László Krasznahorkai, il visionario dell’apocalisse che crede nella gentilezza: è lui il Nobel per la Letteratura 2025

  • Postato il 9 ottobre 2025
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  • Di Paese Italia Press
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Lo scrittore ungherese László Krasznahorkai ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2025. Nelle motivazioni dell’Accademia di Svezia, che assegna ogni anno il riconoscimento, si legge: “Per la sua opera avvincente e visionaria che, nel mezzo del terrore apocalittico, riafferma il potere dell’arte”. Considerato uno dei più importanti autori ungheresi viventi, Krasznahorkai è noto per una scrittura intensa e intransigente, capace di intrecciare disperazione e bellezza in un linguaggio visionario.

Nato il 5 gennaio 1954 a Gyula, una piccola città nel sud-est dell’Ungheria, vicino al confine con la Romania, Krasznahorkai ha oggi 71 anni. Suo padre, György Krasznahorkai, era avvocato, mentre la madre, Júlia Pálinkás, lavorava come amministratrice nel sistema della sicurezza sociale. L’autore proviene da una famiglia di origini parzialmente ebree: la sua ascendenza paterna era ebraica, una realtà che gli fu rivelata solo quando aveva circa undici anni, e che ha influenzato in profondità la sua visione del mondo e la sua sensibilità letteraria.

Krasznahorkai è una figura riservata, poco incline a parlare della propria vita privata. Secondo alcune fonti biografiche, ha tre figli, ma non sono noti ulteriori dettagli sulla sua famiglia o sulla sua vita personale, che lo scrittore ha sempre tenuto lontana dai riflettori.

Autore di romanzi e raccolte di racconti che esplorano i temi del male, dell’apocalisse e della fragilità umana, nel corso della sua carriera ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali: nel 2015 ha vinto l’International Man Booker Prize e nel 2019 il National Book Award for Translated Literature. È stato anche finalista del Premio Gregor von Rezzori e del Premio Strega Europeo 2017. In Italia le sue opere sono pubblicate da Bompiani, che nel 2026 porterà in libreria il suo prossimo libro, “Panino non c’è più”.

Il debutto letterario di Krasznahorkai risale al 1985 con “Sátántangó”, romanzo diventato un caso letterario in Ungheria. Ambientato in una fattoria collettiva abbandonata poco prima della caduta del comunismo, racconta la vita di un gruppo di contadini poveri sospesi tra inganno e speranza, in attesa di un miracolo che non arriverà mai. Il titolo fa riferimento all’elemento satanico che pervade la moralità dei protagonisti, vittime delle illusioni create dall’imbroglione Irimiás. Il libro è stato adattato nel 1994 in un film d’autore diretto da Béla Tarr, realizzato in collaborazione con lo scrittore.

Tra gli altri romanzi di Krasznahorkai pubblicati in Italia figurano “Melancolia della resistenza” (1998), un fantasy horror ambientato in una cittadina ungherese dove il fragile ordine sociale è minacciato dal caos; “Guerra e guerra”, racconto picaresco che anticipa “Il ritorno del barone Wenckheim” (2019), storia di un aristocratico decaduto che, dopo anni di esilio in Argentina, torna in patria nella speranza di ritrovare un amore perduto; e “Seiobo è discesa quaggiù”, in cui l’autore esplora la creazione artistica e la spiritualità orientale.

Nel 2021 ha pubblicato “Herscht 07769: Florian Herscht Bach-regénye” (“Herscht 07769: A Novel”, 2024), ambientato in una cittadina della Turingia, in Germania. Il romanzo descrive un mondo dominato da anarchia sociale, omicidi e incendi dolosi, sullo sfondo della potente eredità di Johann Sebastian Bach, intrecciando violenza e bellezza “impossibile”.

Scrittore epico di tradizione mitteleuropea, Krasznahorkai ha rivolto negli anni lo sguardo anche verso l’Oriente, adottando un tono più contemplativo e lirico. Il suo romanzo del 2003, “Északról hegy, Délről tó, Nyugatról utak, Keletről folyó” (“Una montagna a nord, un lago a sud, sentieri a ovest, un fiume a est”, 2022), ambientato nei dintorni di Kyoto, è un racconto misterioso e poetico che riflette sul tema della creazione artistica e cita anche un’opera inedita di Pietro Vannucci, detto il Perugino.

Tra i lavori più recenti si segnala “Aprómunka egy palotáért: bejárás mások őrületébe” (“Lavori preparatori per un palazzo: entrare nella follia degli altri”, 2018), ambientato a Manhattan e popolato dai fantasmi di Herman Melville e dei suoi ammiratori ossessivi. È un racconto sulla maledizione dell’imitazione e sulla benedizione della resistenza, che mette in luce la complessità del rapporto tra arte e follia.

La scrittura di Krasznahorkai, densa e labirintica, racconta mondi di brutalità e bellezza, dove non c’è salvezza e la speranza appare fragile. Ma al centro della sua visione resta la convinzione che, anche nel caos e nella disperazione, a vincere sia “la forza irresistibile della debolezza della gentilezza”. Con il Nobel 2025, l’Accademia di Svezia premia uno degli autori più radicali e visionari della letteratura contemporanea, capace di trasformare l’apocalisse in un atto di fede nella potenza dell’arte.

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Mimma Cucinotta

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