La Stampa, l'ira dei giornalisti che scoprono di essere sulla barca degli operai Fiat

  • Postato il 16 dicembre 2025
  • Italia
  • Di Libero Quotidiano
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La Stampa, l'ira dei giornalisti che scoprono di essere sulla barca degli operai Fiat

C’è uno psicodramma nello psicodramma, dentro l’affaire che sta sconvolgendo in questi giorni il bel mondo, la possibilità barbara che due aziende private del comparto editoriale siano oggetto di una compravendita, come se addirittura ci trovassimo in una società di libero mercato. La saga è quella della famiglia Elkann pronta a cedere le testate del gruppo, Repubblica e Stampa in testa. Il lutto ulteriore, l’allarme democratico al quadrato, è un cortocircuito tutto interno all’establishment torinese di diretta discendenza “agnelliana”, uno squarcio dentro il mondo di riferimento della casata che è stata l’unica forma di monarchia sopravvissuta nell’Italia repubblicana, con l’Avvocato come ultimo Re. Comunicato pubblicato ieri dal Cdr de La Stampa, un rito otto-novecentesco che però ci dice molto dell’oggi:

«Sabato scorso John Elkann ha respinto l’offerta di acquisto della Juventus con un video messaggio e la precisazione che “la squadra, la nostra storia e i nostri valori non sono in vendita”». Una posizione che sta ancora nel diritto della proprietà, ci risulta. Non abbiamo intenzione di cedere la Juve, per gli unici motivi possibili nel caso di una società di calcio (la più scudettata, en passant): motivi extra-contabili, di storia e fin di epos. I colleghi non ci stanno, ad essere prosaicamente espulsi dal mito, e travasano la bile su carta: «Vale per il calcio, ma non per il nostro giornale e i suoi oltre 150 anni di storia. Storia che si può serenamente svendere, senza nemmeno curarsi di capire a chi». O hanno doti di preveggenza, o è un po’ scappata la frizione retorica: come fanno a sapere che l’operazione sarà per forza una “svendita”, se non è stato ancora nemmeno individuato con certezza l’interlocutore? «La Stampa fa - anche se a questo punto è ormai tempo di scrivere faceva - parte della stessa famiglia e dello stesso grande gruppo industriale che si sta via via disgregando, distruggendo valore e valori, dal 1926». Parole che contengono molte ragioni, lievissimamente fuori tempo massimo. Non si ricordano appelli, prese di posizione, ma nemmeno cronache rigorose o approfondimenti mirati (che poi sarebbero l’essenza del mestiere, Cdr o no) di fronte allo schema con cui la “stessa famiglia” e “lo stesso gruppo industriale” hanno gestito il tramonto Fiat: dismissioni, delocalizzazioni, cassaintegrazioni. A meno che si flirti implicitamente con l’idea che il lavoro del notista politico sia più degno e meriti più tutele di quello dell’operaio alla catena di montaggio, in uno stadio del radical-chicchismo che nemmeno Tom Wolfe aveva esplorato.

 

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«Difendiamo la nostra Costituzione e i valori ereditati da Norberto Bobbio e Galante Garrone e sempre tramandati». Benissimo, anche se quel “sempre tramandati” ci fa sospettare che si tratti più di adesione mistica che di rilettura razionale, non a caso in pagina ci va poi una selezione accurata di quei “valori” (non riscuote molto successo presso la narrazione del quotidiano lo stupore di Bobbio in tema di aborto a proposito dei «laici che lasciano ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere», per dire). In ogni caso: è in pericolo la Costituzione, se La Stampa passa di mano, siamo davvero a questi esiti Dada? Evidentemente sì, visto che si reitera l’appello al governo, improvvisamente non più neofascista infrequentabile, su «posti di lavoro e vite» di cui «temiamo non abbia troppa intenzione di farsi carico». Serve il Golden Power, hanno già detto gli amici a sinistra. O forse serve Spalletti, ma quel diavolo di Elkann l’ha già girato alla Juventus.

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Libero Quotidiano

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