Lancia D25 Spider Sport: a 300 km/h negli anni ’50
- Postato il 18 dicembre 2025
- Auto D'epoca
- Di Virgilio.it
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Un’auto diventata un simbolo senza neanche avere il tempo di vincere. La Lancia D25 Spider Sport è una vettura dalla vita tormentata, caratterizzata da soluzioni tecniche avanzate e una linea senza tempo, ma legata alla tragica storia di Alberto Ascari. L’ultimo anello dell’ambiziosa visione Lancia nel mondo delle competizioni sportive, costruito da forti rapporti umani e scommesse non vinte, ma che hanno lasciato dietro di sé un’eredità enorme e anche un grande insegnamento legato al rapporto tra velocità e sicurezza.
L’eredità della D24
La D25 deriva da una delle vetture sport più vincenti e raffinate dei primi anni Cinquanta: la D24. Un gioiello ingegneristico che sposa l’idea di Gianni Lancia di portare il Brand a eccellere nel motorsport. Il punto più alto arriva nel 1953, con la leggendaria doppietta alla Carrera Panamericana, una delle gare più dure e pericolose mai disputate. Un successo che consacra il marchio torinese e conferma la validità delle soluzioni tecniche d’avanguardia.
Dal proseguimento di quell’ambizione nasce la D25, un’evoluzione in grado di puntare più in alto e al tempo stesso fornire la base di partenza per l’approdo in Formula 1 programmato da Lancia con la D50. La D25 ha infatti il compito di prestarsi a laboratorio tecnico di prova per un futuro ancora più prestazionale, un’auto che si posizioni tra il mondo delle competizioni Sport e quello delle monoposto del campionato massimo.
La tecnica di Vittorio Jano
Il progetto nasce dalla mano di Vittorio Jano, uno dei più grandi progettisti della storia dell’automobile, nel cui curriculum vanta vetture come l’Alfa Romeo P2, 8C, 12C. Con la D25, Jano da vita a un’auto razionale e filante, racchiudendo sotto la scocca una delle massime espressioni della meccanica sportiva degli anni Cinquanta. Una vettura elegante e soprattutto aerodinamicamente avanzata, con un equilibrio generale che lascia intuire una maturità progettuale rara per il periodo.
La D25 viene pensata per il Campionato Mondiale Marche, ma in realtà guarda oltre: è un concentrato di idee che anticipano concetti destinati a diventare comuni solo molti anni dopo. Dalla distribuzione dei pesi, all’attenzione maniacale per la rigidità del telaio, fino alla volontà di rendere l’auto prevedibile anche al limite.

Design di Pininfarina
La carrozzeria della D25 è un classico esempio di design funzionale firmato da Pininfarina. Una Spider Sport filante e sottile, come disegnata dall’aria. Il frontale è pulito nelle forme e ricco nei dettagli. I fari carenati seguono la curvatura muso che si protende davanti a un lungo e rastremato cofano. L’abitacolo viene posizionato in modo arretrato, a lasciare tutto lo spazio necessario al motore e pareggiare il bilanciamento dei pesi. L’aria viene guidata in modo progressivo attraverso le curve della carrozzeria facendo confluire i carichi aerodinamici al posteriore senza bisogno di alettoni, di appendici vistose o di soluzioni estreme. E forse è proprio per questo che, ancora oggi, la sua linea risulta senza tempo.
300 CV e sospensioni indipendenti
Dal punto di vista tecnico la Lancia D25 Spider Sport viaggia un passo avanti rispetto gli standard dell’epoca. Nel cofano si nasconde un V6 da 3,7 litri, capace di sviluppare circa 305 cavalli. Un valore impressionante negli anni 50 in particolare rapportato a un peso irrisorio di circa 760 kg che spinge il limite della velocità massima a quasi 300 km/h, un vero record.
Tanta potenza richiede un lavoro tecnico di assetto e bilanciamento: nel retrotreno vengono infatti posizionati frizione, cambio e differenziale in blocco coi freni, mentre lo schema sospensivo prevede soluzioni indipendenti sull’anteriore e e ponte de Dion al posteriore. La soluzione dell’avantreno rimarrà un marchio di fabbrica Lancia fino alle Fulvia e Flavia, con l’utilizzo della molla a balestra trasversale.
Il telaio leggero e la distribuzione dei pesi studiata nei minimi dettagli rende la D25 non solo veloce, ma anche sorprendentemente equilibrata. Una vettura che permette ai piloti di spingersi oltre il limite con maggiore fiducia, pur in un contesto in cui il rischio restava altissimo.
Una storia legata ad Alberto Ascari
Nonostante le premesse lasciano intendere un grande potenziale e una carriera fiorente, la storia della D25 si ferma subito, costretta da un susseguirsi di eventi drammatici. Dall’esordio i risultati attesi sembrano non arrivare e Lancia decide di concentrare le sue risorse direttamente sulla D50 di Formula 1, ritenuta a livello strategico di primaria importanza.
A cercare di invertire questa visione però è Alberto Ascari, pilota milanese passato da poco da Ferrari a Lancia per volontà del patron Lancia, e in grado di portare la D24 al trionfo nella Mille Miglia del 1954. Ascari è innamorato del progetto D25 e ritiene che possa essere la vettura perfetta per una gara estrema come la Carrera Panamericana del 1955. Per questo chiede espressamente a Gianni Lancia di costruire un’ulteriore D25 proprio in vista della gara americana e così viene fatto.
Eppure, a pochi mesi dalla gara, Ascari perde la vita in un tragico incidente, durante una prova occasionale della Ferrari dell’amico Castellotti a Monza. Una morte che sconvolge profondamente Gianni Lancia, colpito non solo come costruttore, ma come uomo. Tanto da far donare a Lancia il proprio reparto Sportivo alla Scuderia Ferrari per concentrarsi sulla Formula 1. La D25, di fatto, chiude la sua carriera prima ancora di poter esprimere tutto il suo potenziale.
L’eredità della D25
Le auto da corsa, soprattutto negli anni Cinquanta, raramente arrivavano intatte alla fine della loro vita sportiva. Incidenti, modifiche continue, cannibalizzazioni per recuperare pezzi utili ai modelli successivi: di norma nessuno pensava a un possibile tramando storico o collezionistico.
Proprio per questo motivo, la storia della Lancia D25 Spider Sport rappresenta una vera eccezione. Per colpa della sua tragica fine, l’ultimo esemplare non ha mai visto l’asfalto della Carrera Panamericana ed è arrivato fino a noi in condizioni straordinarie, conservato con un’insospettabile cura.
Oggi è costruito nel Museo Lancia e fa parte della collezione FCA Heritage, di cui rappresenta una delle stelle più rare. Un’esemplare unico, simbolo del retaggio Lancia e di un periodo in cui la sportività e la sicurezza non erano legate come adesso. Una lezione tramandata in una vettura sconosciuta ai più, in assenza di un palmares che glorifichi le sue gesta, ma indelebile per la storia dell’automobilismo italiano.