioni un gene conosciuto come pla, presente in molte copie nel codice genetico dell'Y. pestis. Questo gene permette al batterio di penetrare nei linfonodi sfuggendo alla sorveglianza immunitaria e da lì di diffondersi al resto dell'organismo.. Sempre meno copie. Il numero totale di copie del pla risultava diminuito nei campioni risalenti alle ultime ondate pandemiche di peste. E questa diminuzione andava di pari passo con un calo del 20% della letalità del batterio e con una più lunga durata dell'infezione. Significa che grazie a questa riduzione, gli ospiti della peste - i ratti: gli uomini sono infatti "vittime accidentali" - potevano vivere più a lungo e diffondere il virus per più tempo, prima di soccombere al patogeno. Quando invece il pla era presente in un alto numero di copie, la malattia risultava assai più virulenta e gli animali infettati morivano più rapidamente. L'importanza del pla e la sua capacità di modulare la letalità del batterio sono state confermate studiando la diffusione della peste bubbonica nei topi.. Lasciamoli vagare... Alla fine, anche i ceppi con copie ridotte di pla andarono estinti, l'ennesimo cambiamento nella relazione tra il patogeno e i suoi ospiti. I ceppi antichi e moderni di Y. pestis hanno seguito traiettorie molto simili nella riduzione delle copie del gene pla. Sia per la peste di Giustiniano sia per la peste nera, questo cambiamento è avvenuto un centinaio di anni dopo le prime epidemie. Per gli scienziati ciò permise ai ratti infettati di vivere più a lungo e diffondere l'infezione, assicurando il successo riproduttivo del batterio. I ratti vivevano nelle città a contatto ravvicinato con gli umani. Il batterio della peste aveva bisogno che i roditori sopravvivessero abbastanza a lungo per trasmettere la peste a nuovi ospiti e permettergli di proseguire la sua catena di trasmissione..
Autore
Focus.it

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