L’attacco di Israele decapita i vertici militari e scientifici iraniani: chi erano (e perché erano importanti) gli uomini uccisi nei raid
- Postato il 13 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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In Iran si innalzano le bandiere rosse. Non quelle che segnalano un’allerta, ormai ampiamente in corso sin dall’inizio degli attacchi israeliani della scorsa notte, ma quelle che nell’escatologia sciita segnalano il desiderio di “vendetta“. È la quarta volta, la prima era stata dopo l’assassinio del generale Soleimani nel 2020, la seconda dopo gli attacchi terroristici a Kerman nel 2024, la terza dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh a Teheran.
Una vendetta di cui non si conoscono la possibile entità né le tempistiche né la localizzazione, ma che dovrà comunque passare attraverso una accurata valutazione dei danni prodotti in Iran da Israele. Che non sono pochi, a cominciare dalle difese aeree, da almeno un impianto di stoccaggio di missili balistici e dalle infrastrutture nucleari, tutte colpite (tranne l’impianto sotterraneo di Fordow e un altro vicino a Esfahan), alcune in modo pesante, a cominciare da quella di Natanz. Secondo l’agenzia Fars, mentre si scrive sono 78 le vittime totali, e circa 300 i feriti.
Sono però gli assassinii di una serie di personalità militari, scientifiche, politiche e diplomatiche a costituire un durissimo colpo ai vertici della Repubblica islamica. Secondo fonti citate dall’agenzia Reuters, il bilancio delle vittime illustri – ancora provvisorio essendo gli attacchi ancora in corso e avendo Netanyahu dichiarato che dureranno “alcuni giorni” – è di una ventina di comandanti e generali dei Guardiani della Rivoluzione (Irgc), dell’Aeronautica, delle Forze Aeree, più una manciata di scienziati nucleari, come lo stesso ex capo dell’Agenzia per l’Energia atomica, e uno dei principali consiglieri della Guida Suprema Ali Khamenei.
La lista completa è impressionante. Nel giro di poche ore sono stati uccisi: il politico e ufficiale della Marina, Ali Shamkhani, colpito nella sua abitazione e deceduto in ospedale, che era membro in carica del Consiglio del Discernimento (l’organo che dirime controversie tra Parlamento e Consiglio dei Guardiani), ma anche uno strettissimo consigliere politico di Khamenei, nonché per dieci anni (2013-2023) a capo del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale fino alla nomina nel 2023 del suo successore, Ali Akbar Ahmadian. Questa è forse l’uccisione più importante sotto il profilo politico, assieme a quella di Fereydoon Abbasi, anche perché Shamkhani aveva anche rappresentato l’Iran nei colloqui con l’Arabia Saudita di due anni fa a Pechino. Era molto conosciuto nei circoli diplomatici, anche in Occidente.
Il generale Mohammad Bagheri, Capo delle Forze armate e secondo nella linea di comando dietro all’ayatollah Khamenei. Era stato lui, lo scorso aprile, ad aver incontrato il ministro della Difesa saudita, il principe Khalid bin Salman Al Saud, a Teheran nel corso di una visita dal valore simbolico. Sanzionato dagli Usa dal 2019, Bagheri si trovava all’interno della “control room” quando lo scorso ottobre l’Iran fece partire la sua rappresaglia su Israele, dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh a Teheran, nonché di Hassan Nasrallah e di un altro generale iraniano, Abbas Nilfourishan, in Libano. È stato temporaneamente sostituito dal generale Habibollah Sayyari come comandante in capo delle Forze armate, al cui capo dello staff è stato posto invece il generale Abdolrahim Mousavi.
Il generale Hossein Salami, comandante in capo dei Guardiani della Rivoluzione, l’ufficiale di più alto grado ucciso nel corso dell’attacco israeliano. Salami, appartenente alla prima generazione rivoluzionaria, veterano della guerra Iraq-Iran, prima di essere nominato in questo ruolo era passato per la divisione aerospaziale dell’Irgc ricoprendo il ruolo di vice comandante. Era noto in Occidente per le sue parole incendiarie, tra cui la minaccia di “aprire le porte dell’inferno nel caso Israele ci attacchi”. Dopo alcune ore di confusione iniziale, è arrivata l’ufficialità che il generale Salami è stato sostituito a capo dell’Irgc dal generale Mohammad Pakpour, ormai ex comandante delle Forze terrestri, dopo che il generale Ahmad Vahidi – attuale ministro dell’Interno, che per dieci anni, dal 1988, aveva guidato anche le Forze Quds dell’Irgc fino alla nomina al suo posto del celebre generale Qassem Soleimani nel 1998 – aveva ricoperto ad interim (cioè per mezza giornata) la carica stessa.
Il brigadier generale Amir Ali Hajizadeh, dal 2003 a capo delle Difese aeree della Repubblica islamica ma anche uno degli architetti dello sviluppo del programma di droni, nonché dell’attacco contro Israele dello scorso aprile. Anche lui rivoluzionario della prima ora, anche lui veterano della guerra con l’Iraq con un ruolo di tiratore scelto. Hajizadeh era uno dei personaggi più influenti all’interno dei ranghi dell’Irgc, forse anche in misura superiore al generale Salami, in virtù soprattutto dei suoi rapporti con varie personalità, come il generale Hassan Tehrani Moghaddam, “padrino” del programma missilistico ucciso nel corso di un altro attentato pianificato dal Mossad nel 2011.
Il generale Gholam Ali Rashid, vice comandante in capo delle Forze armate. Nella stessa logica con cui Israele in Libano aveva assassinato Hicham Safieddine, designato successore di Hassan Nasrallah come segretario di Hezbollah, stanotte è stato ucciso anche il generale che avrebbe verosimilmente sostituito Mohammad Bagheri, cioè Rashid. Il più anziano di tutti, già comandante di alto grado durante la guerra contro l’Iraq, Rashid era a capo del quartier generale del Khatam Al Anbia (“Sigillo dei Profeti”), un importante centro di comando e coordinamento delle Forze armate, forse “il più importante”, secondo documenti del Dipartimento del Tesoro americano, che tuttavia dallo scorso 2016 era stato “separato”, forse in via precauzionale, dal Comando delle Forze armate guidato da Bagheri.
Fra gli scienziati, invece, è stato assassinato Fereydoon Abbasi, fisico nucleare con un ruolo attivo nel programma di arricchimento dell’uranio, già scampato a un tentativo di assassinio da parte di Israele nel 2010, ex capo dell’Agenzia per l’Energia atomica. C’è poi Mohammad Mehdi Tehranjii, presidente dell’Università islamica Azad e docente nella sua facoltà di Fisica, nonché ex rettore della Shahid Beheshti e famoso promotore della “sovranità scientifica” dell’Iran. Tra le vittime ci sono anche Abdolhamid Manouchehr, phd in ingegneria nucleare, ex rettore della facoltà di ingegneria dell’Università Shahid Beheshti, responsabile primario dell’efficientamento e della messa in sicurezza degli impianti nucleari iraniani, Ahmad Reza Zolfaghari, un altro docente di ingegneria dello stesso ateneo, e Amir Hossein Faghighi, ex professore, ex vice presidente dell’Agenzia per l’Energia atomica ed ex capo del NSTRI, un istituto di ricerca nucleare. Insieme a lui è stata uccisa anche la moglie.
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