La prossima Eccellenza secondo Matteo Cocco: “Sarà il campionato dei dettagli, non c’è nessuna squadra materasso”

  • Postato il 18 luglio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico luglio 2025

Arenzano. Un primo anno a Pietra di altissimo profilo, poi gli alti e bassi della stagione scorsa. Ora per Matteo Cocco una nuova avventura all’Arenzano con la possibilità di continuare a crescere. Una novità per il tecnico che espande il proprio orizzonte calcistico ma anche per la sua nuova squadra che, dopo cinque anni con Alberto Corradi, accoglie un nuovo allenatore. Un cambiamento che però non spaventa Cocco, pronto a vivere con grandi stimoli questa opportunità. Abbiamo parlato con lui della sua crescita individuale, delle caratteristiche dei giocatori con cui lavorerà e dei valori in campo in un Eccellenza che si preannuncia incertissima. Ecco le sue parole.

Mister, lasci Pietra che hai più volte definito come “casa tua”. Come ti senti ad abbandonare la tua comfort zone per approdare in un ambiente nuovo?

Vivo questa situazione con grande entusiasmo ed energia. In estate ho rielaborato quello che è stato il percorso a Pietra, valutando quali cose riproporre e quali modificare in virtù di un contesto differente. Sarà un ripartire da zero, ma ho trovato una società che mi ha permesso di incidere da subito e motivata a riconfermarsi con un ruolo importante in questa categoria. Ho trovato un direttore, Matteo Marenco, anche lui nuovo ad Arenzano, con il quale si è instaurata da subito una bella sinergia. Siamo riusciti a operare con una logica condivisa, costruendo una squadra che per quelle che erano le esigenze ha una sua identità precisa.

Eri arrivato a Pietra due anni fa sostituendo il ciclo di sette anni di Mario Pisano parlando di “rottura morbida con il passato”. Ora ti trovi in una situazione simile, rimpiazzando Corradi dopo cinque anni ad Arenzano. Questa che rottura dovrà essere?

Sotto questo punto di vista sarà simile. In entrambi i casi mi sono trovato a essere il successore di due allenatori top che hanno lasciato un’impronta all’interno delle rispettive società. Tuttavia, il cambiamento è un’esigenza. Non solo nel calcio, il giorno in cui non migliori significa che stai peggiorando. Bisogna evolversi in modo graduale e non replicare se stessi. Il livello medio del campionato si alza e l’Arenzano riparte da una posizione da cui se peggiora si fa male. La direzione del cambiamento deve rispettare le caratteristiche calcistiche e personali dei giocatori con cui lavoreremo. Ma il cambiamento è inevitabile, deve essere responsabilità nostra indirizzarlo in modo intelligente.

Cosa cercavi dopo il tuo percorso a Pietra? Perché proprio Arenzano?

Mi sono trovato davanti a più scenari, tra cui anche quello di andare all’estero come vice allenatore. Cercavo una realtà nella quale poter incidere, in cui poter portare il mio contributo, il mio essere come persona e il mio modo di fare come allenatore. Questo mi è stato proposto ad Arenzano. Ovviamente cercavo anche un ambiente in cui venisse garantita la competitività, che non significa garanzia di ottenere un risultato, ma di poterlo ottenere facendo le cose nel modo giusto e facendo delle scelte, anche assumendosi dei rischi. Questo è il campionato dei dettagli, nessuno fa tutto bene. Più strade giuste prendi più fai la differenza, perché tutti lasciano qualcosa. Noi dobbiamo concederci meno situazioni approssimative possibili perché lì ci sono quei decimi di punto che quando si tirano le somme ti dicono chi sei.

A proposito di “campionato dei dettagli”. L’Eccellenza dell’anno scorso, soprattutto a metà classifica, si è giocata su pochissimi punti. Secondo te rivedremo lo stesso schema anche in questa stagione?

Credo di sì. Ci sono secondo me delle squadre che faranno un campionato a parte: il Pietra che parte da un terzo posto e si è rinforzato ulteriormente, il Campomorone che ha alzato l’asticella, la Genova Calcio che ha fatto una campagna acquisti paragonabile a quelle delle big degli scorsi anni, il Millesimo che sale con risorse e calciatori importanti, il Rivasamba e la Fezzanese a levante. Di solito le neopromosse dovrebbero competere per salvarsi, invece sono salite due realtà, Millesimo e Carcarese, che vanno già nella fascia alta della classifica. Chi riuscirà a fare un filotto positivo potrà inserirsi nelle posizioni più alte, e chi invece farà un filotto negativo, pur disponendo di valori, si troverà a fare la guerra dentro al fango.

Parliamo del mercato. Quali caratteristiche avete cercato nei giocatori e che Arenzano dovrà essere?

L’idea è stata quella di trovare giocatori con spiccate qualità in un’area di competenza specifica. Ognuno deve avere ben chiaro quale sia il mattone che deve apportare alla squadra. Nessuno è sostituibile, perché abbiamo caratteristiche individuali molto diverse tra loro ciò che ne esce è una squadra complementare. Non voglio un Arenzano in cui tutti sappiano fare tutto, ma ognuno deve avere consapevolezza del contributo che deve dare mettendo i suoi punti di forza a disposizione della squadra. La valorizzazione del singolo e il benessere collettivo devono andare di pari passo.

Tra gli acquisti c’è anche quello di Elia Andreetto che è un “tuo” giocatore. Per quale ragione hai scelto di portare con te un calciatore che conosci bene?

In questo caso la mia idea era quella di creare un ambiente completamente nuovo, quindi non volevo portare calciatori che avessero già fatto parte del mio percorso. Poi in realtà sono arrivati Andreetto, che avevo già allenato nel settore giovanile del Ceriale e il primo anno a Pietra, e anche Corengia, che avevo avuto nelle giovanili del Genoa. Ma loro sono arrivati perché erano quelli che rispondevano meglio agli identikit che stavamo cercando. In generale, avere uno o più giocatori che conosci ti permette di avere ragazzi che hanno consapevolezza delle priorità calcistiche e comportamentali di un allenatore, così da poter accelerare il percorso di apprendimento anche degli altri calciatori. Questa, però, deve essere un’esperienza nuova per tutti da maturare con nuovi obiettivi da raggiungere e nuove strade da percorrere insieme.

Dopo il tuo percorso nelle giovanili, l’esperienza al Como e il tuo biennio al Pietra, che allenatore ti senti oggi? In che cosa ti senti cambiato?

Mi sento un allenatore che ha più soluzioni nel proprio repertorio, grazie a quelle che ho sviluppato con le esperienze che ho fatto. Sono un allenatore più flessibile, non solo dal punto di vista tattico. Questo però non è necessariamente un vantaggio, perché ti porta a dover scegliere, dunque anche a dover escludere qualcosa. Con una singola strada è più semplice arrivare a fondo, se ne puoi percorrere di più corri il rischio di scegliere quella più trafficata. È importante capire quali strade non imboccare, perché non possono essere funzionali nel contesto specifico dell’Arenzano. Questa società è tradizionalmente abituata a trarre benefici nei momenti in cui ha potuto fare qualcosa in modo più spensierato e questa cosa va abbinata ad un forte spirito competitivo. Ci deve essere una sana incoscienza per arrivare superare il limite e allo stesso tempo la consapevolezza di quanto male possa fare la sconfitta.

 

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Il Vostro Giornale

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