L’agonia di Emanuela Massicci, i pm contestano la tortura al marito accusato di femminicidio: “Segregata e picchiata per giorni”

  • Postato il 29 luglio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un’agonia durata almeno dieci giorni. È un film dell’orrore il femminicidio di Emanuela Massicci avvenuto a Castignano il 19 dicembre 2024. Al marito, che fu arrestato subito dopo un tentativo di suicidio, viene contestata anche la tortura oltre i maltrattamenti, le lesioni e naturalmente l’omicidio. Arriva dalla procura di Ascoli Piceno, guidata da Umberto Monti, la notizia che nella chiusura indagini per il delitto della maestra 45enne c’è anche questo reato. Quel giorno Massimo Malavolta chiamò il padre per dire che la donna, uccisa in realtà a botte, non respirava più. Quando gli investigatori arrivarono sul posto la donna, che era una maestra, aveva lividi e contusioni al volto e in varie parti del corpo. Si pensò che l’uomo l’avesse uccisa con il coltello con cui aveva tentato di togliersi la vita, ma non c’erano lesioni in quel senso. Al momento del femminicidio in casa c’erano anche i loro due bambini, di 8 e 10 anni.

Le indagini hanno permesso di capire che la vittima ha subito violenze per almeno dieci giorni prima di morire. La procura contesta all’uomo – tuttora in carcere -l’omicidio pluriaggravato quale conseguenza voluta dei delitti di maltrattamenti, lesioni e tortura; aggravato in quanto commesso in danno della moglie, nell’ambito di maltrattamenti, e perpetrato con crudeltà, per futili motivi e approfittando di una situazione di minorata difesa della moglie. L’ipotesi è che la 45enne sia stata torturata anche nei dieci giorni precedenti alla notte in cui è stata uccisa. All’indagato sono contestati anche i maltrattamenti che avrebbe commesso a partire da gennaio e febbraio 2024, aggravati in quanto avvenuti anche in presenza dei figli minori. Contesta anche per questo reato le aggravanti dei futili motivi, della crudeltà e, nell’ultimo periodo, di minorata difesa della moglie, resa ormai incapace di difendersi o chiedere aiuto, segregata in casa, impossibilitata anche di parlare e muoversi autonomamente.

Malavolta deve rispondere anche di lesioni plurime (anche fratture) procurate alla vittima con strumenti da punta e da taglio in varie parti del corpo. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Ascoli Piceno, con la collaborazione della sezione di Polizia giudiziaria della Procura, dei carabinieri del Reparto Analisi Criminologiche del Ris di Roma, dagli accertamenti scientifici della Medicina Legale dell’Azienda sanitaria territoriale (Ast) di Ascoli Piceno, dai periti e consulenti nominati in sede di incidente probatorio che hanno ritenuto Malavolta capace di intendere e volere al momento dei fatti. Il reato di tortura anche nell’ambito di relazioni di coppia era stato confermato in una storica sentenza della Cassazione del 2021.

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Il Fatto Quotidiano

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