“La Resistenza fu fatta da ventenni. E noi oggi continuiamo: ecco cosa significa nel 2025. L’Anpi siamo anche noi”. Parlano i dirigenti under 30
- Postato il 25 aprile 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Ottant’anni fa a combattere per la libertà erano ragazze e ragazzi poco più che ventenni. Oggi, nell’80esimo dalla Liberazione, a raccogliere quell’eredità sono ancora loro: giovani che scelgono di non restare spettatori, ma di mettersi in gioco, dentro l’Anpi. Lo fanno guidando sezioni, scrivendo discorsi, lavorando alla comunicazione, andando a parlare nelle scuole e costruendo nuovi linguaggi per la Resistenza. Non sono più solo il “futuro” dell’associazione, ma parte viva e attiva del suo presente. In un momento in cui il clima politico si fa più incerto e il racconto della storia rischia di diventare retorica, sono proprio loro, a riportare l’antifascismo dove, come ribadiscono, deve stare: nella vita, nella società e nella quotidianità.

Gabriele Bartolini, 21 anni, è presidente della sezione Anpi Trastevere-Prati a Roma. Alice Casadei, 26, sarà l’oratrice del 25 aprile a Ravenna. Mattia Golinelli, 25, guida la sezione di Concordia sulla Secchia, in provincia di Modena. Tre iscritti Anpi under 30, tre percorsi diversi e un filo comune, hanno raccontato a ilfattoquotidiano.it come loro sono il presente: “Non vogliamo essere chiamati i giovani dell’Anpi. Siamo l’Anpi, oggi” spiegano.
“Spesso ci dicono ‘siete il futuro’, ma noi siamo il presente. Non abbiamo bisogno di un’etichetta ‘giovani Anpi’, non vogliamo degli spazi separati. Vogliamo contribuire all’associazione oggi, senza aspettare che qualcuno ci dia il permesso” racconta Bartolini. Golinelli, dal canto suo, ricorda come “il protagonismo giovanile non è un’esigenza estetica è una necessità storica. La Resistenza fu fatta in gran parte da ragazzi e ragazze. A 25 anni, all’epoca, eri già un veterano. È naturale che oggi siano i giovani a raccoglierne il testimone, con nuovi strumenti ma con lo stesso spirito”. Casadei è altrettanto chiara: “Non mi interessa un’etichetta generazionale, ma il messaggio che portiamo. L’antifascismo di oggi non può ridursi a una commemorazione rituale. Deve essere un progetto politico attualizzato. Essere antifascisti oggi significa difendere la Costituzione, l’uguaglianza e i diritti sociali. Significa stare in guardia contro ogni rigurgito autoritario. E, soprattutto, significa affermare con chiarezza che il fascismo non è un’opinione. Per essere davvero efficace, l’antifascismo deve parlare il linguaggio delle nuove generazioni”.

Ma parlare il linguaggio delle nuove generazioni non significa inseguire mode o slogan. Significa restare fedeli a una direzione precisa. “La Costituzione è la nostra bussola. È il testamento di centomila morti, come la chiamava Calamandrei: il documento che ha sancito la vittoria di un modello di società sull’altro, e che continua a indicare la rotta delle nostre rivendicazioni nel presente. L’Anpi non è un partito, non può e non deve comportarsi come tale. È uno spazio politico sui generis, con una responsabilità ben precisa: custodire, diffondere e difendere la memoria. Non per nostalgia, ma per non perdere il senso della direzione” dice Bartolini. E sul protagonismo giovanile aggiunge: “Io sono scettico quando si parla ‘in nome di una generazione’. Le generazioni non sono blocchi monolitici, oggi come ieri. Ci sono sensibilità, esperienze, territori profondamente diversi. E proprio per questo l’Anpi deve restare aperta, plurale, capace di raccogliere voci differenti per dare loro spazio nella lotta antifascista”.
Uno dei fronti su cui l’associazione dei partigiani prova ad avvicinarsi ai giovani è quello della comunicazione. La campagna social “Conoscere, capire, scegliere la Liberazione”, lanciata dall’Anpi, è curata anche da un gruppo di giovani militanti, tra cui Bartolini. “Ogni giorno pubblichiamo contenuti storici, visual, materiali per le scuole e per i territori. È un lavoro di squadra, intergenerazionale. Non per sembrare ‘moderni’, ma per far vivere l’antifascismo nel presente”.
Golinelli non nasconde però le difficoltà nel coinvolgere nuove energie: “Il problema, spesso, è trovare giovani disposti a mettersi in gioco. L’Anpi, nell’immaginario collettivo, viene ancora percepita come un’associazione ‘impolverata’, composta solo da persone anziane e rigide nelle loro posizioni. Ma non dovrebbe essere così. Al contrario, io vedo in ciò che stiamo facendo una spinta rinnovatore all’interno dell’associazione. Le sensibilità giovanili, insieme a quelle legate ai territori e ai contesti locali, sono strumenti fondamentali per dare nuova linfa all’impegno antifascista e legarlo a una partecipazione attiva e attuale”.
“Quando andiamo nelle scuole – spiega ancora Golinelli – cerchiamo di far capire che i partigiani non erano figure mitologiche. Erano ragazzi e ragazze normali, come loro. Avevano sogni, dubbi e paure. E hanno fatto una scelta. Quella scelta, oggi, può essere fatta di nuovo”. Anche Casadei sottolinea quanto sia cruciale “tradurre” i valori resistenziali nel linguaggio e nella realtà di oggi: “Il nostro compito è intercettare e dare voce alle preoccupazioni della nostra generazione – l’insicurezza economica, la crisi ambientale e la guerra – e trasformarle in strumenti di partecipazione. Far capire che quei valori sono ancora contemporanei. Che la Resistenza non è finita”.

La parità di genere è parte essenziale di questa narrazione. “La Resistenza non l’hanno fatta solo gli uomini. Le donne erano combattenti, staffette e attiviste. Eppure, quando si parla di antifascismo, spesso spariscono. Raccontarle è fondamentale: per restituire una verità storica e per aprire spazio alle donne di oggi – sottolinea Casadei – Parlare di figure come Irma Bandiera o Natalina Vacchi serve anche a dire alle ragazze di oggi: questo spazio è anche vostro. E serve a cambiare l’immaginario, anche dentro l’associazione. Perché la rappresentanza non è solo una questione numerica: è una questione di sguardi”. Bartolini rilancia sul punto: “Dare spazio ai giovani non è un favore. È un investimento. Un’associazione che vuole avere futuro deve saper riconoscere e valorizzare le energie che la attraversano. Non possiamo limitarci a proteggere il ricordo: dobbiamo agire”.
Il 25 aprile, quest’anno, assume un significato particolare. È l’80esimo anniversario della Liberazione: un traguardo, ma anche una sfida a tenere vivo il ricordo. “Ricordare la Liberazione non è solo una commemorazione, ma è tenere viva la tensione e la visione di chi, uomini e donne di allora, ha combattuto per i valori della libertà, dell’uguaglianza e della democrazia. Oggi i giovani hanno un dovere, morale e sociale, che è quello di continuare a coltivare questi valori perché l’impegno e la responsabilità di quelle generazioni non vengano dimenticati. Nulla deve essere dato per scontato. Il pericolo per la democrazia, purtroppo, non è remoto. Per questo oggi più che mai serve una resistenza attiva e partecipata” dice Casadei. Golinelli ribadisce come: “Il rischio più grande è l’indifferenza. Oggi abbiamo bisogno di un’Anpi che non sia solo nelle istituzioni ma sia anche per strada, tra la gente. Un associazione che parli con le persone, che ascolti e che non si chiuda, ma che si apra e parli in modo diretto, senza mai cedere a convenienze o compromessi”.
Bartolini conclude ricordando come “la libertà non è un punto d’arrivo è una costruzione quotidiana. Ogni giorno, in ogni contesto, possiamo scegliere se stare dalla parte dei diritti o dell’indifferenza. L’Anpi serve a ricordarci che quella scelta non è neutra. E che anche oggi serve coraggio”. E alla fine, emerge una visione comune. Non nostalgica, ma fortemente politica. “Vogliamo un antifascismo che non sia solo reazione, ma proposta. Che non guardi solo indietro, ma in avanti. Che costruisca giustizia sociale, pace e dignità. È questo il vero modo di onorare chi ha fatto la Resistenza. Continuarla” sottolinea Casadei.
A ottant’anni dalla Liberazione la voce viva dei partigiani sta per spegnersi lentamente. Ma ci sono i loro eredi. Ragazze e ragazzi che non vogliono solo commemorare, ma anche agire. Che non cercano un ruolo simbolico, ma concreto. Perché come tengono tutti e tre a sottolineare, “la libertà non si eredita: si costruisce ogni giorno”.
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