La storia del Comune di Milano che sfratta il Museo del Fumetto è una fake news
- Postato il 13 giugno 2025
- Fumetti
- Di Artribune
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Quando c’è una storia perfetta per fare sensazione sui media, beh quasi sempre quella storia non è del tutto vera. È esagerata, è una strumentalizzazione, è una semplificazione ad uso e consumo dell’indignazione da commento social. Ma realmente pensate che un ente elettivo soggetto al giudizio dei cittadini proceda a cuor leggero in un’azione così impopolare come lo “sfratto” di un museo con tutte le narrazioni e la viralità mediatica che ne consegue? A che pro? Per farsi massacrare da radio, tv e giornali e fare la figura dei brutti e cattivi?

Non esiste nessuno “sfratto” del Museo del Fumetto di Milano
E infatti nessuno sfratta nessuno: per quanto riguarda WOW Museo del Fumetto di Milano (ma vale anche per l’altra grande strumentalizzazione del momento, quella del Museo Leonardo 3 nella Galleria Vittorio Emanuele sempre a Milano) la storia è molto diversa e proviamo di seguito a ricostruirla ulteriormente (dopo aver già iniziato qui) attribuendo in maniera più equa le eventuali responsabilità dopo aver sentito tutte le parti in causa.
La storia di WOW Museo del Fumetto di Milano
Il nastro va riavvolto almeno fino al 2011. Gli spazi dove arriverà il museo del fumetto sono vuoti e fanno parte di una ex area industriale dove c’era il primo grande stabilimento della Motta e dove in seguito arrivò un deposito dei mezzi pubblici dell’ATM. Ci sono le elezioni nel 2011 e la sindaca Moratti ha bisogno di successi: va fatto il bando, va assegnato lo spazio e la convenzione e il bando stesso vengono scritti un po’ frettolosamente.
Al bando partecipa solo la compagine che poi senza grandi fondi ma con grande passione allestirà il Museo del Fumetto. Unico partecipante e bando assegnato in fretta e furia. Al di là del pressapochismo della politica, il progetto vincitore parte il 1 aprile del 2011 in tempo perfetto per le elezioni del maggio di quell’anno. L’affitto è molto molto contenuto e lo spazio è generoso: 1200 mq su due corpi che tuttavia presentano più di qualche problema di progettazione e di manutenzione dovuti ad un lavoro di restauro non del tutto idoneo.

Il sostegno del Comune di Milano al Museo del Fumetto fin dai primi anni
Sia per questo motivo sia per la intensa attività culturale fatta di mostre, incontri, presentazioni e lezioni oltre che gestione della collezione (di cui abbiamo ampiamente parlato qui), il museo oltre a beneficiare di un affitto assai ridotto riceve dal Comune anche dei contributi e altri ne riceverà dalla Fondazione Cariplo. Inoltre dopo qualche tempo si apre un frequentato e vivace bar all’interno della struttura e l’affitto del gestore che entra nelle casse del museo quasi pareggia l’esborso per l’affitto che il museo stesso deve corrispondere al Comune.
Nonostante questa situazione che appare finanziariamente piuttosto favorevole, WOW inizia ad avere difficoltà a pagare regolarmente l’affitto fin dal 2017. Ciononostante le attività continuano molto cospicue e il museo irrobustisce il suo ruolo in città al punto dall’essere diffusamente considerato un “museo comunale” pur essendo invece uno spazio culturale proposto da privati che di comunale ha soltanto le mura temporaneamente concesse in cui è stato allestito. Arriva il Covid e non è di certo una benedizione per una struttura come WOW che lavorava e lavora moltissimo con le scuole al punto dall’essere ancora oggi chiuso al pubblico al mattino per dedicarsi esclusivamente ai ragazzi. Il museo riceve dal Comune anche i ristori Covid ma questo non interrompe l’accumulazione del debito che arriva ad oggi a cubare tra i 150mila e i 180mila euro a seconda delle fonti con dunque intere annualità non pagate.

La gestione del Museo del Fumetto di Milano accumula ingenti debiti
Il museo sostiene che senza contributi pubblici (venuti meno a partire dalla seconda parte della Giunta Pisapia, quando Filippo Del Corno è diventato assessore al posto di Stefano Boeri, o meglio subordinati a bandi piuttosto che ad assegnazioni dirette) e con le spese dovute alle eccessive manutenzioni – spese però non chiaramente documentate – non c’è stata la possibilità di pagare regolarmente l’affitto. Ma è un cane che si morde la coda perché una realtà che ha una concessione comunale ed è morosa non può essere sostenuta da fondi comunali: anche per questo motivo sono venuti meno negli anni anche gli aiuti del Municipio 4 nel cui territorio il museo insiste.
Il Comune lamenta anche una scarsa attenzione nella gestione a tutto tondo degli spazi, come ad esempio ritardi nella CPI (la certificazione della prevenzione incendi) e altri adempimenti simili oltre che uno scarso sfruttamento degli spazi: aree pregiate della struttura inutilizzate, così come la terrazza.
Museo del Fumetto: molta buona volontà, contenuti di qualità, organizzazione inadeguata
La sensazione è che la concessione de parte della Fondazione Fossati (titolare di WOW Museo del Fumetto) venga portata avanti con un grande impegno, volontà e sforzo dal punto di vista dei contenuti culturali che sono oggettivamente di buon livello. Ma senza una vera capacità di interlocuzione istituzionale, senza una lucidità nel saper distinguere il piano politico da quello amministrativo e con molte lacune dal punto di vista manageriale. Il museo e il suo direttore Luigi Filippo Bona si pongono con un atteggiamento tipo “noi facciamo cultura e portiamo buoni contenuti, per cui voi ci dovete dare risorse per farlo” che può essere anche comprensibile, ma che senz’altro non è efficace specie se accoppiato ad una sostanziale disorganizzazione dovuta ad una squadra non del tutto adeguata a coprire tutte le esigenze di un moderno centro culturale.
Si tratta di un approccio non efficace ma oltretutto neppure giusto: ci sono infatti vari casi a Milano di entità culturali prestigiose tanto quanto il Museo del Fumetto che però pagano regolarmente l’affitto, non accumulano debiti, non chiedono deroghe, non pietiscono aiuti da parte del pubblico con improbabili raccolte di fondi come sta facendo WOW. Un esempio può essere il Museo per i Bambini alla Rotonda della Besana ad esempio. Senza contare che gli affitti non corrisposti altro non sono che i soldi dei cittadini milanesi.

Opportunità non sfruttate a pieno per dare sostenibilità al museo
Operando nel cuore di Milano, uno spazio di questo tipo ha infatti una infinità di opportunità per costruire la propria sostenibilità economica in maniera sana orchestrando gli spazi, parlando con le aziende, sfruttando le tante ricchissime “week” che siano dedicate alla moda o al design dove dozzine di brand sono a caccia di spazi sempre di più in quartieri non centrali. WOW ha certo avuto qualche contributo da parte di privati (incluse alcune sponsorizzazioni tecniche ad esempio per elementi di tecnologia), ma un sano fundraising attivo e continuato è stato platealmente trascurato tanto che non c’è nel team del museo una figura a questo dedicata. L’atteggiamento per cui “noi facciamo cultura e non possiamo stare appresso ai brand” non porta però lontano ammenoché non si abbia alle spalle qualche grande mecenate pronto a coprire le perdite.
Il Comune “sfratta” chi non paga l’affitto? E per fortuna che lo fa!
“Dal Comune guardano solo i numeri invece di pensare al nostro contributo culturale”, lamentano dal museo. E tutti i media appresso, al fine unico di generare indignazione che è la benzina preferita dell’engagement social. Ma l’indignazione ci dovrebbe essere all’inverso: ci dovrebbe essere semmai contro un’amministrazione che non si curasse di far rendere i propri beni, che non stesse attenta a trovare inquilini all’altezza di una gestione sana, che non li amministrasse in maniera oculata. Insomma: per fortuna il Comune di Milano non lascia correre quando ha degli inquilini morosi.
Ma al di là del giusto rigore, in effetti l’amministrazione ha fatto ogni cosa possibile per salvare la situazione, forzature incluse. Ha atteso pazientemente fidejussioni che non sono mai arrivate, ha valutato di prorogare la concessione di ulteriori 2 anni (dopo gli 8 + 6 già svolti), ha accettato di lasciare gli spazi agli attuali inquilini anche dopo la scadenza ed in attesa del bando: ma il museo vuole accettare questa proposta solo se è gratuita quando gratuita non può essere. Ora siamo arrivati all’epilogo e il 15 giugno 2025 il museo chiuderà con una annunciata festa di addio che ovviamente si presterà alle solite strumentalizzazioni e semplificazioni salvo poi decidere cosa fare: arriverà una donazione? Spunterà un mecenate? Arriveranno delle risorse per permettere di mantenere il museo dove sta e partecipare al nuovo bando che dovrebbe essere pubblicato a luglio 2025 e assegnato poi in settembre?

Le recenti mosse del Comune di Milano per salvare il Museo del Fumetto
Il Comune di Milano per cercare di venire incontro a WOW ha fatto addirittura un altro passo muovendosi non solo a livello politico (ci sono state Commissioni consiliari congiunte che si sono occupate della cosa a maggio) ma anche allertando dirigenti e avvocatura: siccome il museo non potrebbe partecipare al nuovo bando se moroso e siccome l’unico valore di WOW è la sua collezione, si è pensato di estinguere la morosità “scambiandola” con una parte della raccolta. Pubblicazioni, disegni e fumetti del museo diventerebbero così parte delle collezioni civiche e in cambio si potrebbe estinguere il debito: insomma pagherebbero i cittadini i quali in cambio si ritroverebbero proprietari di un patrimonio giudicato di valore. Ma sono passaggi che necessitano di tempo: perizie, asseverazioni, stanziamenti, approvazioni in giunta. Non è detto che si faccia in tempo nelle prossime settimane. Senza contare che se c’è una gestione non felice delle finanze, una volta estinto il vecchio debito inizierebbe a crearsene di nuovo a meno che non vi sia un cambio organizzativo da parte degli affittuari.
Tutte le fake news attorno al caso del Museo del Fumetto di Milano
Insomma non è vero che si sta sfrattando un museo. Si tratta semplicemente della normalissima fine di una concessione che va rimessa a bando per legge, nessuno può sottrarsi. Non è vero – come recita la suggestiva petizione lanciata dal museo che oggi sfiora le 10mila firme – che il museo “rischia lo spegnimento da parte del Comune di Milano”. Non è vero da quanto emerge da tutte le nostre interlocuzioni che il Museo del Fumetto di Milano è stato abbandonato dalle istituzioni come in maniera suggestiva lamenta facendo del vittimismo inopportuno. Ci sono semmai state delle colpe della Fondazione in termini di profonda disorganizzazione e scarsa visione gestionale contemporanea. Ci sono poi chiaramente anche delle colpe del Comune che dovrebbe essere politicamente più netto (la presenza di un Museo del Fumetto nell’offerta culturale della città interessa o no?) e che avrebbe dovuto avere maggiore risolutezza nel pubblicare il nuovo bando senza arrivare all’ultimo secondo evitando di farsi coinvolgere nella melina e nel rimpallo di responsabilità: i bandi di rinnovo vanno pubblicati sempre nell’ultimo anno di svolgimento del bando precedente, non a bando scaduto.
Tutto ciò premesso non si capisce perché da giorni se non da mesi (la polemica è iniziata a marzo 2025) il Comune di Milano si stia prendendo fango mediatico ingiusto senza replicare. Anche questi danni d’immagine, oltre che i mancati pagamenti dei canoni di affitto, vanno a detrimento dei cittadini e dunque sarebbe opportuno rispondere con chiarezza. Dopodiché se a settembre, come quasi tutti sperano, il Museo del Fumetto potrà in qualche rocambolesca maniera confermare la sua presenza negli spazi di Viale Campania, l’auspicio è che l’assetto organizzativo sia impostato in maniera molto diversa da quanto si è visto in questi 14 anni: la buona fede, la cultura, l’esperienza e lo spirito di abnegazione e di sacrificio non bastano da soli per gestire un organismo complesso che vuole chiamarsi museo ma è indispensabile un coté gestionale, manageriale e organizzativo che qui è decisamente mancato.
Massimiliano Tonelli
L’articolo "La storia del Comune di Milano che sfratta il Museo del Fumetto è una fake news" è apparso per la prima volta su Artribune®.