La salute della gente non può venire dopo le logiche economiche

  • Postato il 10 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
La salute della gente non può venire dopo le logiche economiche

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Ci voleva un vescovo per spiegare alla politica e alla pubblica amministrazione (governo centrale e regionale) che non si può andare avanti con la “logica che sottopone le persone all’economia”? Questo ci ha scritto ieri, venerdì 9 maggio, aderendo alla manifestazione di oggi, sabato 10 maggio, a Catanzaro, monsignor Giovanni Checchinato, metropolita di Cosenza e Bisignano. E queste sono le parole che andrebbero incise su una pietra, portate alla Cittadella e a Palazzo Chigi per essere cementate davanti agli occhi di chi ha deciso e decide sulla Sanità italiana.


E proprio queste parole sono alla base del movimento di chi ha deciso di alzare la testa e non permettere più che il diritto alla salute degli abitanti della Calabria venga calpestato secondo una regola aberrante che suona, più o meno così: se ci sono i soldi ti curo, se non ci sono, peggio per te. E non c’entra il presidente Roberto Occhiuto e neppure quelli che l’hanno preceduto. Tutto nasce da quando, alla fine dello scorso millennio, la logica che presiedeva alla salute degli italiani venne completamente stravolta.

La riforma che, nel 1978, aveva istituito il Servizio Sanitario Nazionale, intendeva mettere in pratica il dettato dell’art 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.


Per anni, non senza problemi ed errori, il Servizio Sanitario Nazionale ci riuscì e la spesa venne anche razionalizzata, sottoposta a controlli e i servizi sanitari furono resi più efficienti. Ma questo, ricordando sempre che, al fondo di tutto, c’era un diritto fondamentale del cittadino e che la spesa sanitaria, derivando dalla fiscalità generale andava tarata sulle necessità dei cittadini, non sui bilanci. E se i soldi non fossero bastati, o si faceva deficit (sempre a carico dei bilanci statali), o, eventualmente, la qualità dei servizi sarebbe scesa in modo uguale per tutti.

La regionalizzazione del SSN, però, ha fatto sì che, grazie al sistema della spesa storica, la differenza tra i livelli sanitari delle regioni ricche e quelli delle aree più povere, si è ulteriormente allargata. E se la spesa sanitaria, negli ultimi 25 anni è salita da circa 70 a 128 miliardi, la stessa curva, a valori costanti (cioè al netto dell’inflazione) ci dice che, dopo un picco nel 2010 e un altro nel 2021, siamo sempre lì e anzi stiamo scendendo.

E la spesa pubblica sanitaria, sempre negli ultimi 25 anni, è salita pian piano, dal 5,4% al 7% del Pil (2009/10), è scesa al 6,4% (2019), è schizzata al 7,3% nel periodo del Covid per poi precipitare di nuovo al 6,2%. Insomma, siamo sempre lì, a dimostrazione del fatto che il salto di qualità non si riesce a farlo. Per la cronaca, la spesa per la difesa, intanto, è salita da 7,3 a circa 30 miliardi dal 2021 a oggi, passando da un decimo a un quarto di quella per la salute.


In questa logica e tenendo anche conto che la quota del privato nel sistema sanitario è arrivata al 26% del totale (dato Gimbe 2025), il valore per lo Stato della salute dei cittadini è in continua discesa. In Calabria, in particolare, assistiamo al fenomeno della fuga a curarsi nelle altre regioni per un valore ormai superiore ai 350 milioni annui che comporta un sensibile aumento delle aliquote fiscali dei calabresi e al fenomeno delle persone che rinunciano del tutto a curarsi pari al 7,3% delle famiglie calabresi.


I numeri possono bastare, ma potremmo aggiungere che per il personale sanitario (anno 2022) sono presenti in Calabria 1,91 medici dipendenti ogni mille abitanti (media Italia 2,11); 3,9 infermieri dipendenti ogni mille abitanti (media Italia 5,13) con un rapporto infermieri/medici dipendenti pari a 2,05 (media Italia 2,44).


Tutte queste carenze generano la sofferenza della sanità calabrese dove i quattro ospedali che mancano, prima o poi, saranno costruiti, ma intanto, appunto, mancano. Dove le liste d’attesa sono più difficili da abbattere dei muri antimigranti di Trump; dove i servizi dell’urgenza sono a rischio e generano rischi per i cittadini; dove quando muore qualcuno in ospedale come è successo l’altro giorno a Vibo alla povera Martina Piserà e al suo bambino, tutti si pongono la legittima domanda: “Sarà un caso di malasanità?” e, ad ogni buon conto, si aprono le inchieste della Procura e quelle interne della Asp.


Oggi a Catanzaro, siamo venuti a manifestare contro uno stato di cose che è nei fatti e per dare forza a una piattaforma che oggi verrà presentata al Prefetto. E, nei giorni successivi, chiederemo al presidente Occhiuto di riceverci per portare alla sua attenzione le numerose questioni sollevate. Nella logica (che lui stesso ha riconosciuto valida) dei cittadini che si muovono, constatano difetti e ritardi nel sistema, chiedono soluzioni dei problemi in tempi rapidi.


E il movimento che oggi scende in piazza, non ha intenzione di fermarsi. Le questioni calabresi verranno poste a chi governa la Calabria, ma anche a chi dirige la Sanità pubblica a livello nazionale collegandoci all’iniziativa di oltre 130 associazioni italiane intitolata: “Non possiamo restare in silenzio. La società civile per la sanità pubblica”. Chi ha dato vita a questa idea molto simile alla nostra (novembre 2024) mi ha raccontato che quando hanno cominciato non credevano di trovare tanto interesse e disponibilità: “Sembrava che stessero aspettando che qualcuno raccogliesse la loro sofferenza e la trasformasse in battaglia politica e sociale”.


Sapete? È un po’ quello che è successo a noi del Quotidiano. Molti ci hanno detto “grazie” per aver dato un luogo fisico (il giornale lo è) dove mettere insieme le loro istanze e far nascere una comunità pacificamente rivendicativa. Io penso che i comitati, i cittadini, le associazioni, i sindacati, fossero pronti; che qualcosa, partito da loro, già volasse nel cielo della Calabria. Noi abbiamo solo messo a disposizione un ramo su cui posarsi, andare a Catanzaro a farsi sentire e, poi, riprendere il volo.

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