Le cover più ardite dei Deep Purple: Bad Manners, Flaming Lips, Type O Negative…
- Postato il 3 agosto 2025
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- Di Blitz
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Insieme ai Led Zeppelin e ai Black Sabbath, i Deep Purple costituiscono per molti la “santissima trinità” del rock britannico. Perlomeno di quello più duro. E quando si mette mano alla produzione dei santi, si tende a rimanere aderenti alla versione originale, pena il rischio di blasfemia. Eppure, per quanto abbastanza raramente, alcuni artisti hanno rivisitato le canzoni di questi grandi gruppi in maniera più personale.
Attraverso quelle che considero le cover più ardite dei Deep Purple, proverò qui a proporvi una nuova prospettiva sulla storia e l’importanza di questa band per il rock e per la musica in generale. Di sicuro i Deep Purple sono diventati un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli artisti della scena hard rock e addirittura metal. Quindi, se consideriamo una semplice reinterpretazione in chiave metal dei loro classici, gli esempi non mancano. Provate, ad esempio ad ascoltare la versione di Burn incisa nel 1998 dai Soilwork nel loro album Steelbath Suicide, con tanto di doppia cassa.
Ma i Deep Purple hanno scritto pagine di storia del rock anche al di là dell’ambito hard rock e metal. A differenza di altre band del gotha del rock, i Deep Purple non hanno solo inciso grandi brani, ma anche grandi album, divenuti oggetti di culto per tutti gli amanti del rock: fra tutti, ad esempio, Machine Head e Made in Japan, ancora oggi uno dei migliori album live mai realizzati. Così, anche i tributi a loro dedicati si sono spesso concentrati sui singoli album. Nel 2022, i Dream Theater hanno pubblicato Lost Not Forgotten Archives: Made in Japan, contenente le registrazioni di un live del 2006 in cui, appunto, ripercorrevano le tracce dello storico album dal vivo dei Deep Purple.
Altri tributi si sono invece orientati su un approccio più generico. Tra questi, Smoke on the Water, pubblicato nel 1994, è degno di nota: contiene rivisitazioni di vari artisti, anche dai nomi altisonanti, come Rat Rat Blue interpretata da Richie Kotzen. Del 2020 è invece Bow to your Masters Volume 2 – Deep Purple, ancora con interpretazioni di vari artisti, fra cui spicca una Smoke on the Water rivisitata dagli Steak insieme a Chantal Brown.
La storia dei Deep Purple è costellata di cambi di formazione, con la cosiddetta Mark II, la seconda line up, dal 1969 al 1973 e poi dal 1984 al 1989, che ha registrato gran parte degli album più storici della band. Ciascun ex componente dei Deep Purple ha portato un bagaglio importante nelle nuove avventure musicali che ha affrontato, spesso reinterpretandone brani o interi album. È il caso di David Coverdale, cantante dei Deep Purple dal 1973 al 1976 e poi fondatore dei Whitesnake. Proprio con i Whitesnake, nel 2015 ha pubblicato un intero album dedicato alla sua ex band: The Purple Album. Anche Richie Blackmore ha spesso proposto cover di brani dei Deep Purple con i suoi Balckmore’s Night, come nel caso della loro Child in Time, inclusa nell’album The Village Lanterne del 2006, dove compare in medley con Mond Tanz. Jon Lord ne ha realizzato diverse cover con il suo progetto The Hoochie Coochie Men: interessante la loro versione di When a Blind Man Cries inclusa nel Live at the Basement del 2003. E ancora, Glenn Hughes li ha reinterpretati con i Black Country Communion, e la lista potrebbe continuare a lungo, vista la quantità di grandi nomi che sono passati all’interno dei Deep Purple.
Sicuramente, queste reinterpretazioni con le nuove band hanno contribuito alla popolarità di molti brani dei Purple. Joe Lynn Turner, cantante nella band fra il 1989 e il 1992, compare insieme ad Al Pitrelli, Vinnie Moore, T.M. Stevens e Will Calhoun in una cover abbastanza ardita di Black Night, registrata per un’altra compilation tributo piuttosto interessante, Black Night – Deep Purple Tribute (According to New York), pubblicata nel 2013. Non mancano infine le cover realizzate da nomi importanti, spesso di ambito metal e spesso piuttosto fedeli agli originali. Gli Iron Maiden hanno registrato una loro versione di Space Truckin’ per la compilation tributo Re-machined: A Tribute to Deep Purple’s Machine Head del 2012. Bruce Dickinson ha inserito una cover di Black Night dal vivo nel suo Tattooed Millionaire del 1990. I Metallica hanno realizzato una cover di When a Blind Man Cries nel 2014, includendola nel live MusiCares MAP Fund Benefit Concert. Yngwie Malmsteen ha incluso una versione abbastanza ardita di Child in Time nel suo album Inspiration del 1996. I Faith No More hanno reinterpretato Highway Star dal vivo nel 1998, includendola nell’album Who Cares a Lot?, mentre i Mr. Big hanno inciso Woman from Tokyo per il loro Raw Like Sushi II del 1992. Gli Opeth si sono cimentati con Soldier of Fortune, includendola come bonus track nell’album Ghost Reveries del 2005.
Anche i Black Sabbath hanno tributato i Deep Purple, registrando Smoke on the Water per l’album Born Again del 1983. Sempre Smoke on the Water, ma al di fuori dell’ambito hard rock e metal, è stata rivisitata addirittura da Jaco Pastorius nel suo Smoke on the Water: Live in Rome del 1986. Nel 2001, i Gov’t Mule hanno inserito una loro versione piuttosto fedele di Maybe I’m a Leo nel loro album The Deep End. Infine, una curiosità: risale al 1968, stesso anno dell’esordio dei Deep Purple, quella che è probabilmente la prima cover di un loro brano. Si tratta di Mandrake Root, registrata dagli Psychotic Reaction.
Menzioni speciali
Come forse si è già iniziato a notare, le cover dei Deep Purple sono spesso concentrate su alcuni brani, che forse è uno dei motivi per cui sono anche i più famosi. Di Black Night esiste una cover piuttosto ardita ad opera dei Deicide, contenuta in The Stretch of Redemption del 2006 e cantata in growl. Child in Time è indubbiamente un altro fra i brani più rivisitati. Nella nostra ottica delle cover ardite, vi segnalo quella di Liv Moon inclusa nell’album Covers – Scream as a Woman del 2010, dove uno stile che definirei operistico incontra una sorta di symphonic metal. Ma c’è anche la versione strumentale affidata al violino elettrico di Ed Alleyne-Johnson e inclusa in Reflections del 2006.
Interessante anche la versione dal vivo del 1972 dei Pugh’s Place e quella dei Wavefull incisa per l’album Illuminated del 2019, con violino, chitarra, voce e interventi di batteria e arricchita da citazioni classiche. Fireball è un altro brano dei Deep Purple che vanta un certo numero di rivisitazioni. Fra le più ardite spiccano quella di Richie Kotzen, in collaborazione con Will Calhoun, Stevie Salas, Al Pitrelli, Bernie Warrell e Corey Glover incisa per il tributo Black Night – Deep Purple Tributo (According to New York) del 2013, e quella thrash metal dei Wargasm inclusa nel loro Fireball del 1994. Highway Star è un brano che conta diverse cover ardite, da quella degli Acid Drinkers incisa per Fishdick del 1994 a quella degli italiani Quintorigo, pubblicata in Grigio nel 2000. Ma è interessante anche la versione dei BassMonsters inclusa nel loro Unio del 2019. Ma il classico dei classici, anche per quanto concerne le cover ardite, è senza dubbio Smoke on the Water. Gli Acid Drinkers ne hanno realizzato una versione interessante in Dirty Money, Dirty Tricks del 1991. I Dread Zeppelin l’hanno reinterpretata in chiave reggae nell’album The Fun Sessions del 1996. I Pink Turtle ne hanno invece realizzato una versione swing, che ricorda molto alcuni classici del rhytm’n’blues, per il loro Pop in Swing del 2008.
Ancora in Italia, una versione ardita di Smoke on the Water è stata incisa da Petra Magoni con Ilaria Fantin in All of Us del 2021. E poi c’è la cover realizzata da Judith Owen al piano e voce inclusa in Lost and Found del 2005. Interessante anche la cover ad opera di Nash the Slash incisa nel 1980 per il loro Hammersmith Holocaust. Soldier of Fortune, invece, non è un brano che vanta molti tentativi di cover ardite, ma la versione con violino del 2018 dei Poodles inclusa nell’album Prisma è degna di nota. Altrettanto degne di nota sono le cover di Space Truckin’ ad opera dei Vengeance Rising per il loro Once Dead del 1990 e di Woman from Tokyo ad opera dei 4 to the Bar inclusa in Rock EnVogue del 2014. Molte di queste cover non sono arditissime, ma di fronte alla sacralità dei brani originali, è necessario abbassare un po’ le aspettative.
Bernie Worrell, Tony Harnell, T.M. Stevens, Richie Kotzen, Child in Time
Ancora un brano tratto dalla compilation tributo Black Night – Deep Purple Tribute (According to New York) del 2013. Ma fra tutte le cover inserite in questo album, questa a mio avviso vince la palma di cover più ardita. Child in Time è uno dei brani più famosi dei Deep Purple, incluso originariamente nell’album Deep Purple in Rock del 1970, registrato con la formazione detta Mark II, con Richie Blackmore, Ian Gillan, Roger Glover, Jon Lord e Ian Paice. T.M. Stevens è stato bassista per moltissimi artisti, fra cui i Pretenders, Steve Vai, James Brown e Tina Turner. È lui l’ideatore di questo tributo e qui è accompagnato da uno strano assortimento di musicisti: Bernie Warrell è un tastierista, membro fondatore dei Parliament e dei Funkadelic di George Clinton, Tony Harnell è stato cantante degli Skid Row, mentre Richie Kotzen è un eccezionale chitarrista, già membro dei Poison e dei Mr. Big.
Mr. Big, Burn
Di Burn esistono diverse cover piuttosto ardite, tra le quali vi segnalo anche in particolare quella degli Steve ’n’ Seagulls inclusa nell’album Brothers in Farms del 2016. Ma la versione dei Mr. Big spicca per originalità. Tratta dall’album del 1999 Superfantastic, questa cover rivisita il brano dei Deep Purple in chiave strumentale, con la parte melodica suddivisa: una strofa alla chitarra di Paul Gilbert, una al basso di Billy Sheehan e una alla batteria di Nick D’Virgilio. L’originale era la traccia di apertura dell’album omonimo Burn, pubblicato dai Deep Purple nel 1974, il primo album con David Coverdale alla voce e Glenn Hughes al basso e voce, la formazione nota come Mark III.
Bad Manners, Black Night
La cover in chiave ska dei Bad Manners di Black Night è inclusa nell’album Heavy Petting del 1997, noto anche come Don’t Knock the Baldhead. Si tratta dell’ottavo album dei Bad Manners, band guidata da Buster Bloodvessel, che è stata tra i maggiori esponenti del revival ska degli anni Ottanta in Gran Bretagna. L’originale dei Deep Purple era stata incisa nel 1970 per l’album Deep Purple in Rock, riprendendo il riff dalla versione di Summertime realizzata da Ricky Nelson nel 1962.
Type O Negative, Highway Star
Highway Star è la traccia di apertura di Machine Head, uno degli album più iconici dei Deep Purple, registrato nel 1972 sempre dalla formazione detta Mark II. I Type O Negative, attivi dal 1989 al 2010, sono stati una band gothic metal che lasciava entrare nelle loto composizioni influenze di vario genere, dalla psichedelia al prog. E queste influenze sono evidenti nella cover di Highway Star, registrata nel 2003, ma pubblicata solo nel 2006 all’interno dell’album The Best of Type O Negative. Tra le versioni ardite di Highway Star, vi segnalo però anche la cover degli Sugarpie and the Candymen, inclusa in Waiting for the One del 2014.
Willy Crook, Lazy
Willy Crook è stato un sassofonista, chitarrista e cantante argentino molto attivo nella scena rock del suo paese e considerato un punto di riferimento per il funk in Argentina. La sua versione di Lazy tende un po’ al jazz ed è tratta dall’album Versiones del 1999. L’originale è tratta ancora da Machine Head del 1972, anche se una versione nota e particolarmente riuscita dei Deep Purple è quella registrata nel live dello stesso anno Made in Japan.
Steve ’n’ Seagulls, Perfect Strangers
Gli Steve ’n’ Seagulls sono una band country rock finlandese, specializzata nella reinterpretazione in chiave bluegrass di classici del rock. Questa cover di Perfect Strangers, inclusa nel loro album del 2021 Another Miracle, non delude quindi le aspettative in quanto ad arditezza. L’originale dei Deep Purple era la title track dell’album del 1984, registrato dalla riformata formazione Mark II.
Flaming Lips, Smoke on the Water
Smoke on the Water, lo abbiamo visto, è probabilmente il brano più reinterpretato dei Deep Purple, anche con cover ardite. Registrata dai Purple nel 1972, ancora una volta per Machine Head, la celebre canzone racconta dell’incendio a Montreaux durante il concerto di Zappa, incendio che rase al suolo la location che i Deep Purple avevano scelto per incidere il loro album. I Flaming Lips sono una band rock americana particolarmente incline alla sperimentazione, spesso definiti psichedelici o alternativi. Hanno debuttato nel 1986 e hanno all’attivo sedici album. Ma la loro cover ardita di Smoke on the Water è tratta dalla compilation Re-Machined – A Tribute to Deep Purple’s Machine Head del 2012.
William Shatner, Space Truckin’
Space Truckin’ è la traccia di chiusura, ancora, di Machine Head. Questa bizzarra versione registrata da William Shatner per il suo album Seeking Major Tom del 2011, vede la voce recitante dell’attore che aveva interpretato il Capitano Kirk in Star Trek, a interagire con un arrangiamento in cui spiccano la presenza di Ian Paice alla batteria e di Johnny Winter alla chitarra. Certo, in questo caso è presente un membro dei Deep Purple, quindi potrebbero sorgere dubbi sull’opportunità di considerarla una cover a tutti gli effetti. Ma la versione è ardita, e onestamente non ho resistito alla tentazione di proporvi Johnny Winter che suona i Deep Purple!
David Garrett, The Well Dressed Guitar
I Deep Purple hanno pubblicato anche e soprattutto un’enorme quantità di album dal vivo, incluso Live in Tokyo 2001, uscito nel 2002. Qui la formazione è sostanzialmente quella detta Mark II, ma con Steve Morse alla chitarra al posto di Blackmore. Ed è proprio in questo live che compare per la prima volta The Well Dressed Guitar, brano scritto proprio da Steve Morse. David Garrett è un virtuoso del violino, con un’importante carriera nella musica classica, che però ogni tanto si affaccia a cimentarsi anche con brani lontani dall’ambito classico. Come in questa cover, registrata nel 2017 per l’album Rock Revolution.
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