La spallata di Stasi al centrosinistra: «Perse tre elezioni su tre, ora si facciano da parte»

  • Postato il 9 ottobre 2025
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La spallata di Stasi al centrosinistra: «Perse tre elezioni su tre, ora si facciano da parte»

Una analisi profonda e tagliente quella di Flavio Stasi che dopo la sconfitta alle elezioni regionali apre un fronte puntando i leader del centrosinistra: «Perse le ultime tre elezioni, si devono fare da parte»


DI Flavio Stasi si dice che è stato l’unico, finora, a battere Occhiuto, seppur in via indiretta. Accadeva un anno e mezzo fa, quando veniva rieletto sindaco di Corigliano Rossano, stravincendo (finì 65% a 35%) su Pasqualina Straface, fedelissima del presidente della Regione, che in campagna elettorale mise anche la faccia, con un comizio dai toni accesi. Giovane, di sinistra ma indipendente dai partiti, un passato da attivista sul territorio, vincente: è da lì che più d’uno ha iniziato a considerarlo lo sfidante perfetto del presidente uscente, in questa tornata regionale piombata con un anno di anticipo. Il campo larghissimo ha trovato poi in Pasquale Tridico un nome capace di metter d’accordo tutti.

Le urne, alla fine, hanno premiato di nuovo Occhiuto e il centrosinistra si vede costretto a fare i conti con la terza sconfitta di fila e uno scarto di quasi il 16%. «Spero che nessuno, da Roma a Reggio Calabria, abbia il coraggio di inventarsi bicchieri mezzi pieni: non c’è rimasto nemmeno il bicchiere» ha scritto Flavio Stasi nelle scorse ore sui social.

Sindaco, la sua analisi post voto è stata durissima. Qualcuno però potrebbe commentare che è l’analisi di chi avrebbe voluto essere il candidato presidente, ma ha visto poi la coalizione scegliere diversamente. Cosa risponde?

«Che questo è il commento di chi fa le scelte sbagliate e poi vorrebbe dare le responsabilità agli altri: è una delle pratiche preferite dai vertici regionali del centrosinistra per conservare le proprie posizioni. Ora basta. Il mio commento è frutto di tre elezioni perse, con facciate e partiti diversi, ma sempre con gli stessi metodi e dagli stessi soggetti. Lo dico senza infingimenti: è il momento di cambiare metodo e che quei soggetti si facciano da parte. L’alternativa politica alla destra si costruisce dal primo giorno della sconfitta, tra la gente, coi piedi sui territori».

Abbiamo sentito dire al centrosinistra più volte in questi anni ‘uniti si vince’. E gli esempi, in effetti non mancano. Stavolta, però, la coalizione era unita, il campo anzi era larghissimo, ma non è bastato. Cosa non ha funzionato?

«L’unità non è una pratica burocratica, ma una condizione politica. Significa avere obiettivi comuni e trascinamento dal basso. La nostra unità era una creazione artificiale dall’alto, frutto di calcoli romani e regionali in virtù delle prossime elezioni politiche, non degli interessi della Calabria: ha unito i vertici, non la base. Per proporre un governo alternativo al sistema di potere delle destre devi avere il coraggio e la credibilità di fare scelte coraggiose, di proporre una classe dirigente nuova, di avere posizioni chiare sui temi principali, altrimenti si risulta la brutta copia del centrodestra e la nostra gente preferisce l’originale».

Parliamo della campagna. Nulla da rimproverare a Tridico, lei scrive. Ma degli errori sono stati fatti? Nelle liste o soprattutto nella campagna elettorale, nel messaggio che andava comunicato. Era la strada giusta, secondo lei, insistere su reddito di dignità, 7mila forestali da assumere, lo stop al bollo auto calato poi a due giorni dal voto? O imboccare la via giustizialista? Lei ha ripreso Occhiuto, per le dichiarazioni post voto, dicendo alle elezioni ci si confronta politicamente e le questioni giudiziarie si affrontano in altri contesti. Va detto però che l’ultima settimana, dopo il voto nelle Marche, sia Tridico che Conte l’argomento inchiesta l’hanno sfruttato.

«Non rimprovero nulla a Tridico perché si è impegnato con generosità e ha provato a colmare con la propria faccia e la propria testa le lacune profondissime della coalizione, a partire da quelle politiche. Se proprio devo trovare un difetto al nostro candidato presidente è che si è fidato forse poco di chi sta con il naso sul territorio e troppo di chi gli raccontava che andava tutto bene, spingendolo verso il baratro. Alcune proposte non mi sono piaciute, ma in una coalizione larga non si può essere d’accordo tutti su tutto, succede a ogni livello. Sulle questioni giudiziarie io ho una posizione chiara: sono garantista e lo sono anche per i miei avversari politici. Il giustizialismo è una falsa categoria politica perché finisce per essere insostenibile: basta guardare le nostre liste. Credo che avessimo così tanti argomenti per smontare la narrazione di plastica di Occhiuto che non sarebbero bastate mille interviste, per cui aver parlato dei suoi guai giudiziari, che dovrà affrontare nelle giuste sedi, è stato un favore».

Anche Avs è andata sotto le aspettative, almeno per chi analizza facendo riferimento al dato delle Europee, che, come sappiamo, è sempre tutta un’altra partita. Ad ogni modo, resta comunque sotto il dato nazionale. Cos’è mancato?

«Avs in Calabria è in piena fase di strutturazione e partiva praticamente da zero. Alle Europee non è necessario il radicamento sul territorio, alle regionali sì e ancora non c’è. Nonostante questo probabilmente senza l’esclusione di Mimmo Lucano, sia a Cosenza che a Reggio Calabria, sarebbe scattato il seggio. Ora è necessario strutturarsi sul territorio, per diventare a livello regionale quella alternativa credibile e nuova che è già presente a livello nazionale».

Azzeramento, non rinnovamento scrive nel suo post. Una cura insomma radicale, che quasi evoca la rottamazione renziana (e di Renzi poi ne parliamo). Nel concreto, da cosa partire? Quali sono i passi che il centrosinistra calabrese dovrebbe fare per iniziare a ricostruire e, per una volta, imparare davvero da una disfatta elettorale?

«Dalle esperienze vincenti, dai territori, da dirigenti di partito che stiano in Calabria e facciano politica in Calabria 365 giorni all’anno. Non si faccia il paragone con Cannizzaro, perché Cannizzaro vince mentre i nostri sono medaglie d’oro di sconfitta. C’è una nuova classe dirigente fatta da sindaci, consiglieri, assessori, attivisti, dirigenti locali che è stata mortificata per la terza volta: bisogna che questa nuova classe dirigente prenda in mano il centrosinistra, anche con il sostegno di chi è stato eletto in Consiglio Regionale».

Il centrodestra ha vinto bene anche nella sua Corigliano Rossano. Pasqualina Straface, dopo la pesante debacle elettorale contro di lei alle amministrative, si è presa comunque la soddisfazione di essere la più votata. Posto che parliamo di elezioni diverse, ma come si spiega questo dato ribaltato a distanza di un anno e mezzo circa?

«Basta guardare le liste e le sezioni. La disorganizzazione della nostra coalizione non ha consentito nemmeno di rilevare che un’intera area, quella coriglianese, è stata lasciata senza un candidato, e il centrodestra ha fatto ciò che ha voluto. Ovviamente qualcuno aveva suggerito soluzioni ma non sono state ascoltate. Non parliamo di un seggio, ma di aree di centinaia di chilometri quadrati e decine di migliaia di elettori. Dove i candidati c’erano, come nell’area rossanese, Tridico ha vinto, ma non è una cosa che riguarda la città, è un fatto di organizzazione e radicamento sul territorio. Ripeto che il centrosinistra per vincere deve essere credibile, radicato e coraggioso, come siamo stati alle amministrative contro un’armata che aveva persino fatto ritirare altri candidati per inglobarli. Le brutte copie non piacciono a nessuno».

L’abbiamo vista alla Leopolda, insieme a tanti sindaci, del Pd o indipendenti di centrosinistra. L’esperienza le è piaciuta, da quello che ho letto. Ma cos’è, ci diventa renziano ora?

«Alla Leopolda, tra le altre cose, ho criticato il Ponte sullo Stretto e alcune riforme del regionalismo, comprese quelle del Governo Renzi, perché ho percepito che si tratta di un luogo di confronto vero. Prima di me è intervenuto il ministro Valditara, di cui non ho condiviso nemmeno le pause tra una frase e l’altra. Credo che i luoghi di confronto in Italia siano pochi, in Calabria nessuno, e credo sia un problema serio. Se mi è piaciuto che il sindaco di Corigliano-Rossano, cittadina del nord-est del profondo sud abbia discusso coi sindaci di Roma, Napoli, Genova, Vicenza, Mantova e abbia dimostrato come esista una valida classe dirigente del mezzogiorno che emerge col triplo delle loro difficoltà? Sì, mi è piaciuto».

Si voterà di nuovo alla Provincia, quando Rosaria Succurro opterà per il seggio in Regione. Pensa di candidarsi?

«No e aggiungo: sono per la candidatura di un giovane sindaco, magari di un comune medio piccolo che abbia la possibilità di dedicarsi con maggiore intensità all’amministrazione provinciale visti anche i disastri inenarrabili lasciati dalla Succurro. Questo potrebbe essere utile anche a far emergere qualche giovane amministratore creando e dando visibilità a una nuova classe dirigente. Nell’ambito calabrese sono strano, perché si è abituati a gente che si muove per soffocare gli altri e non per farli emergere. È la pratica dei mediocri. Chi non lo è non ha paura di altri che emergono, anzi: cresce confrontandosi. Credo che questo dovrà essere un principio fondante del nuovo centrosinistra».

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