La vista torna grazie a un chip wireless nella retina
- Postato il 19 novembre 2025
- Di Panorama
- 1 Visualizzazioni

Restituire la visione centrale in persone colpite da degenerazione maculare legata all’età (AMD) in fase avanzata: è il risultato, fino a pochi anni fa impensabile, ottenuto da un impianto retinico wireless testato in uno studio internazionale e pubblicato sul New England Journal of Medicine. L’AMD atrofica avanzata – o atrofia geografica (GA) – è oggi la principale causa di cecità irreversibile negli anziani e interessa oltre cinque milioni di persone nel mondo. A guidare la ricerca è stato un team internazionale diretto da José-Alain Sahel, direttore dell’UPMC Vision Institute, insieme a Daniel Palanker della Stanford University e Frank Holz dell’Università di Bonn. Dei 32 partecipanti che hanno completato un anno di follow-up, l’81% ha mostrato miglioramenti clinicamente significativi dell’acuità visiva e l’84% ha dichiarato di usare la nuova visione nella vita quotidiana, per leggere numeri o parole. In media, i pazienti hanno guadagnato 25 lettere, pari a cinque righe su un tabellone ottotipico. «È la prima volta che un tentativo di ripristinare la vista ottiene risultati di questo livello in un numero così ampio di pazienti», spiega Sahel, autore senior dello studio e direttore del Dipartimento di Oftalmologia della University of Pittsburgh School of Medicine. «Oltre l’80% dei pazienti è riuscito a leggere lettere e parole, e alcuni riescono persino a leggere intere pagine di un libro. È qualcosa che, quando abbiamo iniziato questo percorso insieme a Daniel Palanker 15 anni fa, non avremmo mai potuto immaginare».
Il sistema PRIMA interviene laddove la malattia distrugge i fotorecettori, lasciando intatte solo alcune cellule retiniche residue. In una retina sana, queste cellule convertono la luce in impulsi elettrici destinati al cervello attraverso il nervo ottico; nell’AMD avanzata questo meccanismo si interrompe. L’impianto, grande appena 2×2 mm, funziona come un sostituto dei fotorecettori: riceve immagini proiettate da una telecamera montata su occhiali speciali, che utilizza luce infrarossa invisibile per trasmettere l’informazione visiva. L’impianto la trasforma in impulsi elettrici, riattivando il circuito che porta l’immagine al cervello. I pazienti possono inoltre regolare zoom e contrasto, ottimizzando la visione funzionale.
I risultati della sperimentazione e le prospettive cliniche
Lo studio, chiamato PRIMAvera, ha coinvolto 38 persone con più di 60 anni in 17 centri di cinque Paesi europei: Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito. Dopo un anno, tutti gli eventi avversi legati alla procedura si erano risolti e la maggior parte dei pazienti mostrava un significativo recupero della capacità di leggere sull’ottotipo. Un caso in particolare ha registrato un guadagno di 59 lettere, l’equivalente di 12 righe. Sahel sottolinea che questo non rappresenta ancora un ritorno alla visione normale: «Sebbene non possiamo ancora ripristinare una visione completa di 10/10 solo con l’impianto, all’UPMC stiamo studiando metodi per migliorare ulteriormente la qualità della vita dei pazienti». Tuttavia, il passo avanti è significativo, tanto che la società produttrice – Science Corporation – ha già presentato richiesta di autorizzazione all’uso clinico del dispositivo negli Stati Uniti e in Europa.
L’UPMC è stato anche il primo centro statunitense a impiantare il dispositivo PRIMA già nel 2020, in uno studio guidato dal professor Joseph Martel. Alla ricerca hanno partecipato, oltre alle istituzioni americane, gruppi dell’Università di Bonn, dell’Ospedale Fondazione Adolphe de Rothschild e dell’Ospedale nazionale degli Occhi 15-20 di Parigi, del Moorfields Eye Hospital di Londra e dell’Università di Roma Tor Vergata. Il progetto è stato sostenuto dalla Science Corporation, già Pixium Vision SA, realtà di riferimento nel campo delle tecnologie retiniche avanzate. In attesa delle autorizzazioni regolatorie, l’impianto PRIMA si conferma come una delle più promettenti innovazioni nel trattamento della degenerazione maculare avanzata, una patologia per cui, finora, le opzioni terapeutiche erano estremamente limitate. Il risultato raggiunto da Sahel e dal suo team apre ora una prospettiva concreta: trasformare un danno ritenuto irreversibile in una funzione visiva recuperabile, cambiando il futuro di milioni di pazienti.